DAL CAOS ATTUALE VERSO UN NUOVO MONDO?

   Non si può non dire che a livello mondiale si vive in una situazione di caos totale, dove sono emersi fenomeni come QAnon.

   Sostenendo di essere un insider di alto livello, Q ha pubblicato messaggi criptici su 8Chan[1] svelando la portata del cosiddetto “Deep state” (Stato Profondo) affermando che è vicino alla sua fine.

   Per alcuni, Q è un eroe, un patriota. Per altri, Q è un troll che conduce un elaborato LARP (un gioco di ruolo dal vivo) oppure un operatore di guerra psicologica condotta dal governo. Al centro di tutto: centinaia di messaggi criptici pubblicati su base regolare da un utente anonimo di 8Chan che afferma di avere una “Autorizzazione di livello Q” dove viene ritenuto che sia – anche se non ci sono prove concrete a testimoniarlo – il “più alto livello di sicurezza all’interno di tutti i reparti” (Affermazioni che sono fatte anche se non si sa se Q è un uomo, una donna o un gruppo di persone).

   Attraverso brevi post su forum composti da parole chiave, codici, indovinelli, domande, immagini e bizzarri comandi informatici, Q afferma di offrire il “più grande leak di informazioni nella storia conosciuta”. Piano piano, un pezzo viene aggiunto a un gigantesco puzzle cospirativo che, una volta compreso, si dice che sblocchi la verità sui poteri che sono.

   Attraverso i suoi post, Q descrive un élite globale che è malvagia, satanica e incline alla pedofilia. Nelle sue descrizioni, questo gruppo di élite si occupa della tratta internazionale di esseri umani, orchestra false flag per far avanzare l’Agenda mondialista e conduce rituali occulti a porte chiuse. Possiede e utilizza Hollywood, i media mainstream e i social network per controllare la narrazione e censurare la verità.

   Anche se quanto sopra potrebbe non sorprendere il “truther” (sarebbero seguaci del movimento per la verità sull’11 settembre, che contestano il resoconto principale degli attacchi dell’11 settembre del 2001) medio, il messaggio di Q ha un twist sorprendente: Donald Trump stava per scatenare una guerra silenziosa contro questa élite globalista e stava persino preparando un importante “contro colpo di stato” per riprendere possesso del governo americano. Secondo Q, l’indagine sulla collusione russa è uno specchio per le allodole. In realtà, stava per incriminare centinaia di politici e celebrità di alto profilo tra cui i Clinton e i Soros. Ci si aspettava che questa operazione causi turbolenze intense e persino rivolte.

   Non è da scartare che il fenomeno Q sarebbe stato da collegare alle elezioni USA del 2020. Trump avvicinandosi alla fine del suo primo mandato si stava preparando per il suo secondo mandato. In questi quattro anni Trump ha interpretato il suo ruolo in modo significativamente diverso dal suo predecessore Barak Obama. Il Primo presidente afro-americano della storia USA, che  è stato costantemente incensato dai mass-media mondiali, avvocato di successo e “self made man” (uomo che si è fatto da sé, cioè che deve il successo sociale o professionale esclusivamente ai propri meriti e alla propria attività), nonché paladino della sinistra radical chic[2] e campione del “politicamente corretto” che il 9 ottobre gli è stato conferito il Premio Nobel per la Pace (proprio così) “per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli”.

   Ebbene se parliamo del “buono”  Obama, nel periodo della sua amministrazione sono avvenuti conflitti armati: guerra civile e intervento imperialista in Libia nel 2011 (finita con la l’assassinio di Gheddafi), a questo conflitto ne è uscito un secondo nel 2015 (sempre in Libia), il tutto incorniciato in un costante stato di violenze che perdura ancora oggi; guerra civile in Siria iniziata il 15 marzo sempre del 2011, il governo di Damasco è stato salvato dell’intervento russo, ma perdura lo stato di guerra e divisione nazionale; colpo di Stato in Egitto nel 2013 grazie al quale il presidente democraticamente eletto Mohsmed Morsi è stato sostituito dal generale golpista Abdel Fattah    al-Sisi , il quale, tra assassini politici ed incarcerazioni illegali, è ancora saldamente al potere; sanzioni al Venezuela varate da Obama nel 2014, con conseguente crisi economica e successivi tentativi di mezze spallate, spallate intere e tentativi di colpi di Stato l’ultimo dei quali nel 2019; deposizione del Presidente del Brasile Dilma Vana il 31 agosto 2016 e sua sostituzione con Michel  Temer,  politico di stampi liberale ed ora con l’ancor più destrorso Bolsonaro fortemente legato all’imperialismo USA, con buona pace dei BRICS che hanno perso il loro B., per inciso ai sicari politici della Casa Bianca non è sembrato vero di poter regolare i conti con l’ex presidente della repubblica del Brasile Lula da Silva che proprio nel 2016 ha iniziato il suo calvario con la giustizia di Brasilia che lo ha portato in carcere (vicenda che ricorda tanto quella da vicino quella dell’ex presidente egiziano Morsi). Infine, ultimo in ordine di tempo ma non certo in ordine di importanza, il tentativo di colpo di Stato nel luglio del 2016, ufficialmente organizzato dagli USA da Fethullah Gülen[3], e che ha   visto alla fine prevalere il presidente turco Erdogan, il quale da campione nell’Occidente in Medio Oriente è magicamente diventato un tiranno ottomano. Tutti questi importanti e drammatici avvenimenti si sono verificati con l’attivo concorso dell’imperialismo USA e del suo presidente.

   Cerchiamo di capire, adesso, chi sono quelli che cercano di influenzare e manovrare il presidente americano. Vediamo in sintesi quale è la composizione delle varie élite americane e dei tre poli attorno ai quali si coagulano per ragioni essenzialmente di origine “etnica”[4] e non geografiche, ma che descriverebbero come tali per maggiore sintesi

   L’ élite della costa orientale, quella originale WASP[5] di origine britannica, una sorta di aristocrazia della repubblica nord americana arrivata già dalla Gran Bretagna, educata nei college esclusivi di Harvard e Yale, legata al mondo finanziario delle banche e speculativo di Walle Street. Questa frazione di classe dominante è quella più antica, si è costituita alla fine del XVIII secolo nel periodo della lotta di indipendenza dalla Gran Bretagna.

   La seconda élite è quella cosiddetta texana caratterizzata da dinastie famigliari che si sono affermate nel corso del XIX secolo impegnate nella conquista dell’ovest post guerra di secessione. Le origini etniche sono marginalmente inglesi, queste famiglie provengono invece da altri paesi europei (in primo luogo Francia, Irlanda e Germania) come quella dei Bush, è una élite nata “indigena” fortemente bianca, radicata nel territorio e quindi nazionalista, legata al mondo degli idrocarburi e dell’energia, tradizione dei magnati del Texas.

   La terza élite è quella della cosiddetta costa californiana, caratterizzata etnicamente dalla marcata presenza di tedeschi arrivati negli USA soprattutto nel XX secolo a seguito delle due rovinose sconfitte militari di quel paese. Questa élite è legata all’industria aereo spaziale ed elettronica per scopi militari, in altre parole è il gruppo di potere che ha organizzato e che gestisce la poderosa macchina industriale bellica moderna degli USA. La potenza di questa macchina industriale bellica è stata indicata nel 1961 in un famoso discorso del presidente degli USA Eisenhower, in cui fu coniato il termine di complesso militare-industriale: “Negli affari di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro le influenze arbitrarie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa do poteri che vanno oltre le loro prerogative esistenti ora e persisterà in futuro”.[6] In realtà, nella bozza originale era usato un termine per sottolineare il ruolo del Congresso ovvero: “congressional- military-industrial complex”.[7]

   Tra i tre gruppi, quest’ultima  élite è la più giovane, ed ha accolto l’eredità tecnologica e, in modo surrettizio, il retaggio ideologico del Terzo Reich hitleriano, vedasi le vicende legate alla figura di Wernher von Braun nel secondo dopoguerra ed agli scienziati nazisti ideatori dei razzi V1-V2 precursori dei missili che oggi sono a spina dorsale dei sistemi d’arma più evoluti.

  Approfondiamo la parte di questa componente per comodità definiamo tedesca che è quella legata ai nazisti.

   Il 10 agosto 1944 a Strasburgo nella Francia occupata, in una villa di proprietà della famiglia Speer e trasformata in albergo, l’Hotel Maison Rouge si riuniscono tutti i maggiori esponenti del potere economico, politico e militare del Terzo Reich[8] In quelle stesse ore gli alleati angloamericani sbarcati in Normandia poco più di due mesi prima, stavano avanzando verso la Germania. Sono presenti i nomi più importanti della gerarchia nazista, come Martin Bormann, segretario personale di Hitler e l’ammiraglio Canaris, i proprietari delle industrie volano dell’industria bellica, come Krupp, Messershmitt, Thyssen, Bussing, finanzieri e capi di istituti di credito, membri delle SS e del partito nazionalsocialista.

   All’ordine del giorno di questa riunione era la sopravvivenza del nazismo: in sostanza si trattava di coniugare il passato con il futuro individuando un nuovo “spazio vitale” dove mettere in salvo la vita e fortune dei più alti gerarchi del Terzo Reich. Lo scopo era di conciliare due aspirazioni: quella dei politici di far rinascere il Terzo Reich, e quella degli industriali e dei banchieri di mettere in salvo i loto beni, che dopo la disfatta c’era il pericolo di essere confiscati. Si giunse a un accordo: gli imprenditori finanzieranno la fuga dei gerarchi, che a loro volta custodiranno e gestiranno tutti i capitali trasferiti.

   Dopo Strasburgo ingenti somme di denaro sono subito trasferite in alcune banche di Paese “neutrali”, quali la Svizzera, la Spagna, la Turchia, ma soprattutto l’Argentina e il Paraguay. Quando i capitali tedeschi sono al sicuro, si costituiscono le società commerciali. Esportare il capitale è relativamente facile, grazie alla fitta rete di rapporti intessuta in tutto il mondo dagli uomini d’affari e degli industriali tedeschi. Un rapporto del Dipartimento del Tesoro degli USA, datato 1946, rivelerà che nell’insieme le imprese finanziate dagli industriali nazisti dopo la fine della guerra furono circa 750: 214 solo in Svizzera, 112 in Spagna, 58 in Portogallo, 35 in Turchia, 98 in Argentina e 233 in altre nazioni.

   Dai verbali dell’incontro di Strasburgo emerge che il partito era disposto a elargire forti somme agli industriali, che stava a significare che disponeva di enormi risorse finanziarie paragonabili alle riserve delle grandi imprese industriali, e che, a differenza degli industriali, di quel denaro all’estero ancora non disponeva.

   Ma come il partito nazionalsocialista era riuscito ad accumularlo tutto questo capitale? Simon Wiesenthal il famoso e controverso (per il suo rapporto con il sionismo) cacciatori di nazisti afferma che: “i nazisti non erano dei semplici assassini, erano degli assassini rapinatori. Mi sembra importante rilevarlo perché c’è in Austria e in Germania una certa tendenza ad attribuire il grande massacro al solo motivo della follia. In realtà non si è mai unicamente trattato del predominio di una razza nordica nel continente europeo, si è sempre trattato anche della cosiddetta arianizzazione dei beni ebraici, del saccheggio delle abitazioni degli ebrei, dell’oro che si ricavò dai denti degli ebrei dopo averli uccisi e nelle camere a gas. Gli alti papaveri nazisti hanno rubato a man bassa e ci si può fare un’idea di quanto, considerando ha Salisburgo era stato arrestato un certo dottor von Kummel, già aiutante di Martin Bormann, il quale cercava di andare all’estero con una quantità d’oro del valore di cinque milioni di dollari. A qualche chilometro di distanza in direzione est, vicino al castello di Fuschl, che era appartenuto a Ribbentrop (e oggi ospita un albergo di lusso), un contadino trovò una cassetta con parecchi chili di monete d’oro, che molto onestamente consegnò alla polizia. E a qualche decina di chilometri da quel luogo, ancora verso est, nella zona dell’Ausseee, dopo la guerra affiorarono dappertutto monete d’oro tra le più stupefacenti, solo che in molti casi non furono consegnati affatto”.[9]

   Molte delle colossali somme di denaro contante, gioielli, oro, opere d’arte e certificati azionari che uscirono dalla Germania, andarono ad impinguire il capitale delle più importanti multinazionali statunitensi.

   Alcune grandi società USA (ITT, Rca, Ford) avevano fatto grossi investimenti in Germania all’inizio degli anni ’30. Il coinvolgimento dell’IBM nella Germania nazista era cominciato l’anno stesso della presa del potere di Hitler (1933) quando l’azienda eseguì il primo censimento nazista, l’8 gennaio 1934, con un investimenti di un milione di dollari l’IBM aprì una fabbrica di macchine Hallerikh a Berlino. In un libro L’IBM e l’olocausto (I rapporti fra il Terzo Reich e una grande azienda americana di E. Black, Rizzoli, 2001), si rende evidente che l’IBM progettò, eseguì e fornì l’assistenza sanitaria necessaria al Terzo Reich per portare a compimento l’automazione per l’Olocausto. Watson, l’allora presidente dell’IBM, fu insignito nel 1937 della Croce del merito dell’aquila, la più alta onorificenza nazista. Saranno i fori delle schede IBM a decretare chi sarà deportato, chi sarà mandato nei campi di lavoro e chi in quelli di sterminio.

   Nonostante la dichiarazione di guerra tra gli USA e la Germania nazista, gli affari non cessarono. Quando il 20 ottobre 1942, furono confiscate le azioni dell’Union Banting Corporation (U.B.C.) perché accusata di finanziare la Germania e avere venduto quote azionarie ad importanti gerarchi nazisti, Averel Harriman (un industriale che nel 1921 decise di ripristinare il corridoio di navigazione tedesco Hamburg-America Line, che divenne la più grande linea di navigazione negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale), sua madre era Averel Harriman una che sovvenzionò l’Eugenetics Record Ospit, che era il cuore del movimento eugenetico USA) e Prescot Bush (padre di un presidente e nonno di un altro), che erano soci, si incaricano di effettuare presso la borsa di Wall Street le operazioni necessarie affinché la Germania potesse avere un parziale accesso ai crediti internazionali e grazie a questi riuscì a finanziarie le importazioni richieste dalla sua industria bellica.

   La famiglia Harriman e Prescot Bush tramite l’accordo con la German Steel riuscirono a fornire alla Germania nazista, tra le altre cose, il 50,8% dell’acciaio da cui si ricavarono gli armamenti; il 45,5% dei condotti e delle tubature della Germania e il 35% del materiale esplosivo.

   La compagnia chimica I.G. Farben e la Standard Oil prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale crearono una Joint Werstur. Nel settembre 1939 i dirigenti della Standard Oil volarono in Olanda, dove s’incontrarono con i dirigenti dell’I.G. Farben dove raggiunsero un accordo: la Standard Oil si impegnò a mantenere l’accordo con la I.G. Farben anche se gli Stati Uniti fossero entrati in guerra contro la Germania. Quest’accordo fu rilevato nel 1942 davanti alla Commissione investigativa del senatore H. Truman.

   Nel 1940-41 l’I.G. Farben costruì una fabbrica gigantesca ad Auschwitz, per utilizzare le licenza della Standard Oil – I.G. Farben, sfruttando la forza lavoro gratuita degli schiavi detenuti nei campi di concentramento, per produrre benzina dal carbone.[10]

   Molti degli stabilimenti comuni della Standard Oil – Farben erano situati nelle immediate vicinanze dei campi di prigionia, e nonostante il bombardamento sistematico dell’aviazione angloamericana delle città tedesche, i bombardieri agirono sempre con estrema cautela quando si trattava di colpire le zone in prossimità di questi stabilimenti. Nel 1945 la Germania era un cumulo di macerie, ma gli stabilimenti comuni Standard Oil e I.G. Farben erano tutti intatti.

   L’avvocato che rappresentava negli anni ’30 gli interessi di queste multinazionali non era altri che Allen Dulles, direttore dell’Office of Strategic Services (OSS) in Europa, nome in codice agente 100, colui che qualche anno dopo il termine del conflitto mondiale diventerà direttore della CIA.

   Tra gli ospiti di Maison Rouge, c’era un personaggio dall’aura leggendaria: è il colonnello delle SS Otto Skorzeny. Eroe di numerosissime missioni speciali, uomo d’azione molto legato a Hitler, nel corso della guerra d’imprese memorabili: dalla battaglia di Monte Cassino al sequestro nell’ottobre del 1944 a Budapest, del figlio dell’ammiraglio Horty, sospettato di tradimento e d’intesa con i sovietici; ma soprattutto è lui a guidare l’operazione di paracadutismo con cui il 12 settembre 1943, sul Gran Sasso, libera Mussolini prigioniero e portarlo in Germania da Hitler. Finita la guerra, grazie alla sua disponibilità a collaborare con i servizi segreti americani, Skorzeny goderà di una parziale protezione e di una relativa libertà di azione. Dopo due anni di interrogatori viene lasciato libero nel 1947. In realtà fa il doppio gioco con gli americani, nel senso che non ha smesso di combattere per la causa nazista. Un rapporto della Commissione Brandy lo indicherà a chiare lettere come il capo dell’organizzazione Die Spinne, la struttura segreta delle SS preposta e messa a punto, in vista della futura disfatta, preposta per l’autoprotezione dei vertici della Germania nazista, del loro denaro e dei loro segreti. Saranno gli alleati angloamericani a dare a questa struttura, che i tedeschi non riconosceranno mai l’esistenza (come la Mafia), il nome di Odessa, Organizzazione degli ex appartenenti delle SS. Il colonnello Skorzeny, dunque, da una parte prende accordi con gli americani per garantirsi libertà di movimento soprattutto in Sud America e in Spagna, dove si stabilirà nel dopoguerra; dall’altra si adopera per portare avanti il piano di salvataggio e di rinascita delineato alla Maison Rouge.

   Quella che si svolse negli anni tra il 1946 e il 1947 fu una partita a tre (se non a quattro). Da un lato agivano le forze degli alleati angloamericani, USA in primo piano; da un lato i capi nazisti (e una rete di fascisti italiani ed europei); il Vaticano alleato di entrambe le parti sotto il profilo di “contrasto al comunismo” e affidabilissimo dal punto di vista di vista logistico. Persino l’URSS entrò in gioco poiché era interessata agli scienziati nazisti.

   Senza dubbio l’accordo che riuscì meglio fu quello che raggiunse Reinhard Gehlen, il capo della sezione sovietica dei servizi di informazione dell’esercito tedesco.

   Gehlen nelle sue memorie ha raccontato come Allen Dulles cercò di agganciarlo in tutti i modi. Egli sarebbe potuto diventare un uomo molto utile per gli occidentali alla fine della guerra: “Alla fine di dicembre 1944 i colloqui arrivarono a buon fine. Ricordo bene i termini dell’accordo con l’Oss. Che un servizio clandestino tedesco potesse continuare ad esistere e a raccogliere informazioni nell’Est, come aveva fatto fino ad allora. La base dei nostri comuni interessi era la difesa contro il comunismo. Che questa organizzazione non avrebbe lavorato per o sotto gli americani, ma insieme agli americani. Che l’organizzazione sarebbe stata finanziata dagli Stati Uniti. Che i servizi segreti americani si sarebbero impegnati ad aiutare chiunque fosse stato proposto dall’organizzazione come un soggetto in pericolo”.[11]

  Che l’anticomunismo fosse la base comune dell’accordo tra imperialismo USA e nazismo, si potrebbe dedurre dalla storia di un servizio segreto come l’OPC (Office of Policy Coordination), la cui funzione esclusiva era la lotta contro l’Unione Sovietica e il Movimento Comunista. Secondo la direttiva 10/2 del Consiglio di sicurezza nazionale USA, l’OPC poteva organizzare operazioni a ogni latitudine per ribaltare i governi considerati ostili agli USA. Per dirigere l’OPC, il Dipartimento di Stato nominò un giovane e brillante avvocato, Frank Wiesner.

   John Loftus è un investigatore statunitense che per due anni (dal 1979 al 1981) si è occupato, per conto del Dipartimento della “Giustizia” USA, dei criminali di guerra nazisti, con l’incarico di procuratore federale presso l’ufficio di inchieste speciali. Studiando il Dossier della Brigata bielorussa – una delle unità SS che combatterono contro le truppe americane in Europa – Loftus scoprì che la maggior parte dei suoi membri aveva trovato rifugio negli Stati Uniti dopo aver partecipato a operazioni clandestine dell’OPC.[12]

   Nel libro Segreti inconfessabili, Loftus ha descritto in dettaglio l’invasione nazista dell’URSS, i massacri nell’Europa dell’Est e la creazione, sotto l’egida delle SS, del Consiglio centrale della Bielorussia e della Brigata bielorussa. Secondo, l’autore, i criminali di guerra implicati nelle atrocità sono stati ingaggiati da Wiesner. Nel corso della ritirata, le SS fin dal 1944 fecero una lista di chi doveva essere evacuato prioritariamente. Tutti quelli che si trovavano in questa lista riuscirono a fuggire e a vivere tranquillamente negli USA, dopo essere passati per l’OPC.

   Adesso andiamo nel 1953. In quest’anno la polizia tedesca dell’Ovest, con l’appoggio degli americani e degli inglesi, lanciò un’operazione mirata – si disse – a contrastare un presunto complotto neonazista. Fece irruzione nei locali della H.S. Lucht Imperial/Export di Amburgo, che commerciava con Berlino Est in non meglio precisati “traffici strategici”, trovando il corpo di Lucht privo di vita nel giardino della sua azienda. Ci furono molti arresti, tra cui Werner Naumann, colui che Goebbels, prima di suicidarsi, aveva designato come suo successore e che era stato uno degli ultimi a vedere Bormann in fuga. Dopo la sua cattura, Naumann fu interrogato ma rilasciato quasi subito. Tanta celerità fa nascere il dubbio[13] che questi arresti siano stati il mezzo con cui gli ambienti politico-industriali di Bonn, ai cui vertici si trovano ancora personaggi compromessi con il regime nazisti, abbiano cercato di comunicare agli amici e camerati rifugiati in America del Sud e soprattutto in Argentina che era giunta l’ora di rimpatriare e reintegrare nell’economia della Repubblica Federale Tedesca un certo numero d’industrie e d’imprese commerciali create là da Bormann e dai suoi amici, secondo il progetto importato nel 1944 alla Maison Rouge di Strasburgo.

   Ancora nel 1951 Adenauer aveva ben 134 funzionari che erano stati agli ordini di von Ribbentrop, 34 dell’organizzazione di Barman e una dozzina degli uomini di Gestapo-Müller.[14]   Mentre Adenauer stringeva accordi con gli alleati europei e l’Alleanza atlantica, parte degli industriali manteneva invece contatti con l’Unione Sovietica.

   Alla Deutsche Sudamericanische Bank di Buenos Aires, come pure nella vicina Deutsche Uberreiche Bank, un terzo del personale è tedesco. Dal 1953 al 1957, sotto la regia di Schacht e tramite il braccio operativo dell’avvocato Hermann Achenbach, si registra un’inversione di tendenza nella circolazione di capitali tra la Germania e il Sud America: i soldi arrivati qui nel 1943 e il 1945 cambiano rotta. Nel frattempo si sono ricostruite le fabbriche in Spagna, a Barcellona, a Getafe e a Cadice. A occuparsi delle industrie che producono in Spagna gli aerei Messerschmidt è Léon Degrelle, che rappresenta anche le industrie Focke-Wulf, Dornier, Heinkel e Junker.

   Una delle figure di maggior rilievo nelle operazioni di recupero dei beni sudamericani è il vecchio industriale Fritz Thyssen, amico di Bormann sin dal 1923. Thyssen non smise mai di finanziare il partito nazista, cui era si era iscritto dal 1931, e come lui lo fecero alcuni suoi amici, anch’essi del circolo di Keppler[15] industriali affiliati alla Massoneria.

   In meno di cinquant’anni, dopo la fine confitto, i “vecchi signori” (questa è la definizione loro assegnata nei servizi segreti), appoggiati da Abs e Pferdmenges, hanno reintegrato in Germania beni, denaro industrie e reti commerciali per un valore di 400 milioni di dollari, riciclato i beni occulti del Terzo Reich nella nuova Repubblica Federale Tedesca. Hanno vissuto tutte le stagioni della Germania trovandosi a manovrare in modo che né l’URSS né le comunità ebraiche alzassero la voce per denunciare le loro attività. Hanno sostenuto Hitler dagli anni ’30, poiché esponenti dei circuiti finanziari e bancari che cercavano di far risollevare dalla crisi politica ed economica la Germania di Weimar. Vissuta l’avventura del Terzo Reich, hanno creato legami economici con le prime multinazionali tedesco-americane, anglo-tedesche ed europee.

   È grazie al loro lungimirante e disinvolto realismo politico che l’enorme patrimonio, industriale e finanziario del Terzo Reich è stato traghettato nella Germania post bellica.

   In sostanza dopo la seconda guerra mondiale è nato il Quarto Reich che non s’identifica in un territorio preciso, né ancora in un preciso movimento politico ma in una rete di idee mitologie influenze diverse.

   Ma tutto ciò è ancora una risposta parziale. Se pensiamo alla rete Gehlen che agì di concerto con gli Stati Uniti, oppure alla rete di Otto Skorzeny che rappresentò il ponte fra Stati Uniti, Spagna franchista e Argentina peronista. Alle associazioni degli ex combattenti delle SS. A società come Stille Hilfe che garantisce una mutua assistenza ai “pensionati” del Terzo Reich. Realtà che dispongono denaro, spregiudicatezza politica e un’indubbia volontà di potere si deve capire che esso è qualcosa che non c’è pubblicamente ma che opera nell’ombra, si potrebbe dire che è la parte oscura del potere, un esempio per tutti: MK ULTRA.

   Tali esperimenti prevedevano l’uso di ipnosi, sieri della verità, messaggi subliminali, farmaci (soprattutto LSD), impianto di elettrodi, elettroshock e numerose altre metodologie atte a manipolare gli stati mentali delle persone scelte alterandone le funzioni cerebrali, ivi comprese pratiche di deprivazione o alterazione sensoriale e del sonno, isolamento, abusi verbali e sessuali, così come delle varie forme di tortura. I documenti recuperati indicano che la CIA avrebbe fatto tutto questo, al fine di controllare le menti delle persone sottoposte. Le cavie umane erano dipendenti dell’Agenzia, personale militare, agenti governative, prostitute, pazienti con disturbi mentali e persone comuni; il tutto con lo scopo di verificare che tipo di reazione avessero queste persone sotto l’influsso delle persone o altre sostanze.

