UNA GUERRA MONDIALE IN FIERI
Quale è il carattere della presente guerra mondiale in fieri nella quale l’umanità è inesorabilmente trascinata e di cui è parte la guerra al momento localizzata in terra ucraina in quanto scontro armato fra la Nato che è il braccio armato dell’Occidente imperialista e la Russia “ariete” di un nuovo assetto multipolare del capitalismo mondiale?
Dal nostro punto di vista si tratta di una contesa armata fra Stati per una diversa e “più equa” ripartizione del potere capitalistico globale.
Sul fronte della guerra ucraino si cammina sull’orlo dell’abisso, del coinvolgimento delle forze della NATO, del possibile scambio di colpi anche nucleari. Il fatto è che anche nel caso di “congelamento” o di de-escalation del conflitto, le conseguenze sono comunque dirompenti da innescare una “feroce tempesta”.
Cosa intendiamo dire che siamo a rischio di “una feroce tempesta”?
Riteniamo che siamo alla vigilia di un brusco e violento assestamento del potere capitalistico globale che non corrisponde più a un mondo in cui l’egemonia imperialista degli USA e dell’Occidente collettivo è stata scardinata dall’iniziativa armata russa del 24 febbraio coperta alle spalle dalla potenza dello Stato cinese. I proletari e le masse popolari delle metropoli imperialiste a fronte questi avvenimenti devono prepararsi ai prossimi stati di emergenza repentinamente decretati nel precipitare degli eventi da un giorno all’altro, sperando che il terrorismo pandemico non sia di nuovo seminato in aggiunta al quadro di catastrofe economica e sociale.
Sul fronte della guerra ucraino si cammina sull’orlo dell’abisso, dal possibile coinvolgimento anche formale e dichiarato delle forze Nato, del possibile scambio di colpi anche nucleare.
Il fatto che anche nel caso di “congelamento” o di de-escalation del conflitto, le conseguenze sono comunque dirompenti. Il fatto è che la vetrina del controllo occidentale sull’Ucraina è stata sfasciata a colpi di maglio e con essa è definitivamente saltato il precedente equilibrio di potere mondiale.
Una serie di popoli e di Stati del Sud globale del mondo si dispongono per svincolarsi dallo stesso controllo politico e dal dollaro. Persino alle narici dei satrapi sauditi i profumatissimi dollari cominciano a puzzare e a bruciare fra le mani. E per tentare di farli profumare di nuovo bisogna che ci sia la garanzia, se non dell’oro che non c’è dal 1971, almeno e senz’altro la garanzia della spada gettata sulla bilancia da parte dell’emittente, applicando l’antichissimo metodo Brenno sempre valido finché dura, “multipolare” o meno, il dominio del capitale.
Il varco si è aperto: abbiamo visto le bandiere russe sventolate nelle dimostrazioni dei diseredati di Haiti[1], ma possiamo immaginare l’effetto di galvanizzazione su vastissime masse del Sud globale (comprese le rispettive borghesie nazionali) indotto dalla requisitoria “antimperialista” pronunciata da Putin il 30 settembre. Le rivolte di massa come quella dei giovani iraniani contro gli aspetti più reazionari del regime di Teheran che è un pezzo importante del cosiddetto “asse della resistenza” attorno al quale il nuovo equilibrio “multipolare” capitalistico prende forma, non spostano la corrente storica che spinge verso la caduta della egemonia Amerikana e dei suoi vassalli per quanto gli apparati dell’imperialismo “democratico” occidentale si sforzino di cavalcarla se non di dirigerla secondo un copione sperimentato in Libia e in Siria. A proposito di vassalli: tutti avvertono cosa si muove sotto la cresta dei mastini guerrafondai europei alla Von der Leyen, Borrel, Macron, Draghi/Meloni ecc.
Si muove soprattutto una parte della borghesia tedesca (e a ruota una parte del – fetente e invertebrato – sindacato tedesco) non disposta ad accettare il ricatto letale (con tanto di spudorati atti di guerra come il sabotaggio dei gasdotti) esercitato non da Putin ma “dall’amico americano”. Sotto la crosta si muove il malcontento di una larga parte della popolazione da spennare contraria alla guerra in quanto “pessimo affare” per la stragrande maggioranza dei cittadini e per i bilanci della proprietà privata generale e dello Stato.
Il denaro per tenere in piedi le strutture del buco nero dell’Ucraina del quisling Zelensky è tanto, non per niente giustifica l’invio dei fondi con la motivazione che egli rappresenta “la sicurezza fisica dell’Europa”. Quello che vuol far intendere Zelensky è che il crollo del suo regime sarebbe a questo punto il crollo del regime europeo, dei suoi attuali assetti di poteri, delle attuali oligarchie dominanti il capitalismo europeo che poi sono le stesse attualmente prevalenti nell’intero Occidente imperialista a partire dal suo centro USA dove è ancora più forte che in Europa è l’opposizione popolare alla guerra in Ucraina sia per le medesime e solide ragioni contabili che per l’opposizione politica da parte della frazione borghese “patriotica” o meglio patriotica imperialista raccolta dietro a Trump.
Il movimento storico in atto che nel punto di contatto ucraino scarica la sua tremenda tensione è un calice di cicuta che non piò essere trangugiato pacificamente dal corpo debilitante dell’Occidente imperialista, tanto dalla frazione borghese attualmente preponderante (quella cosiddetta “progressista” quella che propaganda un capitalismo “inclusivo” pitturato green) che da quella patriotica imperialista.