   Tra gli operatori (ma sarebbe meglio dire i criminali) in seno al Progetto MKULTRA spicca il tenente colonello dell’esercito USA esperto in spionaggio psicologico Michael Aquino, che nel 1975 fondò il Tempio di Set assieme ad un certo numero di elementi appartenenti alla Chiesa di Satana. Aquino, sotto la direzione del comandante Paul Valley, ha scritto un articolo intitolato From PSYOP to Mind War: The Psychology of Victory. Egli sosteneva che i concetti alle base delle operazioni di spionaggio psicologico erano obsoleti, e che c’era bisogno di un modo nuovo di spiegare in che modo i militari possono utilizzare la guerra psicologica per raggiungere i loro obiettivi. Aquino, collegato al satanista Anton La Vey, fu anche indagato poiché sospettato di essere al centro di una organizzazione di pedofili. Nel 1972 La Vey e Aquino si separarono a causa di divergenze sulla natura di Satana (Aquino credeva a Satana come entità reale, mentre La Vey lo riteneva solo entità una entità simbolica).

   Tutto questo porterà nel 1975 alla costituzione del Tempio di Set, divenuto un organismo che pretende di essere il leader mondiale delle organizzazioni iniziatiche appartenenti alla cosiddetta “Via della mano sinistra”[16] professando la via setiana rifacentesi all’antico dio egizio Set (divinità primigenia del caos – guarda caso –delle guerra e della forza bruta) e alla pratica della Magia Nera. Pur con tali inequivocabili e negativi caratteristiche, il Tempio di Set è stato nondimeno riconosciuto in California come una organizzazione religiosa non-profit. Che l’antico esoterismo mediorientale pre-biblico di ispirazione “demoniaca” abbia trovato spazio e credito negli odierni ambienti dei servizi segreti USA come pure in altre realtà statunitensi di potere quali gli Skull and Bones e il Bohemian Grove può indubbiamente apparire sconcertante ai più. Ma non a chi conosca le remote ed occulte radici storico-culturali di tutto ciò.

   Essendo il gruppo più giovane, il gruppo “tedesco” raggiunse i vertice del potere negli anni ’80 del secolo scorso soprattutto sotto l’amministrazione di Ronald Reagan e dei suoi due uomini forte Caspar Weinberger e George Schultz, nonché della più recente esperienza di governatore della California dei cittadino austriaco Arnold Schwarzenegger (il cui padre era stato un membro del partito nazista).[17]

   Quando parliamo di nazismo bisogna avere chiaro la differenza che passa tra base di massa e base sociale. Poiché una base di massa non è sempre coincidente con la base sociale: la piccola borghesia è stata la base di massa del fascismo italiano ma la sua base la sua base sociale era la grande industria e i grandi agrari.

   Ora partiamo dal fatto che uno dei principali contrassegni che caratterizza la fase imperialista del capitalismo è contrassegnata dalla fusione del capitale bancario col capitale industriale, col formarsi in sostanza del capitale finanziario, di un’oligarchia finanziaria che tende a dominare completamente la vita sociale e politica e quindi lo Stato.

   I legami oggettivi di natura economica e finanziaria che s’intessono tra i vari gruppi monopolistici sono accompagnati da legami personali. Cioè questi legami oggettivi sono espressi naturalmente da persone, da uomini che sono alla direzione di gruppi produttivi o di gruppi finanziari. Si verifica quindi uno scambio di dirigenti. Nei consigli di amministrazione delle varie industrie si ritrovano gli stessi nomi; uomini di banca si ritrovano nei consigli di amministrazione di industrie e viceversa. Spesso in mancanza d’informazione sugli altri legami oggettivi che intercorrono tra gruppi diversi, l’esistenza delle stesse persone in consigli di amministrazione diversi è indice di questa colleganza.

   Nasce così un’oligarchia finanziaria, composta di questi capitalisti. Vi sono o sono stati in essa nomi mondiali come i Rockefeller, Morgan, i Ford, gli Stinnes, i Krupp, gli Agnelli ecc. ma ogni paese ha i suoi re la sua élite.

   Vi è anzi indubbiamente una correlazione tra la teoria della “classe eletta”, che si sviluppa alla fine del XIX secolo e che ha avuto in Italia il suo più alto sostenitore nel Pareto[18] e la sua base sociale costituita dal consolidarsi della oligarchia finanziaria.

   Così pure vi è una correlazione tra l’esigenza, in certi momenti una più stretta unità del capitale finanziario e la teoria del superuomo, del duce, del Führer.

   Ricordiamoci dell’impetuoso processo rivoluzionario che andò al di là della seconda guerra mondiale che investì tutti i continenti e che segno la fine del colonialismo classico. Il punto di partenza di questo gigantesco ciclo rivoluzionario è costituito dalla Rivoluzione d’Ottobre che per prima lanciò l’appello a spezzare le catene agli schiavi delle colonie fino a quel momento non solo privi di diritti, ma anche usati come carne da cannone nel corso dello scontro tra le grandi potenze imperialiste iniziato nel 1914.

   Il nazifascismo si presenta come reazione, a quell’appello. Non a caso esso trionfa, con modalità diverse, in tre Paesi che, giunti tardi al banchetto coloniale, si vedono frustrati nelle loro ambizioni e direttamente minacciati dalla possente ondata anticolonialista: e così, il Giappone cerca il suo “spazio vitale” in Cina; l’Italia in Etiopia, in Albania e altrove: la Germania in Europa orientale e nei Balcani.

   Se si analizzano i discorsi pronunciati da Mussolini nel periodo in cui era impegnato a celebrare l’aggressione all’Etiopia come un essenziale contributo alla diffusione della città europea in lotta contro uno “pseudo Stato barbarico e negriero” diretto dal “Negus dei negrieri”. Sembra di rileggere i testi che a suo tempo avevano scandito le tappe più importanti e più infami del colonialismo. Al Congresso di Berlino del 1885, alla vigilia del Congresso di Berlino del 1885, alla vigilia dell’annessione del Congo, Leopoldo II del Belgio dichiara: “Portare la civiltà in quella sola parte del globo dove essa non è giunta, dissipare le tenebre che avvolgono intere popolazioni: questa è – oso dirlo – una crociata degna di questo secolo di progresso”. E Mussolini nel dicembre 1934: “L’Etiopia è l’ultimo lembo d’Africa che non ha padroni europei”. Ovviamente le intenzioni sono ben altre da parte dei colonialisti, e i mezzi adottati per portare “progresso” e “civiltà” erano tutt’altro che civili e umani. I colonialisti belgi del Congo ridussero la popolazione indigena dai 20-40 milioni del 1890 agli 8 milioni del 1911. A loro volta, le truppe fasciste italiane ricorrono all’impiego massiccio di iprite e gas asfissianti, ai massacri su larga scala della popolazione civile, ai campi di concentramento.

   Nella sua guerra a Est, il Terzo Reich presenta le sue aggressioni, le sue conquiste come un contributo alla diffusione dell’esportazione e diffusione della civiltà. Subito dopo l’inizio dell’Operazione Barbarossa (l’aggressione all’Unione Sovietica), Hitler si atteggia, nel suo proclama del 22 giugno 1941 a “rappresentante, cosciente della propria responsabilità, della cultura e civiltà europea”.

   Perciò il nazismo è un cancro che nasce dentro la società capitalista. E non hanno del tutto del torto gli studiosi come Noam Chomsky e Naomi Wolf che hanno fatto un parallelo tra l’America di Bush e i fascismi europei: e non solo per la politica estera ma anche per le misure speciali di “sicurezza nazionale” prese (soprattutto quelle attuate dopo l’11 settembre 2001).

   Ebbene, è interessante considerare che un’icona dei think tank[19] di George Bush fosse il filosofo Leo Strauss.

   Leo Strauss, professore di filosofia politica all’università di Chicago dal 1953 al 1973, è stato, infatti, il maestro di una generazione d’ideologi e di politici che hanno rivestito ruoli di rilievo nel governo amerikano e nei settori neo-conservatori. Sono straussiani Paul Wolfowitz, ex presidente della Banca mondiale, e l’ex direttore della CIA James Woolsey, nel campo dei media John Podhoretz redattore del New York Post. Tra i pensatori e gli strateghi Samuel Huntington, Francis Fukuyama.

   Rimasti nell’ombra durante la presidenza Clinton, gli straussiani in quel periodo non sono però rimasti inattivi. Oltre a elaborare dottrine militari, tra cui quelle che furono in seguito applicate in Medio Oriente, in cui si prevede la fine degli accordi di Oslo. Il 3 giungo 1997 William Kristol due intellettuali “nella tradizione di Strauss” hanno lanciato a Washington, in collaborazione con l’American Entreprise, il Project for the New American Century, che si propone di rilanciare il ruolo di gendarme del mondo degli USA, a cominciare dall’intervento dell’Iraq. L’atto fondativo invita a una nuova politica estera basata “sull’egemonia globale benevola” degli Stati Uniti. Questa dottrina imperialista si poggia su due pilastri: il fondamentalismo religioso e la forte impronta imperialista con l’apologia senza veli della legge del più forte.

   Con sfumature diverse, questi erano gli stessi elementi che fondavano l’ideologia nazista. E si dà il caso che il legame tra l’America di Bush e la Germania di Hitler sia proprio Leo Strauss, già allievo e collaboratore del filosofo e giurista Carl Schmitt il quale, ammetterà lo stesso Strauss, furono fra coloro che spianò la strada al nazismo: “Un gruppo di professori e di scrittori hanno aperto la via a loro insaputa o no, a Hitler, Spengler, Möller van der Bruck, Carl Schmitt, Ernst Jünger, Martin Heidegger”.[20]

   Leo Strauss, era ebreo, era riuscito a fuggire dalla persecuzione nazista rifugiandosi negli USA anche grazie agli auspici del maestro. Nel 1933 in una lettera a Gershom Scholem, importante studioso di cabala ebraica, affermava di dover ringraziare Schmitt per la borsa di studio ottenuta dalla Fondazione Rockefeller che gli aveva permesso di emigrare con il pretesto di studiare Hobbes in Inghilterra. La corrispondenza tra Strauss e Schmitt tra il 1932 e il 1933 portò quest’ultimo a rivedere in maniera significava il suo lavoro La concezione della politica. Al momento in cui la fuga del giovane filosofo ebreo interruppe la loro collaborazione, Strauss e Schmitt lavoravano assieme su quella teoria dello Stato “totalitario”.[21]

   Giurista tra i più considerati dal governo nazista, Carl Schmitt, influente professore che era già stato consigliere giuridico del governo von Papen, pose le basi per lo snaturamento della Costituzione della Repubblica di Weimar e il successivo smantellamento del sistema costituzionale fondato sulle idee del liberalismo politico e dei diritti costituzionali. Considerando questo sistema impotente corrotto e inadeguato per pendere le misure necessarie le misure necessarie nel momento in ci la Germania affondava economicamente, propose di sostituirgli un regime eccezionale che snellisse le procedure dei sistemi legislativo ed esecutivo – governando sostanzialmente per decreto – e di stabilire una temporanea dittatura presidenziale. Schmitt ammirava Mussolini, con cui aveva discusso di diritto romano, e riteneva che il dittatore italiano avesse costituito un sistema perfetto fondato su uno Stato autoritario, oltre che sulla Chiesa, su un’economia di “libera impresa” (eufemismo per dire capitalismo), e su un mito fondativo forte capace di stimolare e affascinare il popolo. Fu infine Schmitt a fornire il quadro giuridico per l’introduzione delle misure d’emergenza che i nazisti inaugurarono all’indomani dell’incendio del Reichstag, il 27 febbraio 1933. E quando Hitler invase la Polonia, l’autorevole giurista giustificò la legalità della guerra preventiva con le esigenze della sicurezza tedesca serviva una sfera d’influenza capace di proteggere il Reich dalle “orde bolsceviche che premevano sui confini orientali”.

   Le tre élite possiedono anche una sorta di ideologia, che si sposta dal veteronazismo del gruppo californiano, alla destra tradizionale di stampo confessionale del gruppo texano allo pseudo sinistrismo elitario tipico di coloro che passano la vita a speculare nelle borse mondiali, muovendo miliardi di dollari creati artificialmente dalla Federal Reserve ad uso di Walle Strett, e che hanno perso contatto con il concetto produttivo del lavoro, tratto distintivo dei “bostoniani”.[22]  I tre gruppi marcano la propria presenza in modo trasversale nei due partiti nazionali, con una presenza maggiore dei californiani e dei texani nel partito repubblicano e dei bostoniani in quello democratico, ma senza alcuna rigida rappresentanza di tali idee all’interno dei due comitati elettorali che sono, alla fine dei conti, i maggiori partiti a stelle e strisce. Questi tre gruppi di potere interagiscono poi con quelli meno importanti e locali, disseminati nel territorio USA, ed hanno interessi diversi nonché disegni strategici differenti, rispecchiando così la natura vasta e disomogenea degli USA. Quando i tre gruppi riescono a concordare su una o più strategie, allora di genera una pressione irresistibile sul Presidente tramite varie cinghie di trasmissione che principalmente sono: il Congresso degli Stati Uniti, i comitati elettorali repubblicano e democratico, i mass media che negli USA sono ancora più manipolatori di quelli europei. Il terminale di queste violente pressioni “esterne” è la figura del Presidente, pensata all’interno di una costituzione che, sia pure emendata, risale al 1787, e che si rivolgeva criticamente alle monarchie europee di fine settecento. Il risultato di questa singolare elaborazione è stato quello di dare poteri al presidente americano simili, fatte le debite proporzioni temporali, a quelli dei sovrani che hanno guidato gli imperi centrali nella prima guerra mondiale, come Guglielmo II oppure Francesco Giuseppe: veri capi di governo e veri capi dell’esercito. Il potere dei presidenti e solo relativamente bilanciato dalle camere dei deputati e dai senatori, ed ancora dal potere giudiziario che negli Stati Uniti è estremamente disarticolato e legato al territorio. I tre gruppi di potere descritti devono fronteggiare enormi problemi che li costringono perennemente alla ricerca di una strategia risolutiva ed al necessario ma anche arduo allineamento tra loro: il fantastico debito pubblico americano che, nel all’inizio del 2020 si attesta intorno ai 22.000 miliardi di dollari (il debito pubblico italiano si attesta intorno ai 2.400 miliardi, se proprio vogliamo fare un paragone); che comporta come diretta conseguenza che il tempo lavora contro gli USA. L’enorme debito americano rende il dollaro tecnicamente privo di un suo valore economico, e solo la minaccia della ritorsione militare statunitense in caso di rifiuto dell’uso del dollaro nelle transazioni internazionali, a costringere mondo ad accettare ancora il biglietto verde come elemento di scambio con beni e servizi reali e tangibili. Per difendere il ruolo indifendibile del dollaro, a partire dall’inizio del XXI secolo i presidenti USA hanno adottato la strategia del perenne stato di guerra a bassa intensità, che è la continuazione della controffensiva che l’imperialismo porta avanti dal 1991.

      Dal 1991 di fronte alla crisi generale in atto, approfittando del crollo del revisionismo nei paesi dell’Est dove ancora sussistevano alcune precedenti conquiste della fase della costruzione del socialismo cessata nel 1956 e di fronte alle prime avanguardie della Rivoluzione Proletaria Mondiale (Perù, Filippine ecc.), l’imperialismo scatena un’offensiva controrivoluzionaria generale che pretende di scongiurare la rivoluzione come tendenza generale, storica e politica. Dalla guerra del golfo del 1991 gli USA si ergono a superpotenza generale. Quest’offensiva controrivoluzionaria è diretta contro il proletariato mondiale.

   Guerra permanente portata avanti con tutto ciò ad essa è accessorio (colpi di Stato, guerre locali per procura condotte da organizzazioni mercenarie tipo Al Qaida, ISIS, deposizioni si presidenti, assassini mirati come quello occorso del generale iraniano Soleimani ecc). I successi di questa strategia non sono mancati: ad esempio il vento bolivariano che aveva soffiato forte in Sud America e stato soffocato (grazie anche dei limiti e degli errori delle direzioni di questo movimento). Tuttavia il quadro mondiale è sempre più sfuggente al ferreo controllo di Washington e non potrebbe essere altrimenti considerando che la politica imperialista americana è ridotta di fatto alla sola minaccia militare.

   La Cina è la nuova officina del mondo, la Russia è tornata a giocare il ruolo di potenza mondiale, l’Europa è sempre di più in Giano bifronte, ex padroni sconfitti in due guerre mondiali e asserviti ed occupati militarmente, ma infidi detentori dell’Euro e pronti al “tradimento”[23] appena possibile. La fine del mandato di Obama ha coinciso con un passaggio delicato nell’elaborazione della nuova strategia mondiale: i tre gruppi di potere hanno dovuto scegliere se continuare lo stato di guerra a bassa intensità, magari aprendo nuovi conflitti locali (ad esempio promuovere una guerra di confine tra Pakistan e India), oppure passare con decisione a una guerra mondiale con tutte le incognite del caso soprattutto in ordine all’utilizzo dell’arma nucleare, oppure ancora cercare ancora una strategia che si ponesse nel mezzo alle due opzioni di bassa ed alta bellicosità.

LE TRE FORZE CHE CONTROLLANO LA POLITICA ESTERA USA

   È più realistico considerare la politica ed estera degli Stati Uniti in termini di complesso militare-industriale, complesso petrolifero e del gas (e minerario) e complesso bancario e immobiliare, piuttosto che in termini mistificatori di linea politica di repubblicani e democratici.

   I senatori e i deputati che contano non rappresentano i loro Stati e distretti, ma gli interessi economici e finanziari di chi ha maggiormente contributo alla loro campagna elettorale.

   Per quanto riguarda il finanziamento delle campagne elettorali negli USA c’è una data molto importante.

   Il 21 gennaio 2010 la Corte Suprema, accogliendo la richiesta dell’associazione conservatrice Citiznes United, deliberò che le società di capitali equivalgono a persone fisiche e quindi possono contribuire alle campagne elettorali senza alcun vincolo di sorta, di fatto autorizzandole a influenzare pesantemente l’esito delle elezioni con enormi e poco trasparenti elargizioni di denaro.

   Questi donatori rientrano fondamentalmente in tre blocchi principali gruppi oligarchici, che hanno acquisito il controllo del Senato e del Congresso per inserire i propri responsabili politici nel Dipartimento di Stato e in quello della “Difesa”.

   Il primo è il complesso militar-industriale: i produttori di armi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin hanno ampiamente diversificato le loro fabbriche e l’occupazione in quasi tutti gli Stati, specialmente nel Congresso dove vengono eletti i capi dei principali Comitati del Congresso. La loro base economica è la rendita monopolistica ottenuta soprattutto dalla vendita alla NATO, agli esportatori del petrolio del Medio Oriente, e ad altri paesi con un surplus nella bilancia dei pagamenti. Le azioni di queste società sono aumentate immediatamente dopo la notizia dell’attacco russo, portando a un’impennata di due giorni del mercato azionario, poiché gli investitori hanno compreso che la guerra in un mondo di “capitalismo del Pentagono” fornirà la garanzia del paravento della “sicurezza nazionale” per profitti monopolistici da parte delle industrie belliche.

   Il complesso militar-industriale è tradizionalmente rappresentato al Congresso dai rappresentanti della California insieme con il Sud, saldamente filomilitare. Il conflitto ucraino promette un aumento vertiginoso delle vendite di armi alla NATO e agli altri alleati degli USA, arricchendo chi sta effettivamente dietro l’elezione di questi politici. Non è certamente che in paesi come la Germania e in Italia ci sia un aumento delle spese militari.

   Il secondo grande gruppo oligarchico è il complesso del petrolio e del gas, che cavalca lo speciale regime fiscale di agevolazioni garantito negli USA alle aziende che svuotano risorse naturali dal suolo per immetterle principalmente nell’atmosfera, negli oceani e nelle reti idriche. Così come il settore bancario e immobiliare cerca di massimizzare la rendita economica e i guadagni in conto capitale per alloggi e altri beni, l’obiettivo del settore petrolio gas e minerario è quello di aumentare al massimo il prezzo dell’energia, e quello delle materie prime, in modo da massimizzare i profitti derivati dalle risorse naturali. Ottenere il monopolio del mercato petrolifero nell’area del dollaro e isolarlo dal petrolio e dal petrolio e dal gas russo è da oltre un anno una delle maggiori priorità degli USA, poiché l’oleodotto Nord Stream 2 (che è stato bloccato)[24] minacciava di collegare più strettamente l’economia dell’Europa occidentale con quella russa.

   Se è vero che le attività riguardanti petrolio, gas e minerali non sono situate in tutti i distretti elettorali degli USA, lo sono però i loro investitori. I senatori del Texas e di altri Stati occidentali produttori di petrolio e minerali sono i soggetti principali del complesso del petrolio, del gas e minerario, e il settore del petrolio influenza fortemente il Dipartimento di Stato affinché questo fornisca lo scudo della “sicurezza nazionale” per speciali agevolazioni fiscali al settore.

   L’obiettivo politico accessorio è ignorare e rifiutare le spinte ambientaliste a sostituire petrolio, gas e carbone con fonti di energia alternative. Ecco perché l’amministrazione Biden ha sostenuto l’espansione delle perforazioni offshore, ha promosso l’allacciamento dell’oleodotto canadese alla fonte di petrolio più sporca del mondo nelle sabbie bituminose di Athabasca[25] e ha celebrato la rinascita del fracking .[26]

   Il terzo grande gruppo oligarchico è il settore finanziario della finanza, delle assicurazioni e del mercato immobiliare. Che è il moderno successore capitalista-finanziario della vecchia aristocrazia fondiaria postfeudale europea che vive di rendite fondiarie. Poiché attualmente la maggior parte delle abitazioni nel mondo sono occupate dai proprietari (sebbene dopo l’ondata di sfratti, la percentuale di proprietari che non occupano le case sia in forte aumento), l’affitto dei terreni viene pagato in gran parte al settore bancario sotto forma di interessi sui mutui e ammortamento del debito (con indici crescenti debito/patrimonio poiché i prestiti bancari gonfiano i prezzi delle case). Circa l’80% dei prestiti bancari statunitensi e britannici sono nel settore immobiliare e vanno a gonfiare i prezzi dei terreni per creare plusvalenze, che sono effettivamente esentasse per i proprietari assenti.

ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLE E’LITE

   L’antica Roma si è caratterizzata per l’internazionalizzazione delle élites. La sua forza, almeno fino al III secolo, risiedeva nella capacità di integrare nella classe dirigente elementi appartenenti dalle periferie dell’impero. Questi elementi si integravano al vecchio nucleo centrale dell’impero, proveniente dalla penisola italica. La decadenza dell’Impero coincise con la progressiva autonomizzazione delle élites “nazionali”.[27] Con la caduta della parte occidentale dell’Impero, sotto la pressione barbarica, si ebbe il decadimento della produzione agricola e artigianale e delle città, cui seguì quelle delle élites ad esse legate. L’affermazione del modo di produzione feudale portò ad una economia essenzialmente di sussistenza e priva di scambi al di fuori di aree ristrette. La definitiva sparizione di un mercato internazionale, anche a seguito alla chiusura delle rotte del Mediterraneo dovuta all’espansione araba, determinò anche la sparizione dei collegamenti tra le élites. Soltanto dopo il 1000 ebbe inizio una rinascita degli scambi e una ripresa delle città, centri del commercio e della produzione artigiana specialmente in Italia, soprattutto dopo le crociate, divenne intermediaria tra l’Europa tra l’Europa e l’Oriente, attraverso le sue repubbliche marinare. Le fiere dello Champagne nel 1200 rappresentarono il nuovo centro dell’economia mercantile dell’Occidente e gli ebrei, proprio perché popolo disperso geograficamente, costituirono “la prima rete mondiale”.[28] Ma è nell’Italia centrosettentrionale che, 1200 e 1600, nasce il primo capitalismo. Questo porta con sé l’invenzione della moderna finanza, delle moderne tecniche contabili, della banca, e soprattutto del debito pubblico. Il modo di produzione capitalistico è il contrario dell’economia chiusa feudale, dal momento che si fonda sull’estensione degli scambi, e sul continuo superamento dei confini del mercato. Dunque, alla nascita del capitalismo si collega la nascita di una nuova élite internazionale, che opera sui mercati finanziari e delle merci a livello interstatale. I membri di questa élite hanno rapporti continuativi con i loro colleghi di altre nazionalità, con il loro Stato e con gli Stati e con le corti di tutta Europa. Essi sono i prestatori necessari in un’epoca caratterizzata dalla nascita di grandi Stati-nazione, che portano a continue guerre per l’egemonia continentale, combattute con eserciti permanenti e armamenti sempre più tecnologicamente avanzati e sempre più costosi, come le artiglierie, le fortificazioni in profondità, le flotte oceaniche. I rapporti tra élite finanziaria e Stato si traducono anche nella conquista del potere politico diretto, attraverso cui l’élite finanziaria si fonde con quella politica e con lo Stato. Col tempo la nuova élite della ricchezza, anche grazie ai matrimoni con i membri della nobiltà, e, in qualche caso, con delle case regnanti, diventa parte dell’aristocrazia.

   Esemplificativo il caso dei Medici: da questa famiglia di banchieri fiorentini vengono due papi, due regine di Francia e tre duchi. A fronte del fallimento di altre famiglie di banchieri come i Bardi e i Peruzzi, travolti dall’insolvenza del re d’Inghilterra, scelsero la diversificazione, basandosi su relazioni a partire dal cliente più solvibile di tutti, il papato. Come afferma Niall Fergusson[29] i Medici furono anche “i primi banchieri a compiere la transizione dal successo finanziario a uno Stato e al potere ereditario[30], sottomettendo la Repubblica fiorentina. Un fattore di internazionalizzazione del mercato finanziario e delle élites fu la creazione del debito pubblico, le cui radici affondano nello stato di guerra endemico in cui versavano le città-Stato italiane tra il 1300 e 1400. Le guerre venivano combattute mediante costose compagnie di mercenari e le città-Stato italiane ben presto si ritrovarono con le finanze a secco. A Firenze si ricorse allora al prestito obbligatorio (da cui il termine obbligazioni) da parte dei cittadini in cambio di un interesse. Inoltre, il capitale investito rimaneva liquido in quanto poteva essere venduto ad altri. Il debito pubblico rafforzava quella caratteristica che rende il capitale tale, la mobilità. Al prestito pubblico fiorentino, in realtà, contribuivano solo poche migliaia dei cittadini più ricchi ed in particolare la stessa famiglia Medici. Il sistema funzionava così bene perché i Medici stessi, insieme a poche altre famiglie, controllavano il governo della città e quindi la finanza pubblica. A dimostrazione che la forma oligarchica di governo, cioè il governo formato e controllato dalle élites finanziarie, è la migliore garanzia del pagamento del debito. Una condizione che, sulla base dell’esperienza più recente, è considerata necessaria anche oggi.

   Ad ogni modo, in Europa tra 1200 e 1500 si affermò la negoziazione della moneta internazionale privata, cioè la pratica del cambio valutario mediante lettere il credito.[31] In pratica, si trattava di garantire i pagamenti internazionali, mediante filiali bancarie sparse un po’ dovunque, alla presentazione di una lettera di credito. Era una specie di primo sistema monetario, che rappresenta l’infrastruttura dello sviluppo commerciale e finanziario continentale. L’anima del sistema era costituita da una casta di mercanti-banchieri caratterizzata dalla stabilità e dalla coesione del gruppo sociale al quale appartenevano. La possibilità esercitare il cambio tramite lettera era legata alla parentela con le poche grandi famiglie italiane che svolgevano un ruolo di primo piano nel commercio intereuropeo e nelle operazioni bancarie. Alla strutturazione per famiglie, favorita dalla pratica dell’endogamia, si accompagnava la ripartizione geografica basata sulla città di origine, che determinava la creazioni di “nazioni”: i fiorentini, i lucchesi, i genovesi, più tardi i veneziani. Tali “nazioni”, disperse in Europa, la ricoprirono di una rete fortemente organizzata di corrispondenti insediati nelle maggiori piazze commerciali. In questo modo le “nazioni” dei mercanti-banchieri italiani, vennero a costituire la larga maggioranza nella comunità degli uomini d’affari europei. In Francia, gli uomini d’affari italiani, che erano appena il 5 per cento dei contribuenti, nel 1571 pagarono l’80% delle imposte versate dagli stranieri e il 25 per cento dell’intero gettito. I mercanti banchieri esercitavano anche una notevole influenza politica, attraverso il prestito ai sovrani. I genovesi nel 1519 figuravano tra i promotori della corruzione dei grandi elettori dell’Impero a danno del sovrano francese, Francesco I, e a sostegno del monarca spagnolo Carlo V. Col tempo si legarono sempre più alla Spagna, soppiantando i Fugger come prestatori della corona spagnola, cui anticiparono l’oro, attraverso l’uso di lettere di cambio, che serviva per pagare le truppe, che combattevano nelle Fiandre. In cambio dirottavano verso i porti italiani i lingotti di argento che provenivano dalle colonie spagnole dell’America Latina. Il sistema, che caratterizzò quello che è stato definito “il secolo dei genovesi”, era triangolare e definiva uno spazio monetario e finanziario europeo all’interno di uno spazio mondiale. Al vertice del triangolo c’erano le fiere di Bisenzone[32] e successivamente di Piacenza, dove si raccoglieva l’oro che, grazie a Venezia, proveniva dagli scambi commerciali con l’Oriente, e i prestiti derivanti dell’enorme attivo commerciale delle manifatture di Fiandra e Milano con il resto d’Europa. In Spagna, c’era Medina di Campo, dove venivano negoziati gli asiento[33], i contratti pubblici di prestito tra genovesi e corona spagnola, e Siviglia e a cui arrivava l’argento americano, che poi rifluiva verso l’Italia. Infine, ad Anversa arrivava dall’Italia l’oro destinato in parte alle truppe spagnole nelle Fiandre e in parte ai mercati del Baltico e dell’Inghilterra. Si trattava di un sistema mondiale che collegava, attraverso l’Europa, le Americhe alla Cina, da sempre assetata di argento per il suo sistema monetario. Dietro quella che poteva che può essere definita la prima “globalizzazione” della storia c’è il primo capitalismo di Genova e delle sempre più ricche città-Stato italiane. Ma, soprattutto, si affacciava per la prima volta alla ribalta della storia una nuova élite finanziaria internazionale. Dopo il 1650 Genova e l’Italia entrarono in un lungo periodo di decadenza e arretratezza, che durerà più di due secoli.Solo con l’industrializzazione a cavallo tra Ottocento e Novecento e, soprattutto, con il boom economico del secondo dopoguerra l’Italia riagganciò il gruppo di punta dei paesi imperialisti. Le ragioni del declino dell’Italia furono diverse. Tra queste, oltre al declino dell’impero spagnolo, l’essersi troppo fidati delle loro prodezze finanziarie ignorando il sempre più importante commercio atlantico e la concorrenza sleale basata sulle imitazione dei prodotti italiani con merci scadenti ma a basso costo da parte del Nord Europa come sostiene Braudel[34]. Ma la ragione principale è probabilmente da rintracciarsi nella mancanza nell’Italia di allora di uno Stato nazionale che fiancheggiasse e proteggesse militarmente, come invece accadeva in Olanda, Portogallo, Francia e Inghilterra, le flotte e i mercanti nelle costruzioni di reti commerciali nelle Americhe e nelle Indie orientali[35]. Del resto, Genova stessa con il suo governo debole militarmente e politicamente era quanto di più lontano dalla concezione moderna dello Stato e del capitalismo di Stato. Fu per l’appunto questa condizione di debolezza a costringere i mercanti-banchieri genovesi a perfezionare i loro strumenti finanziari transnazionali. Infatti, Giovanni Arrighi[36] ha identificato Genova il tipo ideale di tutte di tutte fasi di “capitalismo (finanziario) cosmopolita”,[37] il cui prototipo viene rintracciato dalla Repubblica di Venezia, il cui governo oligarchico ha rappresentato nella forma più pura di quello che Marx ebbe definire il “comitato di affari della borghesia[38].

   Il ruolo egemonico del capitalismo (finanziario) cosmopolita genovese fu preso, tra il 1620 e 1630, dal capitalismo (monopolistico) di Stato olandese che si basò fin dal principio su una propria autonomia e competitività nell’uso nel controllo della forza, ovvero sull’intervento di uno Stato militarmente organizzato. Successivamente nel Seicento, gli olandesi dovettero soccombere ad una forza capitalista organizzata in uno Stato più grande e potente, l’Inghilterra. Il capitale finanziario cosmopolita rinacque come haute finance (alta finanza), affermandosi durante l’egemonia affermandosi durante l’egemonia inglese, nel corso dell’Ottocento, soprattutto nella seconda metà del secolo. Esempio tipico e più importante della nuova alta finanza fu la famiglia Rothschild, i cui discendenti sono ancora oggi parte dell’élite finanziarie mondiale, risultando collegati in vario modo al Gruppo Bilderberg sia alla Commissione Trilaterale. I   Rothschild presentano alcuni tratti comuni con i genovesi, così come il secolo dell’alta finanza presenta similitudini con il “secolo dei genovesi”. In primo luogo, i Rothschild si arricchirono grazie al sostegno dell’Inghilterra durante le guerre napoleoniche, prima fornendo l’oro necessario alle truppe britanniche impegnate nella penisola iberica e poi beneficiarono dopo la battagli di Waterloo, della crescita dei prezzi dei titoli di titoli di Stato britannica di cui precedentemente avevano incetta. In realtà il mercato obbligazionario rimase sempre la loro anche principalmente area di competenza. Inoltre, il loro successo dipese dalla loro organizzatissima rete commerciale, basata sui forti legami familiari, che erano diffusi in tutta l’Europa. Soprattutto si basò sulla capacità di saltare sul carro della potenza egemone e stabilire, come fecero i genovesi, come i genovesi con la Spagna, una alleanza con essa, ricavandone protezione e trattamenti preferenziali. Il patrimonio della Casa Rothschild crebbe dagli 1,8 milioni di sterline del 1818 al 9,5 del 1852 e 41 del 1899[39]. Il loro potere era tale che molti contemporanei quanto Hobson scrisse nel 1902: “Non è possibile utilizzare rapidamente una grande di capitale senza con il loro consenso tramite le loro agenzie finanziarie. Qualcuno pensa davvero che uno Stato europeo potrebbe iniziare una grande guerra, o che un cospicuo finanziamento statale potrebbe venire sottoscritto se Casa Rothschild e le sue associate si opponessero?[40]

   È sbagliato ritenere che i Rothschild interessino soltanto le guerre, poiché l’alta finanza non ha interesse a favorire una potenza rispetto ad un’altra ma sull’equilibrio di potere in Europa. La loro alleanza con l’Inghilterra derivava dalla sua indiscussa egemonia, che rese per molto tempo impossibile a qualunque altra potenza europea o coalizione di potenze sfidarla sul terreno della forza, e dell’adesione dei suoi governi al principio del libero scambio. L’Inghilterra attirava da tutto il mondo i capitali che non trovavano adeguata collocazione per rispedirli per rispedirli ancora fuori, con la City di Londra come intermediaria. A gestire questa rete di scambi mondiale era l’élite dell’alta finanza. Questa élite si basava, allo stesso modo dell’élite italiana, spesso, a gruppi familiari. E trovava la sua caratteristica principale nel cosmopolitismo, favorito dalla forte mobilità tipica del capitale e legata ai debiti pubblici: “I Rothschild non erano sottoposti ad alcun particolar governo, come famiglia incarnavano il principio astrato dell’antinazionalismo; la    loro lealtà era verso la ditta il cui credito era diventato il solo vincolo sovranazionale tra governo politico e sforzo industriale in una economia mondiale in rapido sviluppo. In ultima analisi la loro indipendenza sorgeva dalle necessità del tempo, che richiedevano un agente sovrano che disponesse della fiducia degli statisti nazionali e degli investitori internazionali. Era a questa necessità vitale che la metafisica extraterritorialità di una dinastia di banchieri ebrei domiciliata nelle varie capitali europee offriva una soluzione perfetta[41].

   L’alta finanza ottocentesca rappresentò, dunque, un fattore di stabilità nel continente europeo. Infatti, tra la fine delle guerre napoleoniche (1815) e lo scoppio della prima guerra mondiale (1914) le potenze europee si trovarono impegnate a farsi la guerra solo per diciotto mesi, mentre nei due secoli precedenti si erano combattute tra i sessanta e i settant’anni. 

   Quando l’aumento della concorrenza tra capitali, verificatosi durante la Grande depressione del 1873-1875, si trasformò in concorrenza tra Stati, si mise in moto il meccanismo che condusse a quel conflitto generale che l’alta finanza paventava e temeva. Questi timori trovarono conferma con la Prima guerra mondiale, che scosse gravemente la presa dell’alta finanza sull’economia internazionale. Ma la dissoluzione definitiva del ruolo dell’alta finanza si verificò dopo la guerra, quando crollò la base aurea internazionale, portando con sé la disgregazione dell’economia mondiale. Allora i capitali di rinserrarono all’interno degli imperi, legati ai singoli Stati-nazione, portando a una nuova conflagrazione bellica generale. Solo dopo la seconda guerra mondiale, ricominciò, insieme alla ricostruzione di un mercato mondiale, il processo di internazionalizzazione della borghesia. E in particolare di ricostruzione dell’egemonia dell’alta finanza che giungerà a compimento con l’affermazione di una nuova “globalizzazione” alla fine degli anni ’80 del secolo appena trascorso e con la restituzione negli anni ’90 al mercato autoregolato del potere di decidere dalla quantità di moneta e finanza.

    Ciò che possiamo sintetizzare da quanto detto sopra è che, il capitalismo è tendenzialmente e nella sua intima essenza internazionale come caratteristica essenziale l’internazionalismo delle sue élite dirigenti. Il ruolo che queste ricoprono è quello di “agente sovrano” del capitale. Il rapporto che tale agente sovrano intrattiene con il potere dello Stato (degli Stati, per essere più corretti) muta a seconda delle fasi storiche. Ciò comporta una variazione del grado di autonomia delle élite che arriva fino al cosmopolitismo.

   Una delle conseguenze della crisi generale capitalismo cominciata nella metà degli anni ‘70 c’è lo sviluppo delle contraddizioni interimperialiste. Esse si sviluppano man mano che si accentuano le difficoltà di valorizzazione del capitale e quindi si acuiscono i contrasti tra i capitalisti, ognuno dei quali lotta per la sua sopravvivenza.

   Dopo la seconda guerra mondiale gli USA hanno assicurato la persistenza o il ristabilimento del dominio delle classi borghesi nella parte continentale dell’Europa Occidentale, in Giappone e in buona parte delle colonie. In alcuni di questi paesi lo Stato borghese era completamente dissolto a seguito della guerra (tipica la situazione della Germania); negli altri, gli Stati borghesi erano fortemente indeboliti e prossimi al collasso. Di conseguenza, le borghesie dei paesi continentali dell’Europa Occidentale e del Giappone non ebbero di meglio che accettare l’autorità degli USA per ristabilire il loro dominio di classe. La Borghesia Imperialista USA aiutò la borghesia dei singoli paesi a ricostruire propri Stati. Difficilmente avrebbe potuto fare diversamente, cioè assorbire direttamente la parte continentale dell’Europa Occidentale, il Giappone e le colonie degli ex Stati coloniali nei confini del proprio Stato sotto un’amministrazione unificata: sia per il movimento popolare (che in molti paesi era a guida comunista) presente in molti paesi dell’Europa Occidentale che, tra l’altro, aveva l’appoggio dell’URSS, sia per l’opposizione delle borghesie europee e francese. Gli USA, tuttavia posero molti limiti alla sovranità di alcuni Stati, in particolare degli Stati giapponese, tedesco, italiano, greco, turco e anche alla sovranità dell’Inghilterra e dei domini britannici, assicurandosi vari strumenti di controllo della loro attività e d’intervento in essa.

   Nei quarant’anni successivi i contrasti tra questi Stati e gli USA non hanno avuto un ruolo rilevante nello sviluppo del movimento economico e politico, con l’eccezione delle tensioni con Francia e Inghilterra in occasione della campagna di Suez (1956).

   Tutto questo non significa che era finita l’era l’epoca delle guerre tra Stati imperialisti come s’illudevano i revisionisti. Finché gli affari andavano bene, finché l’accumulazione del capitale si è sviluppata felicemente (e ciò è stato fino all’inizio degli anni ’70), non si sono sviluppate contraddizioni antagoniste tra Stati imperialisti, né potevano svilupparsi se è vero che esse sono la trasposizione in campo politico di contrasti antagonisti tra gruppi capitalisti in campo economico.

   Il problema si è posto a partire dalla metà degli anni ’70 ed il problema sta proprio e solo in questo: man mano che le condizioni di valorizzazione del capitale diventano difficili, lo Stato USA continua a essere il miglior garante (sia pure di ultima istanza) della borghesia giapponese e quindi del suo dominio in Giappone, il miglior garante della borghesia tedesca e quindi del suo dominio in Germania ecc. nella misura in cui questo predominio è una garanzia per il buon andamento delle varie economie, degli affari delle varie borghesie.

   La lotta che gli USA per la difesa dell’ordine internazionale, è nella realtà la lotta dei capitalisti USA per garantirsi la stabilità politica negli Stati Uniti, cioè del dominio di classe sulle masse popolari degli USA anche a scapito degli affari della borghesia di altri paesi, diventando quindi un fattore di instabilità politica di altri paesi.

   Né i capitalisti operanti in altri paesi possono concorrere a determinare la volontà degli USA al pari dei loro concorrenti americani, benché vi sia una discreta ressa di esponenti della Borghesia Imperialista specie di paesi minori a installarsi negli USA, a inserirsi nel mondo politico ed economico USA: dai defunti Onassis e Sindona, molti grandi capitalisti di altri paesi hanno cercato di “mettere su casa” negli USA.

   Esiste anche un’altra possibilità che man mano che aumentano le difficoltà dell’accumulazione del capitale, una frazione della Borghesia Imperialista mondiale tenti di imporre un’unica disciplina a tutta la Borghesia Imperialista costruendo attorno agli USA il proprio nuovo Stato sovranazionale: quest’ultimo assorbirebbe più strettamente in sé gli altri Stati limitandone ulteriormente l’autonomia.

   Negli anni trascorsi dopo la sonda guerra mondiale si è formato un vasto strato di Borghesia Imperialista Internazionale, legata alle multinazionali con uno strato di personale cresciuto al suo servizio.

   Già sono stati collaudati numerosi organismi (monetari, finanziari, commerciali) sovrastatali nei quali quello Strato di Borghesia Internazionale esercita una vasta egemonia.

   Parimenti si è formato un personale politico, militare e culturale borghese internazionale. Di conseguenza il disegno della fusione dei maggiori Stati imperialisti in unico Stato ha oggi maggiori basi materiali di quanto ne avessero gli analoghi disegni perseguiti nella prima metà del secolo scorso, dalla borghesia anglo-francese (Società delle Nazioni), dalla borghesia tedesca (Nuovo Ordine Europeo nazista), dalla borghesia giapponese (Zona di Coprosperità). Ma la realizzazione di un processo del genere, mentre avanza e si accentua la crisi economica, difficilmente si realizzerebbe in maniera pacifica, senza che gli interessi borghesi lesi dal processo si facciano forte di tutte le rivendicazioni e i pregiudizi nazionali e locali.

SIONISMO: INGRANAGGIO DELLA CONTRORIVOLUZIONE MONDIALE

   A questa analisi non bisogna dimenticare il ruolo del sionismo.

   L’assalto nel 2010 a una flottiglia pacifista ci deve farci interrogare sul reale ruolo di Israele, sui rapporti che ci sono tra Stati Uniti e Israele e dell’interconnessione tra complesso industriale – militare americano e il suo omonimo israeliano. Per esempio: la General Dynamics, uno dei grandi produttori mondiali di armi degli U.S.A. è proprietario del 25% dell’Elbit che è il secondo produttore di armi israeliane. Ma non c’è solo questo, Israele non è solo il boia del popolo palestinese, esso è un ingranaggio della controrivoluzione mondiale. Quest’aspetto assume forme diverse:

  1. Come la vendita di materiale di guerra (Israele consacra il 9% del suo P.I.L. alla guerra) o di sorveglianza poliziesca o di spionaggio;
  2. Addestramento di personale alla lotta contro la guerriglia;
  3. Inquadramento di milizie paramilitari nei paesi dove il regime al potere è minacciato da rivolte popolari.





Vediamo alcuni esempi:

  1. Colombia: le competenze sioniste sono state messe a servizio del narcopresidente Uribe per aiutarlo a distruggere le FARC, è ben noto lo sporco lavoro del colonnello Yair Klein per quanto riguarda vendita di armi e addestramento dei paramilitari colombiani;
  2. Georgia: i consiglieri militari Israeliani e hanno addestrato l’esercito georgiano per l’attacco dell’Ossezia del sud e hanno installato basi missilistiche che possono attentare la sicurezza dell’Iran;
  3. Sri Lanka: i consiglieri israeliani hanno aiutato il governo di Colombo nella lotta di sterminio contro i ribelli Tamil;
  4. USA; la sorveglianza del muro di 3500 Km che separa gli USA dal Messico è assicurata da materiale israeliano.

   Non è la prima volta che Israele si assume il compito di fare il lavoro sporco di vendere armi a controrivoluzionari quando l’imperialismo USA vuole “mantenersi con le mani pulite”. Basta ricordarsi dell’Iringate, dove gli intermediari Israeliani fornirono armi statunitensi all’Iran per evitare che l’Iraq vincesse la guerra e con il ricavato di questa intermediazione, fornirono armi alla controrivoluzione nicaraguense.


   Israele è stata dagli anni ’60 e ’70 un subappaltatore del lavoro sporco degli Stati Uniti. In America Latina, in Africa e in Asia, Israele prima come Stato e in seguito con le aziende private ha svolto contemporaneamente questo compito affidatogli dall’imperialismo USA e ha fatto anche i suoi interessi.

   In Colombia i paramilitari hanno goduto un clima generale d’impunità, fino al gennaio 1989, quando un gruppo di uomini armati guidato dal famigerato narcotrafficante Alonso de Jesùs Baquero, si macchiò di un crimine dell’uccisione di 11 funzionari del potere giudiziario a La Rochela, che causò un’ondata di proteste internazionali e costrinse l’allora presidente Barco Vargas a “disconoscere” le organizzazioni paramilitari e a decretarne lo “scioglimento”, anche se nessuna misura fu intrapresa realmente per perseguirle e a recidere il legame con le forze armate.


   L’inchiesta sul massacro di La Rochela rivelò un altro particolare: alcuni dei membri del gruppo criminale erano stati addestrati da una ventina di mercenari Israeliani e da cinque “ex membri della SAS”, per le operazioni nella selva. [42]


   Quello di La Rochela non fu l’unico massacro effettuato da uomini addestrati dai mercenari israeliani e britannici. Il 4 marzo 1988, un gruppo di sicari assassinò venti raccoglitori di banane nelle fattorie Honduras e La Negra del distretto di Urabà; il mese successivo lo stesso gruppo paramilitare entrava a Turbo per sterminare un gruppo di lavoratori scampato alla strage di Urabà. Le indagini sui due massacri individuarono narcos, proprietari terrieri, ufficiali dell’esercito.


   Il gruppo di addestratori era guidato dal famigerato colonnello Yair Klein, già membro delle forze di élite di Israele. Nel 1985 dimessosi dalle forze armate, Klein aveva costituito una società di “consulenza militare” con lo scopo di vendere armi e fornire consigliere ai paesi terzi. Tra gli affari più grossi che questa società è stata la vendita di armi per due milioni di dollari a favore delle milizie falangiste libanesi.

   L’intervento di Israele in America Latina si sviluppata anche in Perù. Questo intervento contro la guerra popolare diretta dal PCP è stato denunciato in due documenti.


   Il primo documento è quello del Movimento Popolare Perù, organismo generato del PCP, che nel documento DENUNCIAMO ALLA OPINIONE PUBBLICA NAZIONALE E INTERNAZIONALE IL GRANDE GENOCIDIO CONTRO IL POPOLO ALLO SCOPO DÌ APPLICARE IL TRATTATO DÌ LIBERO COMMERCIO CON L’IMPERIALISMO YANQUI DÌ ANNIENTARE LA GUERRA POPOLARE del novembre 2009,[43] dice in maniera esplicita:
“COME PARTE DI QUESTO MAGGIORE INTERVENTO MILITARE DELL’IMPERIALISMO YANQUI, IL GOVERNO DI GARCÌA- GAMPIETRI CONTRATTA I SERVIZI DEI CONSIGLIERI MILITARI ISRAELIANI PER SVILUPPARE ANCOR PIÙ LA “LA GUERRA DI BASSA INTENSITÀ” DIRETTA DAL COMANDO SUD DEGLI SS.UU.


   L’equipaggiamento dei militari israeliani, comandati dal generale B. Ziv., consiglierà l’Esercito Peruviano su come affrontare il “narco-terrorismo” nella zona della Valle dei fiumi Apurìmac ed Ene (VRAE) e che questo lavoro impegneranno 12 milioni di dollari, leggiamo nel quotidiano “La primera” di Lima, 1 novembre 2009.


   Un militare a riposo ha avvertito che questi consiglieri potrebbero rientrare nel tentativo di stabilire “una testa di ponte” per “giustificare la presenza di una base di interdizione elettromagnetica” come parte dei “comandi cibernetici che i nordamericani stanno già installando in Sudamerica”, “ Così i nordamericani con l’aiuto del generale B. Zivnon necessiterebbero più di avere un forte contingente terreste, potrebbe bastare questa base cibernetica per mobilitare gli aerei dalle basi in Colombia o, se necessario, ai mercenari ‘comandanti del Blackwater’ per operazioni che non avrebbero nulla a che vedere con la lotta contro-sovversiva”. “Gli israeliani realizzarono opere di preparazione dello Stato Maggiore del Gruppo nazionale di Pacificazione, fecero lavori di addestramento militare nella selva, probabilmente nella base contro sovversiva di Mazamari, con pattuglie delle tre forze armate e raccomandarono l’acquisto di strumenti di intelligence elettronico e logistico. Il contratto che hanno firmato con il Ministero della Difesa è di 12 milioni di dollari”.


  
Questo significa che i “consiglieri israeliani” vanno a servire il piano egemonista e controrivoluzionario del padrone yanqui, servono alla lotta contro il Partito Comunista del Perù, contro la ribellione maoista in tutto il paese che cerca di forgiare un potente movimento antimperialista in Perù, America Latina e nel mondo.


   Lo Stato di Israele da tempo svolge il suo ruolo come strumento dell’imperialismo yanqui, anche in America Latina e nel Perù. E’ una triangolazione per eludere i suoi stessi controllori domestici dell’imperialismo yanqui sulla vendita di armi, sul dispiegamento di truppe e sulla preparazione ad operazioni sotto copertura all’estero. E nel recente caso del Perù, per dissimulare il suo intervento dietro “il commercio di assistenza da parte dell’impresario israeliano. Per questo, noi denunciamo l’attuale intervento yanqui contro il nostro popolo come la nuova guerra segreta del genocida Obama


  Quest’accentuazione della presenza militare imperialista yaqui e sionista in America Latina nasce come primo motivo per bloccare la guerra popolare in Perù diretta del PCP e come secondo motivo contenere le presenze degli altri imperialismi.


   Nel dicembre 2008 il presidente brasiliano Lula ha approvato dei cambiamenti nella Strategia della Difesa.[44] Varie brigate della fanteria sono in procinto di trasferimento dal Litorale verso la regione centrale di Planoalto con l’obiettivo di difendere l’Amazzonia. In questa regione saranno creati 28 nuovi posti di frontiera che si sommano ai 21 adesso già esistenti. L’esercito è previsto un aumento di 59.000 nuovi effettivi. Quest’aumento sarà focalizzato nella regione amazzonica, la cui difesa è il nodo strategico per il Brasile. Dal 2004 la spesa militare del Brasile è aumentata del 45%, senza contare i recenti acquisti di sottomarini, elicotteri e 35 caccia di ultima generazione. Secondo un’informazione di O Estado de Sao Paulo (25 aprile 2010), il Ministero della Difesa brasiliano ha consegnato alla forza aerea 12 elicotteri di attacco comprati dalla Russia destinati alla base aerea di Porto Velbo, in Rondonia, stato amazzonico al confine con la Bolivia. Sono i primi elicotteri da attacco che possiede e la prima spesa militare fatta con la Russia. In pochi giorni, quando ha annunciato l’accordo con la Francia per costruire 36 caccia Raphale, quasi tutti in Brasile, si sarà completato un profondo cambiamento verso la creazione di un complesso militare industriale autonomo.


   Che questo sia un segno tangibile di conflitto interimperialistico per il controllo dell’America Latina, si può desumere dall’edizione del Diario del Pueblo (28.10.2010) dedicata alla crescita della marina da guerra cinese e del suo dispiegamento nel Pacifico occidentale. Le relazioni nel Pacifico stanno cambiando, il rafforzamento in atto delle forze navali degli USA in questa regione è causato dalla scalata militare cinese. In America Latina una giovane potenza imperialista si sta preparando a sostituire, anche sul piano militare, il decadente imperialismo USA.


   Tornando alla presenza sionista in Perù la seconda denuncia viene da un documento del Comitato Centrale del PCP[45] 4°dell’aprile 2010: “Hanno contrattato con consiglieri israeliani, la CIA non è bastata; il Mossad dice: servono per la lotta antisovversiva elicotteri notturni con più potenza di fuoco, questo richiede più soldi dal parlamento, hanno cambiato le funzioni dei giudici nelle zone di emergenza, ora lo fa direttamente la polizia e c’è una nuova legge – la cosiddetta “dell’impunità” con la quale la polizia è autorizzata a sparare senza rispondere per questo”.


   Qui ci sono due aspetti: il primo è quello della legislazione antisovversiva che ricorda quella dei territori palestinesi occupati e la seconda quello degli elicotteri notturni.


   Questi elicotteri ufficialmente per scopi “antisovversivi”, in realtà sono per scopi di controllo e forse per qualcosa di più tremendo. Questi elicotteri sono stati visti a Lima dal 2008, dove giravano in cerchio attorno alle aree più popolate. Dopo che sono passate sopra le case delle persone benestanti, gli abitanti cominciano ad acquistare medicine (che è escluso per la maggioranza della popolazione di Lima).


   Ora le forze di polizia hanno la capacità tecnica per rintracciare persone da elicotteri: sono in grado di vedere elettronicamente la loro firma del DNA sullo schermo di un computer. Questo è uno dei motivi perché nei vari paesi si è desiderosi di raccogliere un campione di DNA, dalle salive in ogni occasione. In seguito il DNA è digitalizzato ed entra nelle banche dati informatiche governative e può essere monitorato o usato per torturare le persone.

   In questi ultimi anni si è accentuato il processo d’integrazione tra strategie israeliane e NATO.


   Nell’aprile 2001 Israele firma al quartier generale della Nato a Bruxelles l’accordo di sicurezza, impegnandosi a proteggere le informazioni classificate che riceverà dalla cooperazione militare.

   Nel giugno 2003 il governo italiano stipula con quello israeliano un memorandum d’intesa per la cooperazione nel settore militare che prevede tra l’altro lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema di guerra elettronica. Nel febbraio 2005 il segretario generale della Nato compie la prima visita ufficiale in Israele, dove incontra le massime autorità militari israeliane per “espandere la cooperazione militare”. Nel marzo dello stesso anno si svolge la prima esercitazione navale congiunta Israele – Nato. In giugno, la marina Israeliana partecipa a un’esercitazione Nato del Golfo di Taranto. In luglio le truppe israeliane partecipano a un’esercitazione Nato “antiterrorismo” che si svolge in Ucraina. Nell’ottobre del 2006, Nato e Israele concludono un accordo che stabilisce una più stretta collaborazione israeliana al programma Nato “Dialogo mediterraneo”, il cui scopo è “contribuire alla sicurezza e stabilità della regione”. In tale quadro “Nato e Israele si accordano sulle modalità del contributo israeliano all’operazione marittima Nato Active Endeavour”. Israele è così premiato dalla Nato per l’attacco e l’invasione del Libano. Le forze navali Israeliane, che insieme con quelle aeree e terrestri hanno appena martellato il Libano con migliaia di tonnellate di bombe facendo stragi di civili, sono integrate nelle operazioni Nato che dovrebbe combattere il “combattere il terrorismo nel Mediterraneo “.


   Il 2 dicembre 2008, circa tre settimane prima del criminale attacco a Gaza, la Nato ratifica il “programma di cooperazione individuale” con Israele. Esso comprende “controterrorismo”, tra cui scambio d’informazioni tra i servizi segreti; connessione di Israele al sistema elettronico Nato; cooperazione nel settore degli armamenti, aumento delle esercitazioni militari congiunte Nato – Israele; allargamento della cooperazione nella lotta contro la proliferazione nucleare (tutto da ridere, perché Israele è l’unica potenza nucleare della regione, non solo, ha rifiutato di firmare qualsiasi trattato di non proliferazione). L’11 gennaio 2009, due settimane circa dopo l’attacco criminale delle forze militari a Gaza con il relativo massacro della popolazione civile, il segretario generale della Nato si reca in visita ufficiale in Israele nell’ambito del “Dialogo mediterraneo” (l’umorismo è molto diffuso negli alti vertici militari). Nel suo discorso ribadisce che “Hamas, con i suoi continui attacchi di razzi contro Israele, si è addossato la responsabilità delle tremende sofferenze del popolo che dice di rappresentare”.


   Nell’ambito della cooperazione Nato – Israele, l’Italia è centrale.


   La cooperazione militare Italia – Israele è stabilita dalla legge n. 94 del 17 maggio 2005. La cooperazione tra i ministeri della difesa e le forze armate dei due paesi riguarda l’importazione, l’esportazione e il transito di materiali militari, l’organizzazione delle forze armate, la formazione/addestramento. Sono previste a tale scopo riunioni dei ministri della difesa e dei comandanti in capo dei due paesi, scambio di esperienze fra gli esperti, organizzazione delle attività di addestramento e delle esercitazioni. In tale quadro, quando nel marzo 2005, ci fu la prima esercitazione congiunta Nato – Israele nel Mar Rosso, a guidare la flotta era la marina italiana. Chissà se in quell’occasione si esercitarono ad assaltare anche le navi disarmate dei pacifisti.


   E in questo quadro di rafforzamento imperialista nell’area del Mediterraneo e del Medio Oriente, a Sigonella, il 20 gennaio 2009 quando tutti gli occhi dei media sono puntati all’inauguration day di Obama, s’inaugura il sistema Nato Ags.

   Questo sistema, spiega il comunicato ufficiale[46] servirà a sorvegliare non il territorio Nato, ma il “terreno”, fornendo importanti funzioni “prima e durante le operazioni Nato” in altri paesi. Esso sarà “uno strumento chiave per rendere più incisiva la Forza di risposta della Nato (Nrf)”: poiché deve fornire il quadro dettagliato del territorio da occupare, permettendo anche di “individuare e prendere di mira veicoli in movimento”. Ciò sarà reso possibile da vari tipi di piattaforme aeree e stazioni di controllo terrestri. Si tratta del più sofisticato sistema di spionaggio elettronico, finalizzato non alla difesa del territorio della Nato, ma potenziamento della sua capacità offensiva “fuori aerea”, soprattutto quella mediorientale.

   Bisogna capirsi, perché quando si parla del ruolo internazionale di Israele e del sionismo, so benissimi che si rischia di scadere nel complottismo più deteriore e reazionario, del tipo “protocolli dei saggi anziani di Sion” e robacce del genere.


  Quando dico che Israele è un ingranaggio della controrivoluzione mondiale, non intendo dire che Israele è uno strumento passivo di essa, e che l’imperialismo non è senza contraddizioni. Anzi tutto il contrario. Perciò quando si parla dell’influenza della Lobbie sionista, si deve intendere dell’attività di un gruppo di capitalisti di diversi paesi, che hanno in comune l’origine ebraica, nel cercare di influenzare l’attività degli USA (come di altri paesi imperialisti) e che partecipano, di fatto, attivamente a determinarne l’orientamento.


   Perciò quella frazione borghese, denominata Lobbie sionista, cerca di influenzare la politica USA e per questo entra spesso in conflitto con gli imperialisti rivali (come l’Europa) e con altre frazioni borghesi interne (o esterne) agli Stati Uniti.

GLI ORGANISMI OCCULTI DEL POTERE

   Per cercare di capire l’esistenza di organismi occulti che cercano di influenzare la vita economia, politica e culturale, bisogna partire dal fatto che dalla fine del XIX secolo è il periodo dove il capitalismo comincia a entrare nella sua imperialista, in cui la borghesia da forza rivoluzionaria rispetto ai modi di produzione precedenti (ed alle forme politiche che corrispondevano a essi), che combatteva per la libertà di vivere e lavorare dove meglio credeva, diventa una classe reazionaria che, pur di difendere i suoi meschini privilegi, impedisce alla gran parte degli esseri umani di realizzare uno o più dei loro diritti naturali come attualmente si vede dall’utilizzo degli apparati repressivi statali per negare la libertà di movimento a milioni di migranti che sono costretti a reclamarla anche a costo della vita.

   E proprio in questa fase che nascono nuove forme di controllo e di repressione, alimentate da specifici pregiudizi e che sono alimentate da apposite costruzioni culturali.

   E in questo periodo che si sviluppano interpretazioni arbitrarie della biologia che vorrebbero stabilire che alcuni popoli sono superiori e altri inferiori (razzismo) e che alcuni individui sono superiori e altri inferiori (come l’eugenetica).

   E come si diceva prima si comincia a teorizzare che i leader sono geneticamente destinati a comandare e che ciò che vale per un individuo vale per un gruppo, un popolo, una nazione.

   Tutte queste ideologie che hanno una base comune, ebbero la funzione di dare una base culturale ai lager nazisti.

   Se questa affermazione potrebbe sembrare esagerata, prendiamo come esempio l’eugenetica.

   Il termine eugenetica significa “la buona specie” fu coniata nel XIX secolo da Francis Galton (che tra l’altro era un parente di Charles Darwin), il quale sentiva “l’obbligo morale” di incoraggiare coloro che erano forti e sani a fare tanti figli con il fine di “migliorare” l’umanità e che l’incrocio selettivo degli adatti poteva portare alla razza superiore, come si concepiva all’epoca l’aristocrazia inglese. Nella stessa epoca Herbert Spencer sviluppò “l’evoluzione della psicologia” teorizzando che molte persone erano biologicamente imperfette e degne solo di una morte molto veloce.

   Dal 1907 al 1973, negli USA percorrendo l’eugenetica nazista, 24 stati autorizzarono la sterilizzazione coatta di pazienti di ospedali psichiatrici, di condannati per crimini sessuali, di “imbecilli”, di “individui moralmente depravati”, di epilettici. La maggioranza di queste persone erano immigrati slavi, ebrei, e soprattutto neri.

 Così, gli Stati Uniti sono stati il primo paese al mondo ad autorizzare la sterilizzazione con finalità eugenetiche. Nel 1907 lo Stato dell’Indiana approvò, infatti, la prima legge per la sterilizzazione di pazienti ricoverati in istituzioni psichiatriche.

   Negli USA gli eugenisti sostenevano che il paese si stava deteriorando a causa della qualità dei geni della popolazione statunitense, e per questi motivi richiedevano interventi politici per incrementare il numero di individui dotati di “geni buoni”. La riscoperta della legge di ereditarietà di Mendel agli inizi del XX secolo aveva aperto la strada della genetica che oggi conosciamo. Tuttavia, queste stesse basi scientifiche che indicavano le leggi di ereditarietà negli organismi viventi inclusi gli esseri umani divennero presti un potente sostegno per il movimento eugenetico che l’utilizzò per affermare l’inferiorità di alcuni gruppi etnici e classi sociali.

   Se si vuole capire perché gli USA furono i pionieri della sterilizzazione, bisogna partire tra gli scheletri negli armadi delle lobby interessate alla conservazione della natura (è proprio vero che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni). Su tutti emerse il circolo formato da scienziati, economici e politici del professor Henry Fairfiled Obsorn. I membri più importanti del circolo di Obsorn (come T. Roosevelt che divenne in seguito Presidente della repubblica stellata) fondarono nel 1887 il Bonne and Crockett Club (B&C) che costituì la prima associazione conservazionista degli USA ed ebbe un ruolo fondamentale nel sostenere sia il Museo Americano di Storia Naturale, il parco zoologico di New York e la Lega di Difesa della Foresta Rossa a San Francisco che i movimenti eugenetici di restrizione dell’immigrazione. In un’epoca sempre più secolarizzata, la natura diviene un surrogato di Dio, tanto che per il presbiteriano Obsorn natura e Dio sono pressoché la stessa cosa.

   Per tanti anni, il cuore del movimento eugenetico americano fu l’Eugenetics Record Office, allestito nel 1910 a Gold Spring Harber (che è lo stesse centro che attualmente ospita – guarda caso – l’Uman Genome Project, per la ricerca sul geoma) sovvenzionato da Mary Harrimann. Mary era la moglie di Edward, il magnate delle ferrovie, e la madre di Averel, l’industriale che nel 1921 decise di ripristinare il corridoio di navigazione tedesco Hamburg-America Line, la più grande linea di navigazione negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale. Nel 1926 accolse nella sua ditta un socio il cui nome divenne in seguito famoso: Prescott Bush, padre di presidente e nonno di un altro.

   Con tutta probabilità l’americano che dopo il 1933 ha maggiormente influenzato l’eugenetica tedesca, è stato Harry Laughlin, con il modello di legge per la sterilizzazione e l’eugenetica del 1922 che condusse alla sterilizzazione do almeno 20.000 americani. La legge di Laughlin fu presa come modello dalla Germania nazista.

   E prima dell’eugenetica ci furono le teorie di Malthus che sostenevano che la causa delle miseria era che produzione non bastava per tutti poiché esiste la sovrappopolazione. Le posizioni di Malthus si riallacciavano alla legge dei rendimenti decrescenti di Smith e Ricardo. Questa legge prevedeva l’incremento costante dei prezzi dei prodotti agricoli e delle materie prime, rispetto alle quali, i salari diminuivano, il che a sua volta provocava l’impoverimento della classe operaia e il peggioramento sistematico del suo livello di vita con il trascorrere del tempo. Per questa via il sottoconsumo di Sismondi coincide con il consumismo dei maltusiani: “E’ da questa teoria di Malthus che nasce tutta questa concezione sulla necessità che esista e si sviluppi senza sosta il consumo improduttivo, concezione che trova uno zelante propagandista in questo apostolo della sovrappopolazione per mancanza di mezzi di sostentamento”.[47]

   Con l’aggiornamento e lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, i pretesi cultori della discriminazione sociale cercano sempre nuovi appigli.

   Lombroso discrimina i popoli e gli individui riferendosi essenzialmente a caratteristiche anatomiche. In seguito si cercherà di discriminare su basi fisiologiche, poi su basi biochimiche.

Altri modi per tentare di distinguere individui e popoli in superiori e inferiori (concetto indispensabile all’imperialismo) sono legati a metodologie storiche e psicologiche.

   Ora non c’è da meravigliarsi che in quest’epoca storica nascano società segrete che si ispirino a una dottrina che proclami la missione di un popolo.

   Un esempio di questo tipo di società è stato senzadubbio il The Group.

   The Group era il nome di un’esclusiva entità sorta in Inghilterra negli anni Novanta dell’Ottocento, nota anche come The Society of the Elect (La società degli eletti). A crearla tra il 1890 e il 1891 furono Cecil John Rhodes fondatore della colonia che prese il nome di Rhodesia, William Stead e Lord Esher. L’obiettivo di lungo termine di questi personaggi, era quella di assumere il controllo totale dell’impero britannico, degli Stati Uniti d’America e conseguentemente del mondo intero. Rhodes era considerato il principale teorico dell’imperialismo britannico e della superiorità della razza anglosassone. Riteneva che l’uomo bianco di lingua inglese, aveva il sacrosanto diritto di imporre il suo dominio sull’intero pianeta. Questo vero e proprio “cerchio magico” che decideva tutto, ed era, nei fatti, un gruppo esclusivo con base a Londra, una congrega ristretta e ossessivamente consacrata alla conquista e alla conservazione del potere su scala mondiale. I potenti membri del Group, sapevano bene che la Germania guglielmina stava rapidamente superando l’imperialismo britannico in settori vitali come la tecnologia, la scienza, l’industria e il commercio su scala mondiale. Inoltre, stava minacciando gli interessi inglesi in Medio Oriente e nel Golfo Persico, tramite l’alleanza strategica tra il Reich tedesco e l’impero ottomano[48].

   Erano una cinquantina di personalità di primissimo piano che componevano la Società degli eletti, The Group, nel periodo tra il 1890 e gli anni Venti del novecento. Eccone alcune: Edoardo VII, principe del Galles e re d’Inghilterra dal 1901 al 1910; Lord Nathaniel Mayer Rothschild (1840-1915), primo barone di Rothschild; Winston Churchill. A sua volta The Group controllava The Secret Society[49] un congrega aperta a un maggior numero di affiliati.

   Nell’Inghilterra vittoriana nell’ambiente dell’Università di Oxford intorno alla figura di John Ruskin, un critico estetico, riformatore sociale e nonché un profeta politico, si raccolse un gruppo di persone imbevute di teorie che avevano come obiettivo, secondo le parole di Ruskin: “Il mio scopo costante è stato quello di mostrare l’eterna superiorità di alcuni uomini su altri”.[50]

   Nel 1891 un gruppo di discepoli oxoniani imbevuti di tali dottrine – tra i quali spicca l’energico uomo d’azione e di affari Cecil Rhodes, fondatore della colonia che prese il nome di Rhodesia – avrebbe costituito una società segreta caratterizzata da una fanatica vena di pananglismo razzista; imporre al mondo il predominio britannico, tale programma nato nella tradizionale atmosfera del Rule Britannia, ma animato da un affatto nuovo, che dalla nazione sposta l’accento alla razza, postulando l’esigenza di un’alleanza tra le nazioni di razza anglosassone. Dopo la morte di Rhodes un’altra figura di proconsole sudafricano, lord Alfred Milner, organizza una cerchia esterna, la Rounde Table, che deve assicurare alla società segreta, di cui non si conosce il nome (che forse, per maggior segretezza, si evitò di coniare) un ambiente di “simpatia” e di fattiva collaborazione. Nel 1914 funzionano gruppi di Round Table in Inghilterra, Sud Africa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, India e Stati Uniti. Il coordinamento della loro attività intellettuale vie assicurata per mezzo di un organo trimestrale, The Round Table, che esce completamente anonimo, allo stesso modo della rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica; analogia non casuale, se si pensa che la Compagnia di Gesù costituiva il modello organizzativo di Cecil Rhodes.

   Alla fine della prima guerra mondiale, quando ormai è chiaro che gli Stati Uniti sono destinati ad assumere un’importanza sempre più grande nel concerto mondiale, il gruppo americano della Round Table offre la piattaforma per la creazione del Council of Foreign Relations (CFR) delineato nei colloqui anglo-americani di Parigi, che assume il compito contrastare la tendenza isolazionista della borghesia americana (e della sua influenza nell’opinione pubblica degli Stati Uniti) e indirizzare la politica estera del governo statunitense nel senso voluto dalla società segreta, nel senso cioè di una affermazione planetaria della razza anglosassone.

   È dagli ambienti gravitanti intorno al CFR è derivato l’impulso per l’intervento degli USA nel secondo conflitto mondiale, ed è dagli stessi ambienti che viene impostata la strategia della cosiddetta guerra fredda, che sarebbe stata abbandonata n seguito constatazione della sua sterilità. Risultando impossibile abbattere in modo frontale il campo socialista, è dai cervelli del CFR che nasce la strategia alternativa, basata sull’indebolimento dei paesi socialisti, che l’avvento del revisionismo ha portato nel Movimento Comunista Internazionale e nei paesi socialisti ha comportato, il cui sgretolamento era assicurato dalla penetrazione commerciale occidentale e dal contagio ideologico rappresentato dagli eurocomunisti (i partiti comunisti dell’Europa occidentale).

   Altre società più o meno segrete nate verso la fine del XIX secolo c’è la Golden Dawn (più precisamente Hermetic Order of the Golden Dawn, in italiano Ordine Ermetico dell’Alba Dorata). I tre fondatori erano i massoni britannici William Robert Woodman, William Wynn Westcott e Samuel Liddel MacGregor Mathers che tra l’altro erano membri della Societas Rosicruciana in Anglia (S.R.I.A.).

   Accanto a essa, bisogna ricordarsi anche l’Ordo Templi Orientis (OTO), società fondata da massoni tedeschi, che fu presa in mano dal famoso mago e occultista Crowley, che la trasformerà profondamente, utilizzandola come veicolo per quella sua filosofia “magico-libertaria”, che ebbe un grande influsso negli anni ‘60/’70 sulla cultura “alternativa”, degli hippie e in seguito nella New Age.

   Tuttavia, la più nota fra le realtà neospiritualiste che ispirerà il pensiero mondialista è la Società Teosofica.

   La Società Teosofica è nota ed è inscindibile da quella della sua fondatrice, Elena Petrovna Blavatsky, nata in Russia nel 1831 da genitori tedeschi e fuggita a 16 anni da quel paese (e da un matrimonio con un ufficiale). La sua vita sarà costantemente costellata da contatti con personaggi di varia e spesso enigmatica provenienza, tra cui non mancheranno molti frequentatori di logge massoniche. Massone, era il colonnello americano Henry S. Olcott, con il quale la Blavatsky creò a New York, nel 1873 la Società Teosofica, una sorta di parareligione sincretista, che univa elementi di Oriente e d’Occidente in una sorta di meeting post spiritualista.

   Questa funzione “strumentale” della Blavatsky, all’interno di complesse vicende dai risvolti non sempre chiari, sembra evidenziarsi soprattutto a partire dai suoi primi viaggi in India (1878), che all’epoca era sotto dominio britannico. In India, la funzione della Società teosofica sarà non solo quella di elaborare una sorta di neo-orientalismo esportabile in Occidente, ma anche, quella di occidentalizzare l’Induismo. Lo storico indiano R. Mukerjee inserisce la Società teosofica fra le quattro organizzazioni che maggiormente hanno lavorato per trasformare la tradizione indù in una forma più in sintonia con la mentalità occidentale, elaborando una sorta di “protestantesimo indù[51]. Non a caso, uno dei più stretti collaboratori della Società teosofica in India, Dayananda Saraswati, sarà noto nella sua terra con il soprannome di “Lutero indiano[52] Un’operazione culturale, questa, che sembra avere avuto aiuto diretto dello stesso governo britannico, che allora (e non bisogna scordarsi) era sotto il suo dominio, ed era interessato alla creazione di una “forma di spiritualità” che potesse essere condivisa dagli occupanti e dai colonizzati.[53]

   In Occidente, il ruolo della Società teosofica sarà quella di creare una nuova religiosità sulle rovine del cristianesimo: “Il nostro scopo non è di restaurare l’Induismo, ma di cancellare il Cristianesimo dalla faccia della Terra”.[54]

   Lo stesso obiettivo, sarà ribadito anche dal successore della Blavatsky, Annie Besant, che nel discorso di chiusura al Congresso dei Liberi Pensatori tenutosi a Bruxelles nel 1880, affermerà: “Innanzitutto combattere Roma e i suoi preti, lottare ovunque contro il Cristianesimo e scacciare Dio dai cieli!”.

   Alice Bailey, fondatrice nel 1920 dell’associazione Lucifer Truts, il cui nome è stato poi cambiato in Lucis Truts, affinché il riferimento a Lucifero (che per il Teosofismo è un’entità positiva, presiedente all’evoluzione dell’umanità) non ferisse la sensibilità dei “profani”. Oggi la Lucis Trust è membro del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, il cui debito ideologico è stato pubblicamente riconosciuto nel 1948 dall’allora assistente del Segretario generale delle Nazioni Unite, il belga Robert Muller.

   Alice Bailey, è stata tra quelli che hanno promosso quell’ideologia dell’Era dell’Acquario che, a partire dalla cultura hippie degli anni ’60 fino alla New Age, ha costituito un vero e proprio annuncio profetico del “nuovo mondo”. Secondo la Bailey, infatti, l’Età dell’Acquario sarebbe destinata a sostituire la vecchia Età dei Pesci (dominata dal cristianesimo) con una Nuova Era di riunione fra i popoli e fra le religioni, sotto il controllo delle organizzazioni internazionali. Quest’obiettivo si realizzerà, secondo la Bailey con un’opera volta a trasformare la coscienza di massa: “Segno della magia del settimo grado sulla coscienza di massa, è l’uso crescente di slogan per ottenere certi risultati e spingere gli uomini a certe azioni collettive”.[55] Cosa non è quest’affermazione se non dare dignità teorica alla manipolazione delle menti delle persone?

   Tutte queste realtà visibili, tuttavia, sembrano essere più che altro la punta dell’iceberg di un mondo complesso e sotterraneo, di cui è difficile farsi un’idea. In definitiva, per quanto riguarda le organizzazioni e i gruppi visibili, non ha torto René Guénon, quando afferma un giudizio sulla Blavatsky: “Si può legittimamente concludere che M.me Blavatsky fu soprattutto, nel bel mezzo delle circostanze, un “oggetto” o uno strumento nelle mani di individui o di gruppi occulti che si facevano scudo della sua personalità, allo stesso modo di altri che a loro volta furono strumenti nelle sue mani”.[56]

   I principali esponenti di queste società esoteriche non erano che agenti dei Servizi dell’intelligenze britannica a cominciare da Theodore Reusse (Oto), Aleister Crowley (Oto), Arnold Krumm-Heller (Fra) e Rudolf Steiner[57] (Società Teosofica). L’ Ordine Ermetico dell’Alba Dorata, era un’entità esoterica di primo livello, ma soprattutto un potente gruppo di influenza e un fondamentale strumento di spionaggio al servizio dell’impero britannico. Puntava, infatti a infiltrarsi nelle classi dirigenti delle principali nazioni occidentali per condizionarne da dietro le quinte le politiche governative, economiche e finanziarie.

BILDERBERG: COMPLOTTISMO O ANALISI DI CLASSE

   Senza dubbio tra i motivi che tendono a suscitare la curiosità del pubblico sul Bilderberg e contribuisce all’alone di mistero che lo circonda, è dovuto alla segretezza sui contenuti dei dibattiti, nonché la presenza a questi dibattiti del Ghota economico e politico di USA e Europa Occidentale. La ragione principale è però riconducibile alla sempre più diffusa percezione di impotenza dal parte del cosiddetto “cittadino comune” nei confronti di un economia e di una politica che sfuggono alla sua comprensione. Una crisi economica cominciata alla metà degli anni ’70 e sembra non finire mai (anzi si accentua), il potere astrato e sfuggente dei mercati finanziari, la stessa vicenda dei debiti pubblici e dell’euro, con le conseguenze devastanti sulle condizioni di vita e di lavoro di centinaia di milioni di lavoratori, favoriscono la sensazione dell’esistenza di forze oscure e incontrollabili. Una testimonianza evidente di questo stato psicologico di massa può essere individuato nella fortuna di romanzi alla Dan Brown e di innumerevoli saggi su massoneria, sette segrete, tra cui gli Illuminati (che vengono collegati al Bilderberg), e chi ne ha più ha ne metta.  In un clima come questa, diventa facile, ad attribuire le cause di quanto sta succedendo all’esistenza di complotti e di gruppi che, come una specie di grande cupola, reggono un “nuovo ordine mondiale”.

   Questo tipo approccio, fortemente dominante a livello mediatico, limita la comprensione della natura e del ruolo di organizzazioni come il Bilderberg e la Trilaterale. E, in definita, anche la consapevolezza della loro pericolosità, poiché diventa facile derubricare le critiche come fantasie complottiste oppure come critiche folk di qualche giornalista a caccia di scoop.

   Il Bilderberg è una delle organizzazioni, tra le più importanti, della classe capitalistica internazionale. Negli anni ’90 ci fu il fenomeno denominato “globalizzazione”. Sarebbe più corretto dire si stava attuando la mondializzazione del Modo di Produzione Capitalistico (formazione di un unico sistema capitalista mondiale, esteso a tutti i paesi, che è andata ben oltre la fase dell’internazionalizzazione del MPC – anni ’70 – in cui ai paesi semicoloniali si sono aggiunti gli e paesi cosiddetti “socialisti” o che ancora si definiscono tali come la Cina, nel ruolo di fornitura di materie prime e semilavorate e di produzione di manufatti a bassi salari e senza alti costi concernenti la sicurezza e alla protezione dell’inquinamento) nelle fusioni e aggregazioni che crearono grandi imprese produttive mondiali[58] nell’ulteriore sviluppo della finanziarizzazione e della speculazione.

   Questo processo di accumulazione capitalista (e del relativo allargamento del proletariato) ha avuto un carattere mondiale, diseguale e combinato. Alcuni paesi ne restavano fuori, o a lato, come se fossero elementi a sé stanti e non invece parte integrante di un tutto unico, di un’unica divisione del lavoro in via di una formidabile ristrutturazione, che vedeva l’ascesa delle piccole tigri asiatiche, della Cina e di altri paesi emergenti, l’enorme ampliamento del mercato del lavoro planetario, le trasformazioni in corso in campo tecnologico, produttivo, organizzativo come risposta del capitale globale (quello vecchio e quello nuovo) alla propria crisi.

   Il rilancio produttivo dell’ultimo trentennio (stentato in Occidente, poderoso, in larga parte dell’Asia) è stato trainato dalla formazione di un mercato internazionale dei capitali sempre più integrato e deregolamentato pre mano dei grandi stati. 

   Dall’avvio di questa nuova fase – l’ultima del capitalismo, quella della mondializzazione del MPC, gli investimenti diretti verso l’estero sono passati dai 58 miliardi di dollari del 1982 agli 1.833 miliardi di dollari del 2007, 500 dei quali nei paesi “in via di sviluppo” (140 nella sola Cina inclusa Hong Cong).

   I tassi di crescita sono stati: + 23,6% nel periodo 1996-1990, + 22,1% nel periodo 1991-1995, + 39,9% nel periodo 1996-2000 e nel 2006 + 47,2%, questo gigantesco afflusso di capitali ha creato come si diceva prima una mondializzazione industriale.

   Con un forte aumento dei reparti produttivi collocati in Asia, in America Latina. Nel periodo tra il 1982 e il 2007 i dipendenti delle filiali all’estero delle multinazionali sono balzati d 21 milioni e mezzo e 81 milioni e 615.000.

   Tutto ciò ha portato, per quanto riguarda la collocazione del proletariato industriale mondiale, che, nel 2008 la grande maggioranza degli operai addetti all’industria è al di fuori degli Stati Uniti, dell’Europa e del Giappone.

   Nella sola Cina vi sono attualmente 100 milioni di lavoratori dell’industria, 50 milioni di addetti all’edilizia, 6 milioni di minatori, 20-25 milioni di lavoratori dei trasportatori. Dal 1996 al 2006 la totalità della crescita occupazionale industriale mondiale si è realizzata fuori dai paesi OCSE.

   Nei primi 5 anni del XXI secolo Brasile, Cina, Russia e India hanno creato 22 milioni di nuovi posti di lavoro l’anno complessivamente 110 milioni (molti dei quali nell’industria). Questi addetti all’industria lavorano in media 9-10 ore al giorno, se non di più. La grande maggioranza di loro riceve paghe, nettamente inferiori alla media mondiale dei salari industriali degli anni ’70. Questa tendenza di fondo è in atto anche per i lavoratori dei paesi imperialisti, statunitensi in testa, che sempre in questo periodo hanno visto venire meno le garanzie occupazionali e il salario ridotto sempre più all’osso.

   Questa fase della cosiddetta “globalizzazione” è stata caratterizzata da una riduzione del costo medio della forza-lavoro su scala mondiale, realizzata in misura non secondaria con l’immissione massiccia di forza-lavoro femminile, e, insieme per l’effetto di una forte crescita della produttività del lavoro, specie nei paesi di nuova industrializzazione. Con una formula sintetica si può dire: la massa degli operai (e anche dei tecnici) dell’industria di oggi lavora a orari di fine ottocento (o che comunque si stanno allungando di continuo), con salari da inizio novecento e una produttività da era informatica, o quasi. Questo rilancio capitalistico si è avvalso, infatti, sia dell’estensione della meccanizzazione e della robotizzazione dei processi produttivi alle imprese produttive dei nuovi continenti, che di una nuova rivoluzione tecnica informatica e digitale capace di abbattere i costi di una serie di operazioni amministrative delle aziende, dalla contabilità agli acquisti, dagli inventari alla gestione dei subappalti, dalle comunicazioni esterne a quelle interne. Per non parlare, poi, di quanto si sono ridotti, grazie alle nuove tecnologie, i costi della circolazione delle merci di una circolazioni delle merci fattasi quanto mai veloce, e quelli direttamente quanto mai veloce, e quelli direttamente al processo di produzione.

   Con la mondializzazione del Modo di Produzione Capitalistico il Capitale ha raggiunto la sua fase transazionale, in sostanza ha raggiunto uno stadio di evoluzione dove la sua caratteristica specifica è l’estrema mobilità settoriale e territoriale, in cui sia l’attività di investimento sia la sua stessa composizione proprietaria sono multinazionali. Ad esempio, nelle prime 30 imprese tedesche solo il 37% del capitale è in mano a capitalisti tedeschi. Caratteristica principale di   questa frazione di classe è l’estrema interconnessione, non solo tra banche e imprese, ma anche tra settori economici diversi, e soprattutto tra capitali di diversa provenienza nazionale. Gli stessi consigli di amministrazione sono interconnessi, grazie alla presenza dei cosiddetti iterlocker (inglesismo per definire consigli di amministrazione intrecciati), di top manager, e azionisti che siedono contemporaneamente in diversi consigli di amministrazione. Questi soggetti sono come i nodi di una rete; non a caso molti studiosi definiscono il Bilderberg come un Network. Del resto, come ha ricordato Gramsci, la forma organizzativa tipica del capitale non è certo quella del partito organizzato (anche se ha la necessità di controllare i partiti di massa per imporsi), ma quella del gruppo informale. Dunque, se il capitale è strutturalmente interconnesso su base transnazionale, anche i suoi agenti singoli, lo sono. Di conseguenza, anche la loro organizzazione tipica non può che essere internazionale. Il Bilderberg, la Trilaterale, l’Aspen Institute rappresentano la concretizzazione di questo tipo di ideale. In particolare, il Bilderberg è l’organizzazione di una parte del settore specifico di questa borghesia, quello atlantico, che fa riferimento alla NATO. Non è un caso: gli USA e l’Europa Occidentale sono due aree fortemente interconnesse tra loro ed egemoni. I giapponesi e le borghesie orientali (compresa la borghesia cinese) sono stati tenuti fuori dal Bilderberg. Negli anni ’70, fu creata la Trilaterale, che spesso comprende le stesse personalità europee, statunitensi e canadesi del Bilderberg alle quali, oltre a quelle giapponesi, ogni anno si aggiungono quelle di nuovi Paesi asiatici.

   Naturalmente l’integrazione sovranazionale non deve essere confusa con l’esistenza di una sorta di supercapitalismo o di Impero alla Toni Negri privo di contraddizioni. Il capitale non sarebbe tale se non fosse molteplice e ineguale e quindi, se non ci fosse una concorrenza tra capitali. La fase transnazionale non è neanche la fine degli Stati-nazione, per lo meno di quelli più forti e imperialisti. È la fase dell’aumento della concorrenza tra capitali, tra aree valutarie (pensiamo quella fra dollaro ed euro) e tra Stati. Così come è la fase della accentuazione della lotta di classe, quella del capitale contro il proletariato.

   Se ci si chiede a cosa serve il Bilderberg bisogna vedere la composizione del suo comitato direttivo e, meglio ancora, la composizione degli invitati ai suoi meeting. Nel comitato direttivo prevalgono esponenti della finanza e dell’industria, poiché lo statuto prevede che politici non carica non possano farvi parte. Diversa è la situazione nei meeting annuali. I partecipanti al meeting del 2015 erano 138, suddivisi in tre categorie principali: la prima è quella che fa riferimento agli agenti diretti del capitale. Cui appartengono ben 65 personalità, di cui 28 afferenti a società finanziarie (banche, assicurazioni, società d’investimento), 29 a oligopoli e monopoli industriali, (energia, estrazioni minerarie, metalmeccanica, chimico-farmaceutica, informatica ecc.), e 8 a grandi network editoriali della Tv e della carta stampata. La seconda è quella delle politiche e delle istituzioni statali e interstatali con 38 persone. Si tratta di personaggi di primissimo piano, tra cui primi ministri, ministri dell’economia e degli esteri, membri della Commissione Europea, tra i quali Barroso e di organismi sovranazionali, come Christine Lagarde del Fondo Monetario Internazionale. Infine, abbiamo 28 persone che appartengono a think tank (10), Università (12), centri di ricerca e società di consulenza globali. Quasi tutti questi istituti sono legati a grandi corporation, parecchi sono americani e appartengono all’area neoconservatrice. Per dirla con Gramsci, si tratta del “meglio” dell’intellettualità organica al capitalismo internazionale.[59]

   La funzione del Bilderberg è quindi quella di riunire gli esponenti di punta del capitale mondiale con i principali decision maker politici. La presenza di queste due categorie contemporaneamente legittima l’idea che le riunioni siano l’occasione di definire linee guida generali da implementare con decisioni politiche a livello nazionale e sovranazionale. A quali principi s’ispirano linee guida è facile intuirlo. Sono quelli diventati egemoni negli ultimi 30 anni a partire dal tatcherismo e dalla reaganomics: mercato autoregolato, autonomia delle banche centrali, riduzione dello “stato sociale”,[60] privatizzazioni, deregolamentazione del settore bancario, dei mercati finanziari e del mercato del lavoro e soprattutto governabilità eretta a principio del funzionamento della democrazia (quella borghese ovviamente).

   Un esempio lampante, di tutto ciò inerente al discorso della governabilità, lo si ha quando nel maggio del 2013, Jp Morgan, storica società finanziaria (con banca inclusa) statunitense, pubblicò un documento che diceva tra l’altro[61]: “I sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche inadatte a favorire l’integrazione. C’è forte influenza delle idee socialiste”.[62] Il messaggio è chiaro: liberatevi delle vostre costituzioni antifasciste.

   È un diktat, che i governi devono adeguarsi senza discutere.

   Cosa preme all’alta finanza? Liberarsi di una costituzione che, sarà la più bella del mondo, ma non è stata mai attuata? No, il problema vero è togliere l’agibilità politica e sindacale ai lavoratori, preparare catene per chi lotta effettivamente, e forse anche liberarsi del peso dei sindacati ufficiali, che sono diventati troppo costosi al sistema vigente.

LA METAMORFOSI DI TRUMP

   Gli otto anni di Obama erano stati agevoli sul fronte dell’etero direzione dell’inquilino della Casa Bianca. Grazie ai media era stato creato un personaggio che in apparenza sembrava un signor nessuno che non ha nessun gruppo di potere alle spalle, ambizioso e attivista in modo patologico, adulato dal mondo dei media fino all’eccesso, pronto a tutto pur di alimentare la propria vanagloria. In cambio del proprio ruolo di pop star globale, nonostante una politica estera fatta di sobillazioni, guerre, colpi di Stato, ingerenze negli affari esteri di altri paesi, mentre la politica interna si è rivelata altrettanto demagogica ed incompleta (dall’Obama care[63] al muro sul confine del Messico iniziato sotto la sua amministrazione). Popolare tra gli snob privilegiati (attori, cantanti, intellettuali e croupier di Wall Street), inviso al resto della popolazione USA, la sua eredità è stata pesante tanto da contribuire all’affossamento della campagna elettorale Hillary Clinton.

   Nella sconfitta della Clinton, un ruolo lo hanno avuto i vertici militari USA, più dubbiosi circa la capacità reale della macchina militare USA di misurarsi con eserciti meno limitati di quello iracheno, libico o siriano. Da tenere conto che la sconfitta della Clinton ha anche contribuito la strategia che avrebbe potuto portare ad una guerra ad alta intensità.

   Con questo non voglio dire che gli Stati Maggiori americani siano composti da pacifisti, ma semplicemente da persone che dalla sconfitta in Vietnam in avanti, hanno analizzato e discusso sulla limitata capacità militare dell’esercito di terra rispetto alla marina ed all’aviazione, che sono il fiore all’occhiello della forza militare americana. Senza avere la certezza di un esercito di terra che desse reali garanzie di successo se lanciato all’assalto nelle pianure ucraine e russe oppure in quelle cinesi, i vertici militari preferiscono prendere tempo e dietro di loro le tre élite sopra descritte. Questi stessi Stati Maggiori hanno interpretato l’outsider Trump come un autentico burattino ancor più facilmente manovrabile dello stesso Obama. Questa opinione si è potuta scorgere nella composizione del primo gabinetto di governo: il generale James Mattis segretario della “Difesa”, il generale John F. Kelly segretario della interna, il generale Michael T. Flynn prima ed il generale H. R. Master poi quali consiglieri per la sicurezza nazionale. Per alcuni anni l’amministrazione Trump è assomigliata quasi ad una giunta militare sudamericana. Il presidente USA, inoltre, si lanciava in proclami bellicosi, minacce e insulti quasi giornalieri, via Twitter, a mezzo mondo, un autentico show da vero “bad boy” hollywoodiano. Ma qualcosa non funzionava per i falchi che si celavano dietro i tendoni della stanza ovale. Di nuove guerre guerreggiate non se ne vedevano l’ombra, anzi sotto l’amministrazione Trump, ad esempio, le sorti quasi segnate di Assad volgevano al meglio, ed è un fatto che non ha seguito i tristi destini Gheddafi e Morsi. Sicuramente volevano per esempio magari una bel conflitto contro l’Iran, contro la Corea del Nord o contro la Cina. Che fa, invece, Trump? Si incontra ripetutamente con il presidente nordcoreano tra il 2018 ed il 2019, e pure in tono amichevole.

   Il gabinetto Trump cambia aspetto: via il generale Mattis all’inizio del 2019, via il generale Kelly da segretario alla sicurezza interna e nel 2019 anche da capo del gabinetto della Casa Bianca, via Mc Master dalla carica di consigliere per la sicurezza nazionale nel 2018. In questo modo il gabinetto Trump non assomiglia più alla giunta di Brasilia. Trump cerca così di svincolarsi dalla stretta asfissiante dei militari, sembra (in apparenza) di non rispondere alla guerra dei dazi con la Cina, fatta di accelerate e frenate, litigi e accordi, è poi usata come alibi per bastonare i servi europei (Germania ed Italia in testa), i quali a differenza di Pechino, i rincari dei dazi doganali li possono solo subire e non rendere indietro, se non vogliono che da qualcuna delle centinaia di basi militari americane tra la Baviera e la Sicilia non si preveda a montare un movimento separatista, organizzare una manifestazione di protesta violenta, oppure usare l’ISIS per qualche attentato nei centri della città. Trump sembra essersi messo in testa di rianimare una tradizione politica americana fatta di protezionismo, non di isolazionismo, che nel XIX secolo era stata incarnata dal Hamilton e dal Partito Federalista.

   In sostanza per riepilogare, la fine della presidenza Obama ha visto il fallimento della politica che porta il suo nome, anche se essa non è frutto di idee partorite nella sua testa, ma dell’elaborazione di un vasto settore della classe dirigente USA. Questo non vuol dire che la corrente politica che, per semplificare, chiameremo Obama-Clinton, trasversale rispetto ai due baracconi politici Democratico e Repubblicano, sicuramente continuerà ad avere un peso politico anche internazionale poiché è l’espressione di una frazione più importante della Borghesia Imperialista internazionalizzata. C’è una buona probabilità che Trump si rimangi tutta una serie di promesse, per quelle fatte ai lavoratori è perfino scontata, ma anche quelle fatte a importanti settori borghesi, poiché il presidente degli USA non è per niente la persona più potente del mondo come vaneggiano certi giornalisti. Partiamo dal fatto che all’interno della classe dirigente USA, è in atto uno scontro condotto con tutti i mezzi, dalla macchina del fango fino all’omicidio politico, e sono numerosi i personaggi “suicidati”, o vittime di “incidenti automobilisti” e di morti “di infarto” nonostante l’invidiabile salute di cui godevano fino al giorno prima.[64]  Si vede la CIA schierarsi con Obama e la Clinton, l’FBI, seppure con ambiguità, con Trump. La frattura che divide la Borghesia Imperialista americana, è difficilmente sanabile, potrebbe potenzialmente creare un terreno favorevole per lo sviluppo delle lotte di classe su scala generale.

   Il relativo indebolimento dell’imperialismo USA può lasciare spazio a molte lotte, perché al momento non c’è una potenza che, possa sostituire a livello globale come quando gli USA sostituirono la Gran Bretagna come principale potenza imperialista. La Russia, infatti, pur avendo una notevole industria militare e una direzione politica molto efficiente, non ha una forza economica paragonabile a quella degli USA, ed è troppo dipendente dalle esportazioni di petrolio e dalle continue variazioni di prezzo di questo prodotto. La Cina ha settori avanzatissimi, ma anche zone interne molto arretrate, e non ha ancora sviluppato una marina confrontabile con quella USA che ha permesso, e in parte ancora permette, agli USA di controllare le rotte internazionali del commercio. La possibilità di trasferire capitali da un paese all’altro per via informatica ha prodotto l’idea di un imperialismo disincarnato, fatto di pura trasmissione transizione di titoli d’influsso indiretto sui paesi dominati. In realtà la cosiddetta globalizzazione è stata possibile  perché il controllo militare e politico della potenza dominante, che poteva con golpe o pseudo rivoluzioni, riportare al proprio alveo i paesi i paesi che cercavano di uscirne, minacciare militarmente i paesi che volevano abbandonare il dollaro, ottenere, nel caso uscirne, minacciare militarmente i paesi che volevano abbandonare il dollaro, ottenere, come caso dell’Afghanistan, non solo l’appoggio del Pakistan, ridotto a satellite, ma anche la collaborazione di Russia, Cina e Iran, che nell’immediato potevano avere vantaggi dalla rimozione dei talebani non calcolando la difficoltà di liberarsi in seguito di una presenza così ingombrante come quella USA.

   La smagnetizzazione della grande calamita di Washington è cominciata, e non fermerà certo questo processo Trump, nonostante le scelte che potrebbe fare. Tutto questo avrà effetto su tutte le classi sociali. Sulle borghesie europee, dove la Brexit anticipa gli sviluppi centrifughi, che finiranno col rompere la UE, recinto in cui gli USA hanno chiuso i propri satelliti e complici. E sta entrando in crisi pure il patto atlantico, come si può vedere dell’atteggiamento turco, più vicino a Putin che agli USA. “La convergenza di Mosca e Ankara sta causando gravi difficoltà all’Occidente, poiché un ulteriore sviluppo delle relazioni tra i due Paesi può comportare l’uscita della Turchia dalla NATO e costituire un enorme successo nella politica estera russa” scrive il Frankfurter Allgemeine Zeitung.[65] In questo quadro appaiono ridicole appaiono ridicole le velleità italiane di sostituire la Gran Bretagna in un triumvirato guida della UE. All’Italia manca, non tanto la potenza economica, quanto una classe dirigente che non sia serva fin nel più profondo del midollo. Si aggiunga che, per esempio i terremoti politici e le vicende internazionali, non ultima la questione dei rifugiati di ogni sorta, neppure la Merkel e tantomeno Hollande, possono sentirsi al sicuro.

   I clamorosi insuccessi dell’amministrazione Obama sono sotto gli occhi di tutti. È stato Putin, è la risposta quasi unanime di chi non riesce a staccarsi da una visione della politica basata sui cosiddetti “grandi personaggi”. In realtà, la sconfitta di Obama si è verificata soprattutto in casa, per la mancata approvazione dei trattati TPP e TTIP, mentre i docili gregari d’Europa e Asia erano pronti a sottoscriverli. Il fallimento del tentativo di legare più agli USA i paesi europei e quelli dell’Estremo oriente in funzione antirussa e anticinese ha finito col favorire movimenti centrifughi che vanno dall’Inghilterra della Brexit al Giappone e alle Filippine. Tokio sta trattando giganteschi affari con Mosca e fa leva efficacemente sul desiderio dei giapponesi di ottenere le isole Curili per favorire il distacco di Tokio dagli USA.[66]   Le tensioni nel Sud-Est asiatico, che hanno anche lo scopo di impedire la collaborazione tra Giappone e Cina, non dovrebbero cessare con Trump, apertamente anticinese per motivi di concorrenza commerciale, non certo ideologici.

   La politica di Obama in Medio Oriente mirava ad impegnare la Russia e le potenze locali, Turchia, Iran, Arabia Saudita e la stessa Israele, in una guerra di logoramento in Siria. L’appoggio all’ISIS, lasciato scorrazzare con le Toyota in Iraq e Siria, e rifornito di armi, non solo attraverso i camion turchi ma anche con rifornimenti paracadutati spacciati all’opinione pubblica per bombardamenti. In realtà si bombardavano le centrali elettriche e le infrastrutture siriane.

   L’intervento russo, dimostratosi più efficace del previsto, ha scompigliato questi piani. Non solo ha fatto strage di jihadisti addestrati dalla CIA, ma ha fatto fuori anche istruttori USA, sauditi, turchi. I 14 ufficiali NATO e arabi, catturati in un bunker jihadista sono solo una parte degli ufficiali collaboratori di Al Qaida arrestati.

   Il piano per intrappolare la Russia nella guerra in Siria sarebbe riuscito se il governo Obama non avesse voluto strafare, cercando nello stesso tempo di scalzare Erdogan, favorendo le trame della fazione di Gülen, che non è un’associazione culturale religiosa come si vuole dare ad intendere, ma un’organizzazione paragonabile a Stay Behid (Gladio), e che agisce a stretto contatto con la CIA.[67] I tentativi di golpe e di assassinare Erdogan – di cui questi accusa neppure troppo velatamente gli USA – hanno convinto il suo governo ad abbandonare la guerra contro Damasco e ad accodarsi con la Russia. Alle trattative tra Mosca, Ankara e Teheran gli USA non sono stati neppure invitati. Uno smacco colossale.

   Oltre a quello turco, altri governi si sono sentiti traditi da Obama. Le trattative con l’Iran hanno fatto infuriare Israele, l’Arabia Saudita e curdi, prima esaltati e ora abbandonati.

   Risultato invece che combattersi, Russi, Turchi e Iraniani, si sono accordati fra loro senza coinvolgere gli USA. Obama ha cercato di reagire ricorrendo al più grottesco maccartismo, accusando Putin di avere provocato la sconfitta della Clinton, come se le elezioni americane non si fossero confermate di per sé un mercato, con le prove della corruzione della Fondazione Clinton, finanziata soprattutto dall’Arabia Saudita e con l’intervento della FBI a favore di Trump pochi giorni prima delle elezioni. Le elezioni americane non hanno bisogno di alcun intervento esterno per rivelarne il marciume.

   Se Trump salvo impedimenti dall’impeachment alla morte improvvisa, potrà esercitare e intervenire in Medio Oriente, peggioreranno le condizioni dei palestinesi, arretreranno le conquiste dell’Iran oltre allo stesso Qatar. Si tratta di questioni di gas e petrolio, perché l’Exxon è interessata al gas del Qatar, al gigantesco giacimento da cui attinge anche l’Iran oltre allo stesso Qatar.

   Alla fine della fiera c’è una buona probabilità che si giunga a una riedizione delle sfere d’influenza nel Medio Oriente, tra russi e americani.

   Il mercato che si compie sulla pelle dei popoli è accettato senza grosse reazioni dalla borghesia, ma non è accettabile da parte del proletariato e dalle masse sfruttate. I confini del Medio Oriente sono stati tracciati con matita e righello nelle sedi diplomatiche europee, e solo la mitraglia ha interrotto le periodiche migrazioni dei beduini dall’Arabia all’Iraq, al Sinai, alla Giordania. Occorre far saltare questi reticolati. Un passo essenziale sarà la formazione di un partito di classe unico che accomuni i proletari di Aleppo e Baghdad, il Cairo, Algeri, Casablanca ecc. Coloro che formuleranno una serie di rivendicazioni per tutta l’area dovranno avere una conoscenza approfondita di tutti quei paesi. Il loro compito sarà molto difficile, anche perché il ritorno del colonialismo a guida USA ha determinato un arretramento incredibile. Bush padre, al tempo della prima guerra del Golfo, dichiarò che avrebbe fatto tornare l’Iraq al Medio Evo, e mantenne la parola. Clinton, Bush figlio, Obama e i loro complici europei hanno proseguito sulla stessa strada, col la scusante di portare la democrazia (quella borghese, che è la dittatura mascherata della borghesia). Problemi urgenti per il Medio Oriente sono la necessità di rompere la cappa soffocante dei religiosi con la separazione tra Stato e Chiesa, la liberazione della donna e la proibizione del matrimonio delle bambine, la libertà di riunione e di organizzazione sindacale, la soppressione dell’Apartheid in Israele, la cacciata di tutte le a basi estere e delle truppe straniere, la libera circolazione dei lavoratori. In Arabia Saudita la maggior parte dei proletari veri e propri sono immigrati e quindi, per sottrarli al ricatto delle espulsioni (o peggio, a una donna che si è ribellata al padrone, è stata amputata una mano), occorre conquistare la cittadinanza. Questi sono compiti di una rivoluzione borghese, ma la borghesia ha in quest’area tradito il suo compito storico alleandosi con l’imperialismo europeo e americano e con i peggiori cascami del clero e delle dinastie beduine.[68] A questa bisogna collegare obiettivi più specificamente classisti come gli aumenti salariali, la riduzione dell’orario di lavoro per legge, misure sanitarie sul posto di lavoro.   

   In Europa e negli USA la borghesia è riuscita grazie al riformismo egemone a contrappore nel movimento operaio gli obiettivi democratici alla lotta per il socialismo grazie alla disponibilità di sovraprofitti. In questi ultimi decenni ha cominciato a rimangiarsi tutto per via dell’accentuazione della crisi generale del capitalismo iniziata dalla metà degli anni 70. Un’altra soluzione non è possibile in Medio Oriente, per cui il capitale, più i suoi sindacalisti e riformisti, in connubio con religiosi, militari, e bande paramilitari, e l’inesistenza della possibilità della formazione di un’aristocrazia operaia dovrebbe rendere più decisa la lotta per il comunismo.

   Per quanto riguarda i proletari americani ci vorrà qualche tempo prima che molti di loro che hanno votato si convincano che Trump non è meno imperialista guerrafondaio di quanto lo erano Obama e la Clinton. Questa presa di coscienza potrebbe essere ritardata se Trump rifiutasse di firmare la lista degli omicidi mirati che la CIA presenta al presidente, creando così l’illusione di un ritorno all’Habeas Corpus e allo spirito della costituzione. Ovviamente questi sono sogni, come quello della ricomparsa dell’occupazione diffusa e dei salari decenti, che è meglio dissipare quanto prima.

   Ci sono molte persone che si augurano che in politica estera e sperano, che l’avvicinamento alla Russia da parte di Trump sia un fattore di pace. In realtà, mentre Obama e Clinton vogliono gli USA come unico gendarme del mondo, Trump vuole cooptare in questa mansione carceraria anche la Russia. Si tratta di due visioni diverse su come schiavizzare l’umanità.

L’IMPERIALISMO PUO’ CAMBIARE TATTICA MA NON LA NATURA

   L’imperialismo è l’esito estremo, ultimo del processo di accentramento (concetto dialettico: ipertrofia ad un polo, spoliazione all’altro) del capitale ed in quanto tale inasprisce al massimo grado le diseguaglianze tra le classi, le nazioni e gli stati. Sono sbagliate le posizioni che sostengono che il “vecchio” processo –  accentratore e polarizzante del capitalismo s’è rovesciato nel suo contrario per sua propria naturale evoluzione (e non per via insurrezionale). Secondo queste posizioni l’accesso al club ristretto dei paesi imperialisti si sarebbe “liberalizzato”, “democratizzato!”. Come mai? Si è forse invertito il tradizionale flusso degli investimenti internazionali che esporta “in periferia” i capitali metropolitani eccedenti per reimpostarli al centro ingrassati di extra-profitti? Il sistema bancario internazionale si sta forse riequilibrandosi a favore del Terzo Mondo?  Si è forse spostato verso Sud il centro di gravità della scienza e della tecnica mondiali?

   Può aiutare a capire maggiormente la natura reale dell’imperialismo se si analizza lo scontro che c’è intorno al greggio ed alle materie prime. Esso è grande scontro tra le classi del sistema imperialista, a cui la classe operaia e il resto delle masse popolari sono profondamente interessate. Le nazionalizzazioni delle risorse petrolifere che ci sono state nel mondo arabo islamico nel secondo dopoguerra sono avvenute di norma, a seguito di rivoluzioni o insorgenze popolai aventi per bersaglio le corrotte cosche latifondiste semifeudali e le multinazionali,  ed il processo rivoluzionario del mondo arabo-islamico che dalle vicende del petrolio  è inseparabile, ha avuto durature conseguenze destabilizzanti sull’Europa e sull’intero Occidente imperialista (a cominciare dal 1968/69 e dall’avvio a partire dalla metà degli anni ‘70 della crisi economica del capitalismo).

   L’esperienza storica mostra come le classi sfruttate arabo islamiche abbiano preso parte a pieno alla contesa intorno al petrolio, non consentendo alle vecchie e nuove classi proprietarie locali di confiscare solo per sé gli accresciuti introiti. La lotta antimperialista di massa è sempre stata (a partire dal Messico del periodo 1917-1938 e per dall’Iran delle tiepida “rivoluzione costituzionale” di Mossadeq 1951-1953) parte costituente e determinante dello scontro di classe, internazionale e locale insieme per la ripartizione della rendita petrolifera.  Il movimento per le nazionalizzazioni più radicali è stato tutt’uno con la scesa in campo degli sfruttati arabi (esempi lampanti sono stati la detronizzazione per via insurrezionale della monarchia hashemita in Iraq nel 1958, la guerra di liberazione algerina, la “rivoluzione dall’alto” in Libia nel 1969 dove però non mancò una forte ondata di lotte anche operaie e senza scordarsi del movimento nazional-rivoluzionario palestinese) e più ancora lo sono state le congiunture (1973, 1979, 1990) in cui si è materializzata la spinta al rialzo del prezzo del petroli, momenti centrali della fase dal primo al secondo tempo della rivoluzione democratica nel mondo arabo-islamico..

   Le masse lavoratrici di quest’area, tengono giustamente per fermo il fatto che il prezzo del petrolio stracciato hanno solo da perdere, mentre la conquista di un pur parziale controllo delle quantità e dei prezzi del petrolio strappata conflittualmente all’imperialismo dei paesi esportatori può ridondare a loro vantaggio, alla condizione di far valere con lotta anti-borghese le proprie necessità.

   La mondializzazione capitalista presuppone un paese egemone, che abbia un autentico dominio nel campo industriale. A garanzia del commercio industriale, nel XIX secolo bastava il dominio dei mari, infatti, l’Inghilterra impediva il blocco dei traffici da parte di potenze locali e imponeva con forza ogni commercio a partire da quello dell’oppio. Non aveva bisogno di un grande esercito, perché era protetta in quanto isola – questo svantaggio svanirà con lo sviluppo dell’aviazione e dei missili – e manteneva il dominio nelle colonie prevalentemente con le truppe indigene.

   Scriveva Engels a Daniel’son: “A partire dal 1870 la Germania e, in particolare l’America sono diventate rivali dell’Inghilterra nel campo dell’industria moderna, mentre la maggior parte degli altri paesi europei hanno sviluppato a tal punto la propria industria che hanno cessato di dipendere dall’Inghilterra. La conseguenza è stata che il processo di sovrapproduzione si è esteso in un ambito molto più vasto rispetto all’epoca in cui si limitava principalmente all’Inghilterra e almeno fino ad oggi – ha assunto un carattere cronico invece di uno acuto. Procrastinando quel temporale che prima ripuliva l’atmosfera una volta ogni dieci anni, questa depressione cronica che dura a lungo deve preparare un tracollo di violenza ed estensioni senza precedenti”.

    E in una lettera successiva, aggiunse: “Se un grande paese industriale con una posizione di monopolio provocava una crisi ogni 10 anni, cosa accadrà con quattro di tali paesi? (Inghilterra, Francia, USA e Germania). Approssimativamente una crisi 0gni 10/4 anni, cioè praticamente una crisi senza fine”.[69]

   In una lettera a Florence Kelley-Wischnewetzky, del 3 febbraio 1886 chiarì che tre paesi, Inghilterra America, e Germania erano in concorrenza per la conquista del mercato mondiale, e come ognuno di questi fosse in grado di coprirne tutto il fabbisogno. Da qui la sovrapproduzione.se si chiedesse a un economista borghese di spiegare quel periodo, ci riempirebbe di tabelle e di calcoli matematici. Engels spiegava meglio con parole semplici, eppure scriveva ad un economista traduttore del Capitale in russo e alla traduttrice in inglese de La situazione della classe operaia in Inghilterra di Engels stesso.

   Furono le lotte per il mercato mondiale e non le pattumie di Guglielmo II o la pazzia di Hitler a portare alle guerre mondiali. Dopo il secondo conflitto mondiale sia ex paese dell’asse che quelli alleati (tranne gli USA) erano a terra. Gli USA poterono così imporre il loro dominio economico e militare, la loro lingua, i loro costumi, furono gli stessi investimenti americani a risuscitare, almeno sul piano economico, i vecchi avversari, Germania, Giappone, Italia, poi lo sviluppo economico giganteggiò in altre parti del mondo. Gli stessi successi della mondializzazione capitalista stanno avendo come conseguenza il tramonto dell’egemonia economica USA, anche se, se per inerzia storica, non è ancora infranto il suo dominio politico, militare, culturale e linguistico.

   Il controllo del mondo è diventato sempre più costoso. È fallito, come si diceva prima, il progetto pseudoliberale di Obama, di inquadrare l’economia mondiale tagliando fuori Russia e Cina, e rinchiudendo una serie di altri paesi in due gabbie, TTIP e TPP, in cui solo gli USA avrebbero posseduto le chiavi, con la sostituzione del diritto internazionale con sentenze di commissioni legate alle multinazionali. I trattati avevano lo scopo di vincolare agli USA paesi che, per esigenze di mercato, avevano bisogno di commerciare con la Cina o con la Russia o con tutte e due. Non si tratta quindi della tanto decantata economia di mercato, ma di fare violenza al mercato (cosa abituale nell’età imperialista). La vittoria di Trump non è la causa della sconfitta di questo progetto, ma della presa d’atto della sua irrealizzabilità. Durate la campagna elettorale, persino la Clinton prese le distanze dal TPP.

   Il tramonto dell’egemonia economica degli USA, anche se lungi dall’essere conclusa, è la causa remota di tutti i cambiamenti politici che stanno avvenendo in Europa. Il peso dell’enorme apparato di cui gli USA si servono per mantenere l’egemonia è insostenibile. Le basi, oltre 800, e le costosissime portaerei possono essere ancora utili per guerre contro paesi mal armati o piccole potenze, ma da quando la Russia ha dimostrato di poter colpire con precisione ogni punto del Vicino Oriente con missili lanciati da corvette da mille tonnellate naviganti nel Caspio, ogni base, ogni portaerei si è trasformata in un possibile bersaglio.

   Gli USA hanno di fronte un bivio: o accettare il fatto che il loro impero è sovraesteso rispetto alle attuali possibilità economiche, ed iniziare una serie di negoziati con gli altri paesi per il ritiro da posizioni economiche insostenibili (le esercitazioni in Corea del Sud comportano spese gigantesche, anche se condivise col governo di Seul),[70] e seguire così la via in cui fu costretta la Gran Bretagna col ritiro delle posizioni a est di Suez, oppure affrontare, una crisi senza speranza come quella dell’URSS, a causa del revisionismo. [71]

   Come diventano obsoleti la politica di Obama e certi armamenti costosissimi, così perdono di significato gli strumenti politici per condurre tale politica, come i socialdemocratici europei e il PD. Venendo meno la sponda americana, il falso cosmopolitismo – che poi all’atto pratico nascondeva la subordinazione gli USA – tende a svanire, resta il nazionalismo, su cui convergono, da destra a sinistra le forze borghesi e piccolo borghesi. Molti si stupiscono se persone che sono considerate di sinistra si incontrano con gente di Casapound, ma se si avesse memoria storica questo fenomeno non è nuovo, se si pensa che alla vigila della prima guerra mondiale migliaia di esponenti dell’estrema sinistra socialisti (pensiamo a Mussolini), anarchici, sindacalisti rivoluzionari passarono praticamente da un giorno all’altro, dalle manifestazioni antimilitariste all’isterismo patriottardo, si capirà che il fenomeno non ha niente di muovo. Solo chi aveva solide radici di classe poté resistere. Non si può comprendere il fenomeno che viene considerato a torto o a ragione rossobrunismo (più a torto che a ragione) dal punto di vista morale. Poiché in periodi di grosse crisi, si muovono forze immense, e gli intellettuali piccoli borghesi vi sono trascinati come foglie. Le masse in periodo come questo si dispongono come la limatura di ferro sotto l’influenza di una calamita.  La calamita USA non attrae più, anzi respinge, Javier Solana, ex segretario della NATO s’è visto rifiutare il visto di ingresso negli USA con la motivazione ufficiale che aveva visitato l’Iran.[72]  I dirigenti europei e americani non riescono neppure più ad accordarsi sui generici documenti che nascondano all’opinione pubblica le loro divergenze. Trump tratta direttamente con Mosca e Pechino, senza coinvolgere l’Europa, alla quale chiede soprattutto di aumentare le spese militari e comperare armi dagli USA.

   L’influenza americana comincerà a decrescere anche nel campo del costume e culturale, ma il predominio della lingua inglese durerà ancora per una generazione o due. Il calo del peso politico della Francia, per esempio, non comportò immediatamente la perdita di importanza della lingua francese, che sul continente europeo ancora negli anni ’60 del XX secolo era la più conosciuta. Può sembrare assurda la sostituzione di un monolinguismo di fatto come l’attuale con la babele del plurilinguismo ma questa sarà probabilmente la tendenza dei nazionalismi in ascesa.

GUERRA PER L’EGEMONIA MONDIALE E L’ITALIA

   In questo quadro di ridiscussione dei vecchi equilibri c’è stato lo spettacolare, drammatico collasso dell’Italia che potrebbe far crollare l’Unione Europea. Previsioni di sapore quasi millenaristica, si rincorrono da anni, che sono state ignorate dai media preferendo la dose quotidiana di fake news ufficiali, governative. Nel 2018, quando nacque il precario governo giallo verde – una parodia fatta di populismo parolaio e “sovranismo” – il grande potere entrò in agitazione come se a Roma avessero preso il potere dei bolscevichi che volessero instaurare la dittatura del proletariato anziché Di Maio e Salvini. Si ebbe lo spread alle stelle e le pressioni su Mattarella, via Bce e Bankitalia, per silurare l’Paolo Savona (aggiungendo, per buon peso, anche le minacce mafiose del tedesco Günter Oettinger, “saranno “i mercati” a insegnare agli italiani come votare”)[73]. Bruxelles chiuse la porta in faccia ai “rivoluzionari” gialloverdi, che peraltro avevano osato chiedere soltanto spiccioli: bocciata persino la richiesta di un mini-deficit al 2,4%. Tradotto: vi negheremo i fondi per attuare le politiche che avete appena promesso.

   Al che, ritirata generale: i 5 Stelle si sfilarono subito da ogni impegno elettorale, e Salvini a sua volta ripiegò sul solo problema-migranti (facendolo diventare il problema italiano per eccedenza), permettendo così al PD e sinistri vari di trasformare il leader della Lega nell’unico, vero problema italiano. Amnesie prodigiose: come se il consenso tributato inizialmente ai grillini, e poi il boom dell’ex Carroccio alle europee, non fossero dovuti all’esasperazione crescente, ma a una curiosa patologia psichiatrica dell’elettorato, curabile dalle Ong e dal Quirinale, da qualche magistrato, dalla professoressa Greta Thunberg e dalle Sardine prodiane. Poi, a cancellare tutto, è arrivato il maledetto coronavirus. Grillo e Di Maio s’erano già riallineati all’establishment, alleandosi con il Pd e votando Ursula von der Leyen alla guida della Unione Europea. Ma, sotto la pressione dell’emergenza sanitaria, lo stesso Salvini s’è accodato alla linea “cinese” del massimo rigore fatta di quarantena e coprifuoco per tutti, anche se la strage non accenna a ridursi. La polmonite indotta dal misterioso virus, forse prodotto in laboratorio (sotto gli occhi dell’Oms?), provoca infatti una carneficina, nell’Italia devastata dall’austerity: tagli da 37 miliardi firmati da Monti, drastica carenza di terapia intensiva e 70.000 posti letto in meno.

   L’ipocrisia nazionale trasforma in “eroi” i medici e gli infermieri –  che nella realtà sono dei martiri al macello, senza protezioni e sfiniti dalle carenze di personale – mentre i servizi segreti avvisano Palazzo Chigi dell’altro pericolo: le possibili rivolte, innescate dalla rabbia popolare contro un governo che ha chiuso tutti in casa,[74]  senza dare garanzie su come sopravvivere a una crisi che si annuncia eterna. Mentre in paesi come la Germania e il Regno Unito è il governo ad accreditare gli indennizzi direttamente sul conto corrente dei “reclusi ai domiciliari”, in Italia – un mese dopo il blocco – non s’è ancora visto un soldo: si lotta per prenotare i primi pietosi 600 euro, combattendo contro il server dell’Inps.

   L’Italia è sprangata: serrande abbassate in ristoranti e negozi, aziende ferme, tribunali chiusi, Parlamento per molto tempo vuoto, governo sbaraccato. C’è stato un colpo di Stato in Italia? Di questo si accusa Orban, che però ha avuto almeno il via libera del Parlamento ungherese.[75] Da noi, invece, nessuna legittimazione esplicita. E’ Conte a gestire in solitudine lo stato d’eccezione, i famosi “pieni poteri” che fecero gridare al golpe quando a evocarli fu l’improvvido Salvini. Domanda: chi c’è, dietro a Conte? “Lo stesso network vaticano che gestì Andreotti, allora guidato dal cardinale Achille Silvestrini”, sostiene Fausto Carotenuto, allievo di Mino Pecorelli e a lungo analista dell’intelligence[76]. E il Vaticano che fa? Tace, per ora: silenzio assordante. Da che parte sta, il grande potere (finanziario) che Gianluigi Nuzzi chiama Vaticano SpA? Cosa c’e, esattamente, dietro alla solitudine siderale di Papa Francesco?

   Tutto, però, lascia pensare che non lo sia, visto che l’emergenza si sta trasformando in una stranissima guerra mondiale sotterranea, in cui persino la Russia – ufficialmente alleata della Cina – sbarca i suoi militari in Italia, con l’ovvio consenso della Casa Bianca. Cosa sta succedendo? Quali esplosivi retroscena nasconde, il pandemonio globale scoppiato a Wuhan sotto il naso dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, con il corredo dei presunti vaccini prontamente targati Bill Gates[77], proprio mentre mezza America tentava di disarcionare il Trump più ostile di sempre, verso Pechino? Giulietto Chiesa diversi mesi prima aveva affermava che l’Occidente si sta spaccando in due tronconi, uno atlantista e l’altro pro-Cina?[78] Pietra dello scandalo, la sortita della Bank of England a Wall Street, nell’estate 2019. Gli inglesi – ben collegati alla filiera Rothschild trapiantata in Cina – ebbero l’ardire di ventilare l’avvento di una super-moneta internazionale, in grado di archiviare il dollaro (cioè l’egemonia statunitense)[79]. Possibili partnership collaterali: i colossi americani del web, da Google a Facebook, e la cinese Huawei per la rete 5G (infrastruttura oggi fermata in Svizzera e in Slovenia, temendo rischi per la salute.

   Nella sostanza una parte della finnza britannica osa sfidare il monopolio statunitense con la proposta di una moneta mondiale quasi “cinese”. Si potrebbe tentare che esiste una correlazione tra i disordini ad Hong Kong nati dalle contraddizioni materiali delle masse popolari di questa città, e guidate da una direzione borghese e il loro uso strumentale da parte dei media imperialisti e la tentata scalata aggressiva della Borsa di Hong Kong a quella inglese.

   Sempre a fine agosto, s’è scoperto che Trump stava negando a Google e Facebook l’autorizzazione alla posa di “Faster[80] un cavo sottomarino di 13.000 chilometri tra la costa californiana (Silicon Valley, non per caso) e Hong Kong (neanche qui c’entra il caso). Dentro quel cavo – spesa inziale, 300 milioni di dollari – ci sarebbe «una inedita quantità di fibre ottiche di nuovo tipo, ad altissima capacità». “Faster” potrebbe mettere in contatto tra loro più di un miliardo di “devices” del tipo Android, facendo viaggiare l’informazione a 60 terabytes al secondo, cioè dieci milioni di volte più veloce dell’esistente cavo, che vale probabilmente milioni di dollari al centimetro. Per il responsabile per le infrastrutture di Google, Urs Holzle, siamo già entrati nell’era degli “zettabyte”, un multiplo che suona come “un miliardo di megabytes al secondo”. E “Faster” sarebbe quindi il condotto ad alta pressione in cui far volare questo mare di informazioni. Da tenere conto che la gestione di queste infrastrutture e la loro proprietà comporterà una filiera di conseguenze planetarie, che dovrebbe portere con sé il controllo, la vendita, la distribuzione di dati che, in pratica, riguarderanno ogni “oggetto” dell’agire umano, individuale e collettivo. C’è il pericolo di un controllo globale.

  Uno dei motivi che non viene concessa l’autorizzazioen a Google e Facebook sta nel fatto che questi due colossi non sono soltanto delle imprese private Sono conglomerati industriali e finanziari così giganteschi, che possono ormai competere con quasi tutti gli Stati del mondo e batterli, ricattarli, sottometterli. Che potrbbero accordarsi con la Cina, in nome del business. I giganti del web sono tra gli attori principali e, come tali, prendono decisioni politiche. Anzi dirigono l’orchestra, quando possono. E cominciano a poterlo fare. Ecco il punto: quando a loro serve, si organizzano per costituire delle coalizioni, dei partners, in modo tale da mettere con le spalle al muro – eventualmente davanti al plotone di esecuzione – chiunque cerchi di fermarli. Ecco perché Trump si era opposto: poiché la costruzione di un Internet concorrente di queste dimensioni, che “ragiona” non come America, ma come entità sovranazionale, cioè che fa anche una propria politica estera, diventa molto pericoloso. Tanto più, quando sceglie come alleati i nemici di Trump, e quando mette tra i suoi obiettivi quello di sostituire la politica estera degli Stati Uniti con un’altra, i cui contorni si decideranno magari a Londra, se non a Hong Kong o addirittura a Pechino.

   Infatti Google e Facebook hanno impegnato nell’impresa “Faster”, fin dal 2017, cinque o sei alleati asiatici, in maggioranza giapponesi, ma anche cinesi. C’è la Telecom&Media Group Co, del signor Peng. La quale ultima collabora molto attivamente con i colossi di Silicon Valley, da un lato, e dall’altro con la cinese Huawei, bersaglio principale di Trump, con il suo dinamismo verso il 5G. Poi, si sa, Trump ha scatenato la guerra delle tariffe con Pechino, che è in corso e si sta aggravando, con pesanti ripercussioni planetarie. Lo scontro con Huawei è partito in contrappeso all’iniziativa cinese sul 5G e al gigantesco progetto di Pechino “One Belt One Road”, altrimenti detto la “Nuova Via della Seta”. Poi, di colpo, a sparigliare le carte è scoppiato il caos mondiale del coronavirus.

    Si potrebbe sostenere che una frazione delle Borghesia Imperialista americana che si sia internazionalizzata o mondializzata ha espresso una profonda contraddizione con la borghesia monopolista americana che non ha fatto questo salto. La questione non è priva di conseguenza sulla forma-Stato e ciò è dovuto al fatto che a livello statale e mondiale, il Capitale Monopolistico Multinazionale ha costruito un solido telaio di istituti economici, politici e ideologici che gli consentono di esercitare sugli esecutivi dei paesi imperialisti al finde di condizionare le strategie politiche centrali in modo funzionale ai propri interessi.

   In questo quadro la funzione del parlamento a un duplice ruolo. Da una parte alimenta l’illusione che il meccanismo di formazione delle decisioni politiche riposi nei cittadini e dall’altro protegge dai sguardi indiscreti l’attività separata e sostanzialmente autonoma dell’esecutivo.

   Ora, quando i rapporti di produzione strozzano l’ulteriore espansione delle forze produttive si produce il fenomeno della crisi, che nella fase attuale e crisi generale che prende non solo gli aspetti economici, ma anche politici, culturali e ambientali, la politica è costretta a tirare fuori i denti ed a assumerne un ruolo determinante.

   L’essenza delle posizione determinante dello Stato nella fase di crisi generale sta nella molteplicità dei meccanismi politici, sociali, economici, giuridici, ideologici e militari, in funzione della conservazione

   Il carattere strutturale della crisi non fa che potenziare il ruolo dello Stato quale rappresentante della frazione della Borghesia Imperialista internazionalizzata.

   Crisi dell’egemonia del dollaro (perciò dell’egemonia americana a livello mondiale), nuove potenze (Russia e Cina), frazioni di Borghesia Imperialista internazionalizzata che cerca di rimodellare a livello più ampio la propria influenza politica, usando organismi internazionali come strumenti come l’OMS.

   Come leggere gli attacchi di Trump all’OMS? Attacchi che sono giunti fino a bloccare i fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui gli Usa sono il primo contributore con 400-500 milioni l’anno (un decimo del bilancio), accusandola di aver insabbiato insieme alla Cina l’emergenza coronavirus causando molte più vittime, nonché di aver criticato la sua decisione di sospendere tutti i voli provenienti da quel Paese.[81]

   Una mossa temporanea, finché gli Stati Uniti avranno completato la loro indagine sulle responsabilità dell’Oms e sulla sua volontà di autoriformarsi, ma che colpisce nel pieno della pandemia una delle principali organizzazioni di quel sistema multilaterale tanto avversato dal presidente americano, con ripercussioni prima di tutto sui Paesi più poveri. 

   La crisi in atto fa esplodere tutte le contraddizioni a livello dei singoli stati come a livello internazionale. La frazione della Borghesia Imperialista che quarant’anni fa si era alleata anche con i revisionisti cinesi, viene rimessa la sua egemonia mondiale. Indubbiamente c’è una reazione a livello di massa, quando ci si è accorti della gestione autoritaria dell’emergenza coronavirus, che viene definita in “salsa cinese”, voleva essere il pretesto per congelare la democrazia in Occidente, che in questo periodo non era funzionale all’adeguamento dello stato alla frazione dominante della Borghesia Imperialista. Nel mirino dunque Pechino, ma anche l’Ue e istituzioni sovranazionali come l’Oms, sospettata come minimo di omessa vigilanza sull’ipotetica manipolazione del virus. E in attesa di vedere il seguito del film – con Trump che mette mano al bazooka finanziario statale – si moltiplicano i messaggi spiazzanti. Il solitamente taciturno Bob Dylan, per esempio: con esplicito riferimento al coronavirus (mettetevi al riparo, siate prudenti) ha pubblicato un inedito, in cui denuncia il complotto che assassinò John Kennedy.[82] Retro messaggio implicito: dietro alla pandemia c’è forse la medesima filiera dell’orrore? La stessa che pretese la riduzione dei diritti (The crisi of Democracia), per poi magari organizzare anche l’ecatombe dell’11 Settembre?

L’ECONOMIA DI GUERRA NELLO STATO DI EMERGENZA

   Lo scoppio ufficiale della guerra fra Russia e Ucraina (conflitto che non è cominciato nel 2022 ma nel 2014 col colpo di Stato in Ucraina) ha fatto quasi cadere nel dimenticatoio le belle promesse di grade sviluppo economico contenute nel PNR, provocando anzi una accelerazione vertiginosa della crisi. Ancora prima dello scoppio del conflitto per chi voleva vedere era evidente che la pandemia permanente poteva essere l’innesto di una grande e duratura recessione con tutte le relative conseguenze di disoccupazione di massa e impoverimento delle classi lavoratrici.

   Intanto era partito un altro elemento fondamentale dell’economia di guerra, vale a dire il vistoso aumento del prezzo delle materie prime con la conseguente ripresa dell’inflazione. L’aumento del prezzo interessava naturalmente il petrolio, il gas naturale e il carbone, di cui peraltro esiste nel mondo una grande sovrapproduzione ma, ancora di più, alcune materie prime necessarie alla cosiddetta transizione green e a quella digitale, parliamo del rame, del litio (usato per le batterie), del silicio (usato per i microchip), del cobalto (usato per le tecnologie digitali), ecc. A questi vistosi aumenti concorrono diverse cause: dalle difficoltà di estrazione che comportano enormi devastazioni ambientali con l’utilizzo anche di lavoro minorile (in Congo e altrove), all’aumento a dismisura dei costi di trasporto, per finire con le immancabili speculazioni finanziarie sulle materie prime e sui titoli derivati (futures) a esse legate. Questa combinazione fra stagnazione e inflazione ricorsa l’inizio della crisi degli anni Settanta, dopo la famosa “crisi petrolifera” del 1973, quando per descrivere la nuova situazione economica venne coniato il termine, poi diventato corrente, di stagflazione.

   Cosa era successo all’inizio degli anni Settanta?

   Nel 1971, gravati da un enorme deficit della bilancia dei pagamenti (conseguente al loro indebolimento sui mercati internazionali e al deficit dello Stato amplificato dalla guerra del Vietnam), gli USA decretarono unilateralmente l’inconvertibilità del dollaro in oro (di fatto sospesa da tempo), allo scopo di: promuovere la svalutazione del dollaro e, di conseguenza, un alleggerimento automatico del deficit del bilancio dei pagamenti: far riacquistare competitività alle merci americane, facendo gravare l’inflazione sugli altri paesi capitalisti; indurre una parziale svalorizzazione delle riserve in dollari dei paesi concorrenti e degli eurodollari.   

   Il deprezzamento del dollaro spinse i possessori di grandi capitali monetari (ovvero i capitalisti finanziari) a cercare di garantirsi contro il rischio di possibili perdite attraverso l’acquisto di materie prime, inducendo un generale rialzo dei prezzi, che aprì la strada all’impennata del prezzo del petrolio del dicembre 1973.

   Tra la fine del 1973 e l’inizio del 1974 il prezzo del petrolio si quadruplicò.

   Il prezzo del petrolio aveva avuto una storia relativamente tranquilla dalla seconda metà del XIX secolo fino ai primi metà degli anni ’70 del secolo scorso, quando i 6 paesi dell’OPEC fecero raddoppiare il prezzo del petrolio, portandolo a superare i 10 dollari a barile. L’aumento del costo del petrolio significava da un lato, una fetta più grossa per gli “sceicchi” (ovvero la casta semifeudale dominante nei paesi arabi, per lo più legata all’imperialismo USA) e dall’altra costi di produzione maggiore per gli europei e i giapponesi, più dipendenti dalle importazioni petrolifere che non gli USA (le cui merci guadagnarono, di fatto, competitività sul mercato mondiale). Dall’altro lato, la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere attuata da alcuni paesi arabi (quali la Libia e l’Algeria) e l’embargo selettivo sull’export di petrolio attuato verso gli USA e i paesi europei sostenitori di Israele, le borghesia arabe iniziarono a scrollarsi di dosso, il sistema di saccheggio impostogli dall’imperialismo. Si manifestava così, pure a questo livello, la forza del moto rivoluzionario d’Asia, e d’Africa che la rivoluzione iraniana del 1979 ravvivò.[83]

   L’aumento del prezzo del petrolio (quintuplicato in due anni, poi raddoppiato nei successivi 8-9 anni) concorse con il ciclo mondiale delle lotte operaie del periodo 1968-72 ad accrescere i costi di produzione dei capitalisti europei e giapponesi proprio nel momento in cui finiva il trentennio di sviluppo e aumentava di più il bisogno del capitale ad abbassare i costi di produzione.

   Iniziò così una fase di profonda ristrutturazione dell’economia capitalistica su scala mondiale che si sviluppò su due linee: con la ristrutturazione degli impianti produttivi (con l’introduzione di macchinari più sofisticati e il “decentramento produttivo” nelle metropoli imperialiste e con massicci trasferimenti verso i paesi di “nuova industrializzazione”) e con la ristrutturazione dei meccanismi della finanza mondiale.

   Tornando a oggi, la guerra ha portato all’estremo i fenomeni che sono racchiusi nel termine di stagflazione, compresa l’inflazione dilagante che coinvolge ora anche i generi di prima necessità, con il conseguente taglio di fatto dei salari dei lavoratori, oltre all’aumento stratosferico delle bollette energetiche. Il riferimento naturalmente è alla “grande depressione” degli anni Trenta del secolo scorso, tanto è vero che a questo punto, sorge spontanea una domanda: la guerra e le distruzioni in Ucraina possono costituire i prodromi di una terza guerra mondiale? Certamente, anche se da diversi anni ormai si sente parlare di “terza guerra mondiale a pezzi”, di “guerra per procura” ecc., questa volta il ricorso a una terza guerra mondiale per risolvere la crisi è reso molto problematico dall’entità delle distruzioni che tale evento comporterebbe.

   Questo ragionamento poggia su un analisi classica delle guerra intesa come risoluzione della crisi capitalistica, come ben dimostrato dalle due guerre mondiali del Novecento. Il meccanismo di risoluzione della crisi attraverso la guerra si basa schematicamente su due effetti esplosivi dello scontro bellico:

  1. Una distruzione ingente di forze produttive, quindi di capitale sovraccumulato che aveva dato origine alla crisi, e di forza-lavoro in eccesso;
  2.  L’emergere nel conflitto di un imperialismo egemone nella ricostruzione postbellica e nella nuova fase di accumulazione capitalistica.

   Negli anni Quaranta gli USA erano in grado di mettere insieme le forze necessarie al rovesciamento della situazione di crisi, forze che andavano dalla potenza militare a un apparato industriale decisamente superiore, all’organizzazione del lavoro fordista a una composizione sociale decisamente più dinamica di quella prevalente in Europa. Tutto ciò ha portato dopo la sconfitta del regime nazista al cambio di egemonia mondiale rispetto a quella inglese basata sul sistema coloniale, cioè sulla rapina delle ricchezze delle colonie, dando origine al periodo della trentennale età dell’oro del capitalismo e al mondo bipolare (ovvero della contraddizione tra paesi capitalisti e paesi socialisti) che conosciamo.

   Attualmente nessuna delle potenze in gioco sembra in grado di produrre questo immane sforzo: non gli USA che rimangono comunque i più forti sul piano militare, ma deboli sul piano industriale dopo decenni di delocalizzazioni, la cui egemonia mondiale si fonda ormai sul capitale finanziario, non l’Unione Europea, debole sul piano militare e in preda alle solite divisioni, con una industria tecnologicamente avanzata che ha bisogno dei mercati mondiali di gamma medio/alta; non la Russia che accoppia alla potenza militare ereditata dall’URSS una economia basata quasi esclusivamente sull’esportazione di materie prime; non la Cina ancora indietro sul piano militare e tesa ad espandersi sul piano commerciale lungo le varie “vie della seta” e con problemi di sviluppo interno ancora non risolti. Le prime mosse dopo l’azzardo di Putin in Ucraina sembrano confermare queste ipotesi, con gli USA aggressivi a parole ma cauti nei fatti, la Cina che attende l’evolversi degli avvenimenti e l’Unione Europea con smanie interventiste che servono a giustificare una politica di riarmo.

   Esiste poi un altro elemento, vale a dire la fuoriuscita dalla fase precedente che ha caratterizzato gli ultimi decenni impropriamente definita “globalizzazione”. Bisogna operare una distinzione fra creazione del mercato mondiale, che è una caratteristica permanente e ineliminabile del modo di produzione capitalistico, pur con le sue diverse fasi, e la cosiddetta “globalizzazione”, intesa come la risposta data dal Capitale alla crisi degli anni Settanta e alla relativa caduta del saggio di profitto, con le sue caratteristiche specifiche che oggi sono entrate in una fase di crisi. Una risposta che ha portato attraverso processi di concentrazione globale, di megafusioni transnazionali e acquisizioni all’estero, al formarsi delle grandi multinazionali apolide in concorrenza fra di loro per il controllo del mercato mondiale. Tanto per fare un esempio il settore agro-alimentare è in mano a tre colossi multinazionali Dow-Dupont, ChemChian-Syngenta e Bayer-Monsanto che controllano il 63/69% del mercato e il 75% del business dei pesticidi e diserbanti[84]. Non solo, il formarsi delle grandi multinazionali ha determinato una nuova e, forse, inedita divisione internazionale del lavoro basata sul controllo delle nuove tecnologie e sulle differenze, a livello mondiale, del costo del lavoro.

   È noto che già prima della guerra russo-ucraina si erano verificate gravi disfunzioni in importanti filiere produttive per la mancanza o la carenza dei chips (microprocessori di computer) e di altri semilavorati che viaggiano lungo le catene produttive delocalizzate. La guerra in corso ha accentuato in maniera estrema questi processi. Ad esempio in Germania BMW e Volkswagen rischiano di dover fermare la produzione di automobili per la mancanza di questi cavi elettrici in quanto avevano delocalizzato l’imbracatura di questi cavi ad aziende con stabilimenti in Ucraina[85]. Fin dagli anni Novanta la grande industria automobilistica tedesca, al seguito dell’espansione dell’Unione Europea e della Nato verso est, ha delocalizzato in questi paesi le lavorazioni a basso valore aggiunto, mantenendo in patria quelle ad alta tecnologia con personale specializzato. Ora tutto questo rischia di saltare.

   Tuttavia è difficile pensare che si possa riorientare la divisione internazionale del lavoro (con il conseguente commercio mondiale) affermatasi negli ultimi decenni per costringerla entro i limiti dei blocchi geopolitici, come sostengono i sostenitori della “fine della globalizzazione”. Una situazione simile si verificò nei primi anni del secolo scorso. Nel primo decennio del Novecento, periodo passato alla storia come “la belle époque”, fu un periodo di grande sviluppo capitalistico, pensiamo solamente allo sviluppo tecnologico che ci fu in questo periodo (elettricità, telefono, cinema, automobili, ecc.), con scoperte che oggi diamo per scontate o addirittura superate; ci fu la nascita dei grandi monopoli, la crescita del capitale finanziario; l’intervento dello Stato nell’economia; un grande sviluppo del commercio internazionale. La fine di questo ciclo capitalistico di sviluppo corrisponde al sorgere di protezionismi nazionalistici, dello sviluppo dei dazi doganali ecc. che porteranno alla guerra.

GUERRA ED EMERGENZA PERMAMENTE

   Nel 2022 l’emergenza pandemica non era finita. È statatenuta in caldo, pronta a essere ripresa in seguito. Contro la sua ripresa militano alcuni fattori importanti:

  1. Interni a ogni paese: riluttanza delle popolazioni, stanche delle restrizioni e sfiduciate dai vaccini, il riemergere di una crisi economica che potrebbe riaprire il conflitto sociale su vasta scala, indebolendo la disponibilità della gente a mettere al primo posto la pandemia.
  2. Internazionali: molti paesi potrebbero sottrarsi a un’ulteriore allarme mondiale. L’India è il caso più evidente: la lotta dei contadini non si è fatta condizionare dai lockdown, con oltre un anno di mobilitazione ha vinto costringendo il governo a recedere dalla controriforma agraria e ha smantellato la narrazione pandemica, inducendo il governo a diffondere l’ivermectina[86] che ha drasticamente ridotto ricoveri e decessi. Indubbiamente uno dei fattori che ha contribuito alla mobilitazione vittoriosa dei contadini indiani è la guerra popolare diretta dal PCI (M). In Russia non sono state mobilitazioni di piazza ma la popolazione ha sabotato i vaccini[87]. Rifiuti analoghi in molti paesi asiatici, africani, latinoamericani e nei Balcani.

   La stessa Cina presenta caratteri diversi dalla gestione occidentale: fa lockdown rigidi, ma limitati nello spazio e nel tempo, perché avverte il pericolo di attacchi biologici (la scoperta dei laboratori in Ucraina la dice lunga sulla pratica USA/occidentali di diffondere patogeni soprattutto verso laRussia e la Cina)[88]. Ciò non toglie che i lockdown siano egualmente inutili a sradicare il virus e molto utili, invece, a operazioni di disciplinamento sociale. La Cina, comunque, non usa vaccini occidentali, non impone obbligo vaccinale e non usa Gren Pass.

   La riluttanza a obbligo vaccinale e Gren Pass è molto forte in due paesi occidentali decisivi: USA e Germania.

   L’OMS, non di meno, sta cercando di dotarsi di un potere mondiale accentrato in caso di pandemia al fine di disporre misure d’ogni tipo a tutti i paesi a prescindere dalla loro legislazione[89]. D’altronde la definizione di pandemia è stata slegata da ogni criterio di quantità di morti e malati. È nella disponibilità dell’OMS dichiararla sulla base contagi.

   Questo vuol dire che chi domina l’OMS non molla anzi rilancia. Grande finanza, Big Pharma, Big Tech, gli imperialisti anglosassoni non rinunciano a utilizzare gli allarmi sanitari per imporre a tutto il mondo il proprio dispotismo sanitario con il condizionare politica, economia, rapporti sociali di ogni paese. Finora solo la Russia ha avanzato qualche dubbio su questa assunzione di potere dell’OMS sugli Stati[90].

   La pandemia, dunque, è ancora in caldo come mezzo di disciplinamento sociale interno e internazionale. Tuttavia, senza soluzione di continuità, una nuova emergenza è già iniziata. Quella bellica. L’intervento russo in Ucraina, provocato da una decennale aggressione da parte di Nato e dell’Occidente imperialista, ha fatto comparire un nuovo nemico. Governi e media lo trattano con le stesse modalità usate contro il Sars-Cov-2. Un nemico oscuro, irrazionale, imprevedibile, privo di umanità, contro il quale è necessario unirsi compatti in una comunità resiliente sotto la guida dello Stato, accettare ogni sorta di sacrificio esistenziale, fare la guardia contro l’untore sedotto dal negazionismo o dal filo-putinismo (magari solo perché vuole tenere la temperatura di casa a 20° invece di 19°).

   Finora la propaganda emergenziale bellica non ha sfondato a livello popolare come quella pandemica perché è più complicato agire sulla minaccia alla propria vita, che per la pandemia è stato facile diffondere, mentre per la guerra è necessario convincere che le armate russe siano una minaccia alla vita maggiore di quella rappresentata dalla guerra Nato/Russia per la quale si invoca la necessità di intrupparsi. Questa, infatti, potrebbe divenire nucleare e ciò suscita più paura del propagandato rischio dell’arrivo dei “disumani russi” in casa propria. Sicuramente, poi, per la perplessità sull’utilità di farsi del male per punire Putin con le sanzioni.

   Ciò nonostante, l’emergenzialismo bellico prosegue. Si conclusa o no l’operazione russa in Ucraina, il progetto occidentale è del tutto chiaro: aprire uno stato di guerra permanente contro la Russia, e dopo aver sconfitto o logorato questa, contro la Cina. Una guerra effettuata con tutti i mezzi a disposizione: politici, mediatici, economici, militari, biologici, sportivi, culturali, religiosi ecc.

   L’Occidente imperialista aveva preparato contro la Russia un blitzkrieg. Dopo averla costretta a intervenire le ha scatenato contro un nugolo di sanzioni con le quali contava di precipitarla in una severa crisi economica con la speranza di provocare una crisi sociale e politica, con la caduta di Putin e il ritorno ai “gloriosi” (per l’Occidente imperialista) anni di Eltsin, con una popolazione immiserita, le risorse naturali e minerali saccheggiate, e la possibilità di attuare quello che non era riuscito allora, ossia il completo annientamento della sua unità statuale. La Russia ha dimostrato, finora, di saper resistere contro le manovre occidentali, aiutata anche dal fatto che la maggioranza di paesi al mondo si sono rifiutati di aderire alle sanzioni. Il blitzkrieg è fallito. Ciò ha fatto insorgere nelle élite occidentali qualche dubbio sulle modalità di prosecuzione. Da un lato si schierano coloro che premono per elevare il livello a scontro militare tra Nato e Russia, non perché convinti di vincerlo all’immediato, ma perché contano sul fatto che la Russia arretrerebbe piuttosto che accettare la guerra totale, e, ancor più, sul fatto che una lunga guerra logorerebbe la Russia più dell’Occidente, che ha capacità produttiva di armi molto superiori alla prima. Dall’altro iniziano a farsi vivi settori economici e politici che temono i danni subiti da una guerra totale contro la Russia e mirano a un compromesso sull’Ucraina con una prosecuzione della guerra tramite, per ora, i soli metodi finanziari, economici ecc.[91]

   I fautori dell’innalzamento dello scontro militare si trovano dislocati in quell’ambiente che si potrebbe anglosfera, mentre i secondi sono osteggiati pesantemente dai media che rivelano (come per la pandemia) la loro completa sottomissione agli ordini di scuderia USA e delle grandi multinazionali, si manifestano, sempre meno timidamente, in alcuni paesi europei (e anche negli USA).

   È possibile vedere in queste prime crepe i prodromi di un disallineamento tra Europa e USA?

   Una separazione nel campo occidentale è, prima o poi, non certo, però per iniziativa di qualche borghese, ma solo come effetto indotto da forti conflitti di classe, cui forzatamente offrire un piano di riscatto nazionalistico a sostegno delle proprie mire imperialiste anche contro i precedenti alleati.

  In mancanza di ciò l’Occidente imperialista si può dividere, al massimo, sulle tattiche di scontro e su come ripartire al proprio interno i suoi vantaggi e svantaggi, ma rimane unito nell’obbiettivo di fondo; stroncare il tentativo russo e cinese di affrancarsi dal ruolo di produttori; l’una di materie prime a basso costo, l’altra, di plusvalore del capitale occidentale. Se la Germania e gli altri paesi europei dovessero, infatti, in futuro sganciarsi dagli USA, non per questo costruirebbero con Russia e Cina rapporti alla pari, ma avrebbero persino maggiore bisogno di sottometterle sul piano economico e politico, di sfruttare a proprio vantaggio la loro potenza militare e utilizzare le loro popolazioni come carne da cannone nel caso di conflitto mondiale.

   Per l’Occidente imperialista c’è piena condivisione sugli scopi delle misure anti-Russia. Si tratta di costringerla a sottomettersi pienamente a chi domina il mercato mondiale, la forma dell’imperialismo, in cui un pugno ristretto di paesi si appropriano della stragrande quota di profitti mondialmente prodotti tramite il dominio del capitale finanziario accumulato grazie al fatto che il loro sviluppo capitalistico data da un tempo più lungo. Il capitale finanziario, moltiplicatosi con le sue ingegnerie, è divenuto ormai, con il credito, indispensabile per mantenere in vita lo stesso processo di accumulazione e per sostenere alcuni mercati solvibili di consumo, decisivi per tutta la produzione mondiale. Il suo potere si esercita, inoltre, con la violenza diplomatica e militare. Per affrontare una crisi dell’accumulazione, che perseguita da decenni l’intero sistema, deve incrementare ulteriormente la massa di profitto che si appropria. Ciò comporta la necessità di aumentare l’estorsione di plusvalore dai lavoratori di tutto il mondo, ma a anche di centralizzare a sé tutti i profitti. La centralizzazione si traduce, in Occidente, in un attacco durissimo oltre ai proletari, alle piccole imprese, ai ceti medi proprietari e cognitivi, e per il resto del mondo nel tentativo di ridurre le pretese – se possibile annullarle del tutto – di stati che cercano di trattenere per sé maggiori quote di profitto per finanziare un proprio sviluppo e per evitare l’esplosione di conflitti sociali.

      Russia e Cina sono riuscite negli ultimi decenni a compiere passi, modesti ma reali, di accumulazione in proprio, con cui migliorare anche le condizioni delle proprie classi sfruttate (che non hanno mai messo di battersi!). Ciò è stato possibile grazie al loro inserimento nel mercato mondiale, l’una come produttrice di materie prime, l’altra come officina del mondo. Questa loro risalita non è stata ritenuta più tollerabile dagli imperialisti occidentali. Ogni quota di profitto trattenuta da loro è una quota di profitto sottratta al grande capitale occidentale. Questo è l’incubo che agita Wall Strett, City, Washington, Londra, Tokio, Berlino, Roma, ecc. Non la paura della Cina, col supporto russo, possa sostituire gli USA (e l’Occidente imperialista nel suo insieme) nel dominio mondiale. Questa è una sonora stupidaggine che non ha alcun fondamento reale sul piano finanziario, economico, politico, militare. È solo un argomento di propaganda agitato per suscitare la paura del proletariato occidentale sulla minaccia di nuovi e più paurosi mostri, cui possono dare credito solo certi sinistri, “antagonisti” e “comunisti” abituati a prendere per buone le panzane distribuite dalle grancasse capitalistiche, governative e mediatiche per disciplinare proletari e ceti medi da spolpare.

      Il ricatto che l’Occidente imperialista scaraventa sulla Russia è: se vuoi stare nel mercato mondiale devi starci alle nostre condizioni, rinuncia a un proprio sviluppo industriale, svendi le materie prime. Ovviante se applicasse queste condizioni ci sarebbe una miseria crescente tra le masse proletarie e contadine.

   La Russia capitalista non vuole e non può rinunciare al mercato mondiale, ma deve provare a modificarne la struttura, cercando di elevare la sua quota di profitti per finanziare un maggiore sviluppo in termini di industrialismo, produttività agricola, autonomia finanziaria, creando, con ciò, anche le condizioni per una maggiore e durevole stabilità sociale al proprio interno.

   Per difendersi, in questo momento di acutizzazione dello scontro, la Russia è costretta a cercare mercati alternativi, che, in buona parte, sta effettivamente trovando. Tutto ciò conduce alcuni analisti a sostenere che ormai siamo entrati in una fase di “deglobalizzazione” con la formazione di due blocchi mondiali, l’uno intorno a USA/Europa, l’altro a Cina/Russia. Altri analisti sostengono che è iniziata l’era del “multipolarismo”, in cui ogni paese vedrà riconosciute le proprie le proprie esigenze senza subire più il dominio di qualche potenza egemone. Tutte queste tesi sono delle autentiche illusioni ottiche. Il capitale finanziario e l’imperialismo che vi è collegato non possono rinunciare ad appropriarsi della massa di plusvalore prodotto in ogni singolo angolo del mondo. D’altro lato nessun paese capitalista, debole e forte, può, ormai, fare a meno del mercato mondiale per sostenere e sviluppare i propri livelli di produzione di materie prime, e, ancora di più, di prodotti e servizi. La “deglobalizzazione” o il “multipolarismo” potrebbero, perciò, affermarsi al più per un limitato periodo di tempo, in cui, però, inevitabilmente, tutte le condizioni per un nuovo violento scontro bellico mondiale.

   Il coinvolgimento nel mercato mondiale costituisce, quindi, un vero punto di debolezza per la Russia capitalista. Non può farne a meno, e, perciò, conduce la sua lotta con la prospettiva di un compromesso con chi lo domina. Chi lo domina, però, non può più tollerare alcun compromesso anzi ha la necessità urgente di revisionare al ribasso quelli tollerati finora.

    Tutto ciò nasce dal fatto che dalla metà degli anni Settanta è cominciata la crisi generale del capitalismo, crisi che nel 2007/2008 ha avuto una sua accentuazione.

   Una crisi da cui il capitalismo non è mai realmente uscito, anzi, essa è stata affrontata creando nuovo debito e alimentando ulteriormente le gigantesche bolle finanziarie.

    Contemporaneamente si è proseguito nell’attacco alle conquiste sociali come le pensioni e la sanità pubblica, si è definitivamente smantellata la rigidità del mercato del lavoro attraverso la precarizzazione diffusa e l’incremento dello sfruttamento operaio, mentre i salari regredivano. Ma tutti questi provvedimenti non sono stati sufficienti a dare un vero nuovo slancio all’economia e a rimpinguare di profitti la mostruosa massa di capitale finanziario esistente.

      In un articolo pubblicato nell’ottobre 2014 su Affari e finanza (il settimanale di economia e finanza di Repubblica) del quale si desume che, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI), alla fine del 2013 le attività finanziarie sull’intero globo assommavano a 993 bilioni di dollari (993 mila miliardi) mentre il prodotto lordo mondiale (World Bank) si attestava sui 75 milioni di dollari (75 mila miliardi). In altre parole, il capitale finanziario, era 13 volte il prodotto della economia “reale” (cioè dell’insieme dei beni materiali e dei servizi prodotti sul pianeta).

   Tenuto conto che la forza lavoro mondiale assomma a circa 3 miliardi e 415 milioni di persone (World Bank, 2016) le due cifre sopra riportate che ogni lavoratore del globo (da 15 anni in su):

  • Produce annualmente beni c/o servizi per un valore (venduti dai produttori) circa 21.962 dollari;
  • Ed è personalmente “sovrastato” da una “nuvola” di 290.776 dollari che vorrebbero trovare un impiego profittevole (per i capitalisti che ne detengono i titoli), ma che non lo trovano nelle condizioni attuali di funzionamento del modo di produzione capitalista (stante il grado di sviluppo raggiunto dalla composizione organica del capitale a livello mondiale).

   Dall’articolo sopracitato si desume anche che, secondo stime della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di quei 993 mila miliardi di dollari:

  • 283 mila miliardi sono finanza primaria, ovvero azioni, obbligazioni e attivi bancari;
  • Mentre 710 mila miliardi di dollari sono prodotti costituiti da prodotti derivati scambiati fuori dai mercati regolamentati, dei quali solo una piccola quota è legata a transazioni che hanno a che fare con l’economia reale. Il grosso sono scommesse: sui tassi di interesse, sulle valute, sui prezzi delle materie, sull’andamento degli azionari, sul fallimento di stati o di grandi imprese.

   Nella tabella seguente, riepiloghiamo i dati citati sopra:

Economia reale capitalista e captale finanziario. Anno 2013

 Miliardi di dollari% sul totale
PIL75.0007,0
FINANZA PRIMARIA283.00026,5
DERIVATI FINANZIARI710.00066,5
TOTALE CAPITALI1.068.000100

  Da questi dati si deduce che l’economia reale capitalista (quella che si produce beni e servizi) è sovrastata è schiacciata da una massa enorme di capitali in cerca di una valorizzazione adeguata agli appetiti dei capitalisti.

   Mentre l’economia reale produce continuamente profitti che vanno ad aggiungersi alla massa dei capitali eccedenti le possibilità di impiego nell’economia reale stessa al grado attuale di sviluppo della composizione organica del capitale diminuiscono. 

   Proviamo a dare le conclusioni politiche di questa analisi. Nel 2013 i capitalisti vantavano un capitale di circa un milione di miliardi di dollari USA. Nelle mani dei capitalisti, il denaro non è mezzo di scambio d’acquisto, ma capitale e quindi ognuno dei capitalisti, vuole che il suo capitale renda, anche se lui “non si sporca le mani” nella produzione di merci. E infatti di anno in anno la massa del capitale vantato dai capitalisti aumenta. Ormai (da quando nel 1971 Nixon abolì la convertibilità del dollaro in oro) il denaro mondiale è tutto fiduciario, i banchieri centrali creano denaro e il denaro è capitale da valorizzare.

   Di fronte a questo sta una produzione annua di merci (beni e servizi) che, nonostante tutte le misure messe in atto per aumentarla moltiplicando i bisogni e riducendo la vita dei beni messi in circolazione, nel 2013 ammontava solo a 75 mila miliardi di dollari. Per quanto ogni capitalista produttore di merci sprema i suoi lavoratori (che però sono anche i clienti), i capitalisti da qui ricavano una massa di profitti che è solo una frazione dei 75 mila. Infatti in questi sono compresi anche i salari e il capitale costante (mezzi di produzione consumati e materie prime). È quindi evidente che col passare degli anni i capitalisti hanno sempre più difficoltà a valorizzare il loro capitale con i profitti che ricavano dall’economia reale (la produzione di merci). Ma, a parte i “risparmiatori” che ci rimettono le penne (le crisi bancarie e di borsa sono ricorrenti), l’oligarchia finanziaria, ha i mezzi (il denaro, la posizione politica e sociale e l’intraprendenza) per muovere mari e monti perché il suo capitale renda.  Quando nella sezione terza (capitali 13, 14 e 15) della sezione terza de Il Capitale Marx illustrò le crisi per sovrapproduzione assoluta (cioè riguardante tutti i settori dell’economia) in cui il capitale sarebbe incappato, egli indicò anche alcune controtendenze che avrebbero frenato il cammino. Ne enumera ben nove. Tra esse indicò anche l’aumento del capitale azionario (grosso modo una parte di quello viene definita finanza primaria), ma non mise però lo sviluppo illimitato del capitale finanziario (una buona parte della finanza primaria) e speculativo (principalmente i derivati finanziari). Cosa del tutto comprensibile, dato che Marx illustrava un futuro a cui la società borghese sarebbe approdata se la rivoluzione socialista non avesse posto fine ad essa. Engels nelle Considerazioni supplementari scritte nel 1895, quindi trent’anni dopo che Marx aveva scritto la sezione sulla sovrapproduzione assoluta di capitale, accenna allo sviluppo del capitale speculativo che già alla fine dell’Ottocento aveva assunto un ruolo rilevante, ma di denaro mondiale fiduciario ancora neanche si parlava. Noi oggi ci troviamo in una situazione in cui il corso delle cose è determinato proprio dall’eccedenza di capitale: una massa enorme e crescente di capitale che deve valorizzarsi senza direttamente “sporcarsi le mani” nella produzione di merci. Per quanto grande sia la massa dei profitti che i capitalisti estorcono all’economia reale, essa non basta a soddisfare la fame di profitto di tutto il capitale; mentre la grandezza del capitale complessivo non fa che crescere, l’economia reale diventa una porzione sempre minore di esso. D’altra parte la valorizzazione del proprio capitale è per ogni capitalista la legge suprema, quella che determina il comportamento di tutti i capitalisti e delle loro autorità (chi non sta al gioco al gioco, viene scartato: “siamo in guerra” disse qualche anno fa Marchionne).

   Tornando al conflitto russo-ucraino, la Russia capitalista può guerreggiare fino un certo punto, essa è pronta a sancire un compromesso, che sarà pagato soprattutto dalle sue classi sfruttate. Queste (e buona parte di quelle ucraine, sicuramente nelle zone russofone) sostengono lo sforzo bellico del paese, in quanto sono perfettamente consapevoli che lasciando spazio ai progetti occidentali vorrebbe dire essere ricacciate agli anni terribili di Eltsin. La prospettiva che, però, le si para davanti porrà all’ordine del giorno la necessità di introdurre un proprio protagonismo.

   Anche se la Russia, infatti, uscisse vincente in Ucraina, cosa probabile, dovrebbe affrontare uno scontro ancora più duro. La necessità capitalistica di non poter fare a meno del mercato mondiale costituirà per essa una pesante palla al piede. Perciò la prospettiva che si apre è: o la Russia cede, con conseguenze drammatiche per il suo proletariato, o la guerra totale. Nel primo caso il proletariato – vistosi tradito dai cedimenti dello stato – sarebbe chiamato ad assumere direttamente sulle proprie spalle l’onere della lotta contro l’imperialismo, e però, dovrebbe necessariamente rifiutare la palla al piede del coinvolgimento nel mercato mondiale capitalistico.


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[1] 8chan, viene considerato il posto peggiore di Internet, nacque promettendo la libertà di scrivere qualsiasi cosa: ora è il sito dove i militanti di estrema destra pubblicano le proprie rivendicazioni

[2] È una frase idiomatica pre definire gli appartamenti alla borghesia che vari motivi (moda, esibizionismo, o per inconfessati interessi personali) ostentano idee e tendenze politiche affini a quella che si potrebbe definire “sinistra radicale” o comunque opposte al loro ceto di appartenenza. Per estensione, la definizione di radical chic comprende anche uno stile di vita e un modo di vestirsi e comportarsi. La definizione fu creata nel 1970 da Tom Wolfe, saggista, giornalista, scrittore e critico d’arte statunitense. Il 14 gennaio di quell’anno, Felicia Montealegre, moglie del celebre compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein organizzò un ricevimento di Vip e artisti per raccogliere fondi a favore delle Pantere Nere (alcuni membri delle Pantere Nere furono invitati al ricevimento). Il party si tenne a casa dei Bernstein, un attico di tredici camere su Park Avenue. Tom Wolfe scrisse un ampio resoconto sulla serata, descrivendo in modo molto critico gli invitati, rappresentanti dell’alta società newyorchese.

[3] È un predicatore e politologo turco, studioso dell’Islam e leader del movimento Gülen, conosciuto più significativamente come Hizmet. Ha fondato una rete di scuole principalmente in Turchia ma anche in altri paesi

[4] Metto etnica tra virgolette poiché sta indicare l’origine e non necessariamente l’appartenenza.

[5] Con il termine WASP negli Stati Uniti, appartenente o relativo alla classe dei bianchi di origine anglosassone e di religione e cultura protestante (white anglo-saxon protestant), che vogliono distinguersi dagli altri gruppi della società americana, con atteggiamenti conservatori ed elitari.

[6] Public Papers of the Presidents, Dwight Eisenhower, pp. 1035-1040.

[7] Geoffrey Perret, Eisenhower, Adam media Corporation, 2000.

[8] Tranne significative eccezioni quali Goebbels, Himmler e lo stesso Hitler.

[9] Marco Dolcetta, Gli spettri del quarto reich Le trame occulte del nazismo dal 1945 a oggi, BUR saggi, 2007, Milano, pp. 39-40.

[10] Tutte le maggiori aziende tedesche durante la seconda guerra mondiale approfittarono della manodopera dei campi di concentramento per ridurre i costi di produzione.

  Secondo la storica Anni Lacroix Riz dai 12 ai 14 milioni di lavoratori stranieri deportati – in gran parte ebrei e prigionieri di guerra – sono stati utilizzati dalle aziende tedesche durante il conflitto mondiale

[11] Reinhard Gehlen, The Gehlen Memoirs, Collins, London, 1972.

[12] Franco Fracassi, il quarto reich Organizzazioni, uomini e programmi dell’internazionale nazista, Editori Riuniti, 1996, Roma, p. 15.

[13] A sollevarlo fu un articolo uscito su Der Spiegel il 13 febbraio 1954.

[14] Heinrich Müller (1900 – scomparso a Berlino, 1º maggio 1945) è stato un ufficiale tedesco, comandante dell’Amt IV del RSHA e della Gestapo dal 1939 fino alla sua misteriosa scomparsa l’1 maggio 1945.

[15] Il Freundeskreis Reichsführer-SS (Circolo degli amici del Reichsführer-SS) venne creato nella primavera del 1934, dopo che Himmler strinse amicizia con Wilhelm Keppler, un dirigente delle IG Farben. Questo circolo comprese un gruppo di ricchi industriali e di consulenti finanziari che versò regolari contributi finanziari a sostentamento delle attività culturali e sociali delle SS in cambio della protezione di Himmler; durante tutta la vita del Terzo Reich il Freundeskris depositò somme enormi nelle casse delle SS in cambio di contratti vantaggiosi nei territori occupati e di manodopera a basso costo dai campi di concentramento.

[16] Via della mano sinistra e della mano destra sono due termini che si riferiscono ad una dicotomia tra due opposte filosofie, presente nella tradizione esoterica occidentale, che si estende su diversi gruppi coinvolti nell’occulto e nella magia cerimoniale. In alcune definizioni, il sentiero della mano sinistra è identificato con la magia nera, quello della mano destra con la benevola magia bianca.

[17] https://en.wikipedia.org/wiki/Gustav_Schwarzenegger

[18] Vilfredo Federico Damaso Pareto (1848 – 1923) è stato un ingegnere, economista e sociologo italiano. Riguardo al suo pensiero politico, Pareto fu il primo a introdurre il concetto di élite, che trascende quello di classe politica e comprende l’analisi dei vari tipi di élite. La sua teoria delle élite trae origine da un’analisi dell’eterogeneità sociale e dalla constatazione delle disuguaglianze, in termini di ricchezza e di potere, presenti nella società. Pareto intende studiare scientificamente queste disuguaglianze, percepite da lui come naturali. Nel corso del suo sviluppo, ogni società ha dovuto di volta in volta misurarsi con il problema dello sfruttamento e della distribuzione di risorse scarse. L’ottimizzazione di queste risorse è quella che è assicurata, in ogni ramo di attività, dagli individui dotati di capacità superiori: l’élite. È interessato in particolar modo alla circolazione delle élite: “la storia è un cimitero di élite “. A un certo punto l’élite non è più in grado di produrre elementi validi per la società e decade; nelle élite accadono due tipi di movimenti: uno orizzontale (movimenti all’interno della stessa élite) e uno verticale (ascesa dal basso o declassamento dall’élite).

[19] Un think tank (letteralmente serbatoio di pensiero in inglese) è un organismo, un istituto, una società o un gruppo, formalmente indipendente dalle forze politiche (anche se non mancano think tank governativi), che si occupa di analisi delle politiche pubbliche e quindi nei settori che vanno dalla politica sociale alla strategia politica, dall’economia alla scienza e la tecnologia, dalle politiche industriali o commerciali alle consulenze militari.

   Il termine è coniato negli Stati Uniti d’America durante la seconda guerra mondiale quando il Dipartimento della Difesa creò delle unità speciali per l’analisi dell’andamento bellico chiamate in gergo proprio think (pensiero) tank (tanica, serbatoio, ma anche carro armato).

   In Italia le più conosciute think tank sono Italia Futura e Arel/Associazione TrecentoSessanta presiedute rispettivamente da Luca Cordero di Montezemolo e da Enrico Letta. Oltre a queste troviamo altre “fondazioni di matrice politica” nel panorama italiano quali FareFuturo di Adolfo Urso, ItalianiEuropei di Massimo D’Alema, Nuova Italia di Gianni Alemanno, Magna Carta di Gaetano Quagliariello, Medidea di Giuseppe Pisanu, Liberal di Ferdinando Adornato, ItaliaDecide di Luciano Violante, Folder di Antonio Di Pietro Sardegna Democratica di Renato Soru e Mezzogiorno Europa nato per volontà da Giorgio Napolitano

[20] Marco Dolcetta, gli spettri del quarto reich Le trame oscure del nazismo dal 1945 a oggi, BUR, p. 9.

[21] Metto totalitario tra virgolette giacché mistificante, in quanto nasconde il contenuto di classe dei vari regimi politici.

[22] Per bostoniano non si intende solamente gli abitanti di Boston, ma in questo caso un personaggio raffinato, elitario; intellettualistico

[23] Metto tra virgolette la parola tradimento perché le varie svolte politiche dei paesi sono determinati dalle scelte e dagli interessi delle reciproche borghesie.

[24] Il Nord Stream 2, lungo 1.200 chilometri (745 miglia) sottomarino, che va dalla costa baltica russa alla Germania nord-orientale, è costato 12 miliardi di dollari e segue lo stesso percorso del Nord Stream 1, completato più di dieci anni fa. Come il suo gemello, Nord Stream 2 sarà in grado di portare 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia all’Europa, aumentando le forniture di gas a un prezzo relativamente economico. Il gruppo russo Gazprom ha una partecipazione di maggioranza nel progetto da 10 miliardi di euro (12 miliardi di dollari. https://www.ilgiorno.it/esteri/nord-stream-2-gasdotto-sottomarino-russia-germania-1.7395468

[25] Athabasca è una città del Canada situata nella provincia dell’Alberta

[26] Fracking è una abbreviazione di “hydraulic fracturing” che significa fratturazione idraulica. Queste due parole racchiudono tutto il concetto del fracking: frantumare la roccia usando fluidi saturi di sostanze chimiche ed iniettati nel sottosuolo ad alta pressione.

   In questo discoro si deve intendere come un modo “non convenzionale” per estrarre gas da roccia porosa di origine argillosa detta scisti (shale in inglese), le cui vacuità ospitano in prevalenza metano. Con le tecniche “tradizionali” questo gas non potrebbe essere estratto, visto che il gas è intrappolato in una miriade di pori sotterranei e la classica trivella verticale non arriverebbe ad aprirli tutti.  https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/07/fracking-lultima-diavoleria-dei-petrolieri-per-spremere-terra/438727/#:~:text=Fracking%20%C3%A8%20una%20abbreviazione%20di,nel%20sottosuolo%20ad%20alta%20pressione.

[27] Metto nazionale tra virgolette in quanto all’epoca la definizione di nazione non era stata creata. La uso per definire gli appartenenti delle élites di una certa area geografica.

[28] Fernand Braudel, Civiltà ed imperi del mediterraneo dell’epoca di Filippo II, Einaudi, Torino 2007, pp. 865-866.

[29] Niall Ferguson è uno storico, saggista e giornalista britannico

[30] Niall Fergusson, Ascesa e declino del denaro, Mondadori, Milano 2009, p. 37.

[31] M. T. Boyer Xambeau, G. Deleplace, L. Gillard, Banchieri e Principi, Moneta e Credito nell’Europa del Cinquecento, Torino, 1991.

[32] Bisenzone, luogo della provincia di Piacenza dove si svolgevano le Fiere di Cambio. Le Fiere di Cambio ebbero grande importanza nella vita economica del Medioevo e dei primi secoli dell’Età moderna. Abbandonata progressivamente l’economia naturale, ossia la pratica del baratto – sale marino o olio rivierasco scambiati con grano o legna e così per altri prodotti – le Fiere di Cambio sorsero accanto a quelle delle merci, naturale evoluzione di queste, in conseguenza del crescente afflusso sulle stesse di monete diverse e spesso alterate, nonché della difficoltà dei pagamenti a distanza, che fece introdurre nel sec. XII l’uso della lettera di cambio, strumento per rendere più sicuro e rapido il movimento del denaro, ed evitare che l’insufficienza del contante fosse d’ostacolo allo sviluppo delle attività commerciali.


   Le lettere di cambio, prima forma rudimentale dell’odierna cambiale, erano brevi scritti con cui si ordinava un pagamento in un determinato luogo e ad una data persona, in compenso di un acquisto o per una valuta di valore equivalente riscossa altrove. Secondo l’opinione più comune, furono inventate dagli Ebrei, quando, banditi dalla Francia, si rifugiarono in Lombardia. Con lettere o con biglietti compilati in brevi specifici o riservati termini, affidati a mercanti o a viaggiatori, trovavano il modo di rientrare in possesso di quanto avevano lasciato nei paesi d’origine in custodia a loro amici.


   Occorre sapere che anche piccole Signorie potevano avere il privilegio di battere moneta, con regolamenti propri, che raramente tenevano conto rigidamente di appropriati valori rispetto a quelli di altri paesi, per cui è evidente la confusione che doveva nascere nei mercati, uguale quasi a quella delle lingue o dei dialetti, con conseguenze ovviamente ancora più gravi.

[33] Il termine asiento in origine indicava qualsiasi accordo stipulato tra il sovrano spagnolo ed un privato cittadino. In seguito divenne sinonimo di contratto per l’importazione di schiavi neri nelle colonie spagnole in condizioni di monopolio.

[34] F. Braudel, Civiltà ed imperi del mediterraneo dell’epoca di Filippo II, Einaudi, p. 546 e p. 691. Vedere anche M. Cipolla, Storia economica dell’Europa pre-industriale, il Mulino, Bologna, 2002.

[35] Quando Genova capì l’importanza del commercio con le Indie orientali, dopo aver costituito una compagni sul modello di quelle olandesi, francesi e inglesi, nel 1649 provò spedire sue quelle rotte due navi. La spedizione durò poco, navi ed equipaggi vennero bloccati e sequestrati da una flotta da guerra olandese.  M. Cipolla, Storia economica dell’Europa pre-industriale, il Mulino, Bologna, 2002. P.372.

[36] Giovanni Arrighi (1937-2009). Economista, sociologo e accademico italiano che si è occupato di economia politica. È stato docente di sociologia alla Johns Hopkins University di Baltimora, dove ha diretto per diversi anni il dipartimento di sociologia. I suoi lavori sono stati tradotti in più di quindici lingue

[37] Giovanni Arrighi, Il lungo XX secolo, Il Saggiatore, Milano 2004, p. 200.

[38] K. Marx e F. Engels, Il manifesto del partito comunista, Newton Compton, Roma 1994, p. 20.

[39] Niall Fergusson, Ascesa e declino del denaro, Mondadori, Milano 2009, pp. 67-68.

[40] John Atkinson Hobson, L’imperialismo, Newton & Compton editori, Roma 1996, p. 95.

[41] Karl Polany, La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca, Einaudi, Torino 2000, p.14.

[42] Informe Confidencial del Das al Juzgado Segundo de Orden Pùblico del 10 maggo 1988.

[43] http://www.guardareavanti.info/mlm/Denunciamos2009.htm

[44] http://selvasorg.blogspot.com/2010/05/brasile-sfida-il-piano-colombia.html

[45]  http://proletaricomunisti.blogspot.com/2010/06/pc-quotidiano-7-8-maggio

[46] M. Dinucci, Il “nuovo concetto strategico” della NATO, Marxismo Oggi 2001.

[47] K. Marx, Teorie del Plusvalore, Tomo II°.

[48] Fabio Amodeo e Maio Cereghino, Lawrence d’Arabia e l’invenzione del Medio Oriente, Feltrinelli, 2016.

[49] Mario j. Cereghino-Giovanni Fasanella, LE MENTI DEL DOPPIO STATO, CHIARELETTERE, Milano, 2020, p. 294.

[50] Gianni Vannoni, le società segrete dal Seicento al Novecento, Sansone Editore, 1985, p. 324.

[51] R. Mukerjee, Storia e cultura dell’India, Milano, 1966.

[52] Questo soprannome gli fu affibbiato dal giornalista L. Gupta, in un articolo comparso su Indian Review, Madras, 1913.

[53] Sul ruolo del governo britannico nella diffusione del Teosofismo in India, cfr. M.V. Dharmamentha, L’occupazione inglese in India, in Idem, Lo Yoga e il neospiritualismo contemporaneo, cit. pp. 159-165

[54] Dichiarazione pubblicata sulla rivista The Medium and Daybreak, London 1893, p. 23.

[55] A.A. Bailey, Il destino delle nazioni, Roma 1971, p. 135.

[56] R. Guénon, Il Teosofismo, vol. I, cit. pag. 32.

[57] Mario j. Cereghino-Giovanni Fasanella, LE MENTI DEL DOPPIO STATO, CHIARELETTERE, Milano, 2020, p. 294.

[58] Secondo uno studio della Kpmg Corporate Finance, società di consulenza, ripreso da Le Monde, diplomatique del 20.08.1999, nel corso del primo trimestre del 1999, sarebbero state effettuate circa 2500 operazioni di fusioni-acquisizioni per un ammontare di 411 miliardi di dollari di dollari con un rialzo del 68% rispetto al primo trimestre del 1998. 

[59] http://www.nwo.it/bilderberg-analisi.html

[60] Che è conquista dei lavoratori. Le riforme sono in sostanza il sottoprodotto di una lotta rivoluzionaria/radicale.

[61] https://culturaliberta.files.wordpress.com/2013/06/jpm-the-euro-area-adjustment-about-halfway-there.pdf    

[62] http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/19/ricetta-jp-morgan-per-uneuropa-integrata-liberarsi-delle-costituzioni-antifasciste/630787/

[63] Nel 2010 l’allora presidente Barack Obama ha posto la sua firma sulla legge riguardante la riforma sanitaria degli Stati Uniti, chiamata appunto Obamacare. La firma della riforma ha rappresentato un momento storico per il paese, dato che il sistema sanitario USA è prevalentemente di natura privata e con la sua introduzione si è tentato di ampliare la copertura offerta ai cittadini.

[64] Le morti provvidenziali che proteggono Hillary Clinton. 5 morti in quattro settimane di Algarath, algarath.com, Come Donchisciotte 30/08/2016. 

[65] FAZ: l’uscita  della Turchia dalla NATO diventerà un enorme successo per la Russia, Sputnik Italia 26/12/2016, con una citazione da Frankfurter Allgemeine Zeitung.

[66] Nikkei: Putin ha messo tra USA e Giappone la mina delle Curili, Sputnik Italia 26/12/2016.

[67] Fetullah Gülen: l’integralista islamico che voleva sostituire Erdogan, pubblicato il 20/07/2016 in Internazionale/Medio Oriente/Speciale Turchia di Redazione.

[68] Senza protezione imperialista le varie dinastie e caste, dominanti quando non governanti, non avrebbero mai potuto conservare l’arretratezza, oggi resa più evidente da Obama, utilizzando la forza ottenuta dalla rendita petrolifera in luogo della vecchia rendita agricola e mercantile.

[69] Engels a Nicolaj Francevic Daniel’son, 13 novembre 1885, e 8 febbraio 1886.

[70]In base a un accordo di condivisione dei costi, raggiunto nel 2014, Seoul ha pagato, all’epoca, 867 milioni di dollari per i costi militari statunitensi e la sua quota è aumentata ogni anno in base all’inflazione. Quest’anno, la Corea del Sud starebbe pagando circa 890 milioni di dollari, un po’ meno della metà del totale”. Da Il dibattito sulle esercitazioni congiunte Usa-Corea del Sud, 19 giugno 2018 di Elvio Rotondo in Analisi Mondo (Analisi difesa).

[71] L’attuale crisi mondiale è cominciata nella metà degli anni ’70 negli USA, e si è estesa negli altri paesi capitalisti più avanzati e poi attraverso l’esportazione di capitali e l’industrializzazione accelerata, in tutto il mondo, contribuendo tra l’altro al crollo del blocco socialista.

   Questo blocco era profondamente integrato nel mercato mondiale. Prendiamo come esempio la Polonia. Secondo Business Week del 1981 la Polonia importò negli anni ’70 beni capitali per 10 miliardi di dollari. Questo enorme import di mezzi di produzione doveva sviluppare una produzione per il mercato interno e alimentare un crescente flusso di export di manufatti e di materie prime. Per sviluppare il nuovo apparato industriale, la Polonia aveva bisogno di essere finanziata dalla Russia o dalle banche. Ma la Russia non era in grado di farlo, al massimo poteva riciclare dei prestiti che riceveva dalla finanza occidentale. Il Newsweek del 4 gennaio 1981 fa ammontare il debito polacco a 26,3 miliardi di dollari. Il governo polacco era debitore a istituzioni pubbliche e private della Germania Federale (4,1), degli USA (3,1), della Francia (2,6), dell’Austria (1,8), della Gran Bretagna (1,8), del Brasile (1,5), dell’Italia (1,1), del Giappone (1,1), del Canada.

   In molti paesi dell’Est nel decennio ’60 e ’70 si procedette a industrializzazioni poco meditate, senza valersi di economie in grande e i vantaggi che sarebbero potuto essere ottenuti se si fosse attuata una divisione del lavoro socialista. Per finanziare questa industrializzazione si è fatto ricorso all’indebitamento esterno con i paesi capitalisti in questo modo si è giunti a una situazione nella quale si sono variati dei veri piani di austerità tanto duri come quelli applicati nel cosiddetto Terzo Mondo dal Fondo Monetario Internazionale, che hanno suscitato il malcontento delle masse operaie e popolari.

   Quando dalla metà degli anni ’70 con l’avvio della crisi di sovrapproduzione assoluta di capitale, i capitali cercavano nuovi mercati per valorizzarsi, questo è stato uno degli elementi determinanti del crollo dei regimi revisionisti poiché la borghesia internazionale (ma anche quella russa presente negli apparati del partito e dello Stato), aveva bisogno di una sovrastruttura politica funzionale alla situazione economica in atto (bisognava privatizzare per creare maggiori campi per gli investitori di capitale).    

[72] https://www.globalist.it/world/2018/06/24/rifiutato-l-ingresso-negli-usa-a-solana-ex-segretario-della-nato-ha-visitato-l-iran-2026791.html

[73] http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/oettinger-mercati-insegneranno-italiani-votare-modo-giusto-b3e13ea2-aded-41ea-bbd7-d8b876982d56.html

[74] https://corrieredellumbria.corr.it/news/coronavirus/1546024/coronavirus-servizi-segreti-avvertono-premier-conte-pericolo-rivolte-ribellioni-sud-.html

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/coronavirus-l-allarme-degli-007-sul-sud-rischio-rivolte-1846185.html

[75] https://www.ilsole24ore.com/art/ungheria-orban-si-prende-pieni-poteri-l-opposizione-e-dittatura-ADqhRzG?refresh_ce=1

[76] https://www.libreidee.org/2020/04/guerra-per-la-terra-litalia-e-i-poteri-oscuri-dietro-al-virus/

[77] https://www.corriere.it/tecnologia/20_aprile_08/coronavirus-via-test-umani-il-vaccino-finanziato-bill-gates-b8ebe1b2-796b-11ea-afb4-c5f49a569528.shtml

[78] http://sakeritalia.it/interviste/intervista-giulietto-chiesa/

[79] https://www.ilsole24ore.com/art/carney-propone-una-libra-globale-superare-l-egemonia-dollaro-ACLbl5f

[80] https://forum.termometropolitico.it/799857-coronavirus-strani-retroscena-globali-e-quei-14-aerei-russi.html

[81] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/04/15/coronavirus-trump-sospende-i-finanziamenti-alloms_ce957fb4-6564-425f-9575-7010d876fa36.html

[82] https://tg24.sky.it/intrattenimento/2020/03/27/bob-dylan-nuova-canzone-assassinio-kennedy.html

https://www.libreidee.org/2020/04/il-massone-bob-dylan-kennedy-e-i-golpisti-del-coronavirus

[83] In Iran, poi, il proletariato è stato la forza decisiva e la spina dorsale della rivoluzione, non bisogna scordare che i lavoratori crearono gli Shoraz, strutture consigliari assimilabili ai Soviet.         

[84] Nolan, P e Zhang, J., La Concorrenza Globale dopo la Crisi Finanziaria, in Countdown 2, Studi sulla crisi.

[85] Spaventa Alessandro, La guerra in Ucraina ferma la produzione di BMW e Volkswagen, in notizie.fiscali.it del 21 marzo 2022.

[86] https://www.corrierenazionale.net/oan-lo-stato-piu-popolato-dellindia-e-ufficialmente-covid-free-dopo-luso-diffuso-di-ivermectina/

https://www.meteoweb.eu/2021/08/ivermectina-contro-il-covid/1715179

[87] https://www.limesonline.com/cartaceo/il-morbo-che-fa-rimpiangere-lurss

https://quifinanza.it/editoriali/video/sputnik-v-vaccino-russo/470953

[88] https://www.ilgiorno.it/mondo/oms-laboratori-ucraina-virus-batteri-quali-sono-1.7454231

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/09/in-ucraina-laboratori-di-armi-biologiche-le-accuse-russe-e-la-collaborazione-con-usa-e-canada-dove-sono-le-strutture-e-quali-sono-le-regole/6520647

https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/guerra-ucraina-russia-guerra-armi-biologiche-laboratori-f3c6myao

[89] https://www.wired.it/article/oms-trattato-pandemie/

https://www.swissinfo.ch/ita/politica/qual-%C3%A8-l-impegno-del-mondo-per-un-oms-pi%C3%B9-forte-/47610936

https://www.swissinfo.ch/ita/sanit%C3%A0-mondiale_bill-gates-ha-troppa-influenza-sull-oms-/46600166

[90] https://tg24.sky.it/mondo/2022/05/18/guerra-ucraina-russia-oms-wto-

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/mosca-isolata-duma-valuta-ritiro-oms-e-wto-ucraina-intanto-2035168.html

[91] Le critiche di Kissinger a Biden sono un fatto evidente delle preoccupazioni di questi settori economici

https://www.informazione.it/a/960B2577-4015-4FC8-AEE9-D47435F61B36/Kissinger-critica-Biden-Sbagliato-ideologizzare-la-guerra-in-Ucraina

https://www.pointofnews.it/ultime_notizie_su_biden/articolo-3303658-Guerra_in_Ucraina._Kissinger_critica_la_strategia_di_Biden_-_Tempi

~ di marcos61 su marzo 25, 2024.

2 Risposte to “DAL CAOS ATTUALE VERSO UN NUOVO MONDO?”

  1. non ho idea del perché , pazienza

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