La frazione attualmente preponderante nell’Occidente imperialista non decide per la guerra di sterminio contro la Russia, poiché insicura di vincere lo scontro bellico diretto. Per questo motivo non gli resta altra scelta che far buon viso a cattiva sorte. Cioè trattare con Mosca (e con Pechino), cioè guadagnare tempo. Guadagnare tempo per rettificare il tiro di una politica dimostratasi avventurista e impraticabile.
Si tratta di una rettifica di tiro che sostanzialmente registra la sconfitta di una politica avventuristica che ha sbattuto la testa contro il muro russo (e cinese e del sud globale del mondo) senza però che tale registrazione si trasformi in un collasso incontrollato dell’Occidente imperialista; quindi, nel collasso del capitalismo mondiale di cui anche lo stato russo e quello cinese sono parte integrante.
C’è quindi, dato il livello della posta in gioco in palio, una convergenza di (contingenti) interessi fra i belligeranti (pedine ucraine escluse). Si tratta di trovare una formula di compromesso provvisorio, magari facendo fuori in una maniera o in un’altra e nell’interesse reciproco e “multipolare” delle due parti. Ma, se non si può procedere sulla strada della guerra di sterminio perché il rapporto di forza militare e complessivo al momento lo sconsiglia, il problema non è solo e tanto il burattino Zelensky, il quale deve rassegnarsi ad abbassare decisamente la cresta, in un modo o in un altro. Mascherando il più possibile l’indigeribile fatto compiuto del 24 febbraio cioè la violazione a mano armata russa della sovranità imperialista occidentale dell’Ucraina. Altrettanto delicata la manovra dello “sfidante” Putin il quale deve rassegnarsi ad alcuni pesanti concessioni tipo il ritiro dal territorio appena dichiarato solennemente annesso di Kherson. Ci sembra che il suo sistema di potere abbia le spalle sufficientemente larghe per far digerire il patteggiamento con il nemico ma certo che ulteriori arretramenti lo metterebbero in grandissimo imbarazzo e difficoltà sia sul piano interno che sul piano del “prestigio internazionale” dello Stato russo, perno essenziale del cosiddetto “mondo multipolare” in gestazione.
Sembra la quadratura di un cerchio ma per la salvezza del capitalismo mondiale i cerchi, ad ogni costo, si quadrano. Ad ogni costo: qualsiasi sia il prezzo in termini di distruzioni, di sofferenza, e di sangue umano richiesto e necessario per la riuscita della manovra, intanto, di “congelamento” e in seguito di “deescalation” (“trattative di pace” alla maniera degli accordi di Monaco del 1938; per “guadagnare tempo” alla maniera degli accordi Molotov-Ribbentrop dell’agosto 1939).
Il conflitto in terra ucraina è parte di una guerra mondiale in fieri. Come una parte della stessa guerra sono le operazioni di lockdown messe in atto a partire dal 2020 e che continuano tuttora nella principale fabbrica di plusvalore del mondo. Le stesse operazioni di guerra-lockdown che dal punto di vista economico sono operazioni di distruzione di capitale, sono state (e sono) funzionali alla preservazione della vita del capitale stesso, minacciata di collasso nell’estate 2019 (e non certo alla tutela della salute e della vita umana). A sua volta, quel collasso sfiorato/rinviato dell’estate 2019 rinvia alla crisi irrisolta del 2007/2008 che a sua volta ancora rinvia.
La causa profonda della “crisi permanente” che si trascina/rinvia ormai e che si è trasformata in guerra mondiale in fieri risiede nel venir meno della ragione stessa alla base della vita di Sua Maestà il Capitale, Maestà che domina sulla vita dell’umanità intera. La sua base è minata per ragioni interne, oggettive al meccanismo di valorizzazione del capitale nei suoi due momenti essenziali, inesorabili oggettive al meccanismo di valorizzazione del capitale nei suoi due momenti essenziali:
- Estrema difficoltà se non impotenza a generare plusvalore necessario alla vita del capitale (essendo inaridita la sua fonte ossia il lavoro salariato, scalzato – necessariamente e ineluttabilmente scalzato – dal sistema delle macchine, dei robot, dell’automazione che non generano alcun valore in più);
- Dall’estrema difficoltà di realizzare il plusvalore sul mercato cioè la necessaria trasformazione della merce prodotta (del valore contenuto nella merce) in denaro. La spaventosa quantità di Denaro-Debito creata dal sistema con mille trucchi per rendere possibile questa necessaria trasformazione (vendita delle merci/compera pagata con una ipoteca in carico lavoro salariato futuro) è un espediente che maschera una spaventosa insostenibile situazione.
Ciò significa la necessità insita nel meccanismo follemente iper-drogato di procedere ad una spaventosa distruzione di forze produttive e della forza produttiva “per eccellenza” secondo Marx: gli esseri umani in eccesso e senza alcun valore la razionalità del capitale.
Talune intelligenze “umane” (Yuval Noah Harari è uno di questi personaggi)[2], umane tra virgolette in quanto espressioni antropomorfe del Moloch-Capitale, parlando pubblicamente ed esplicitamente della necessità di procedere alla liquidazione di una massa di esseri umani non più produttiva.
In ragione di queste impotenze e difficoltà generali ed oggettive che attanagliano la vita del capitale, in ragione cioè del venir meno della sua stessa possibilità di vita (Capitale = Valore in processo nei due momenti di produzione del plusvalore e della sua realizzazione con l’operazione di vendita sul mercato) la lotta per l’accaparramento di ogni goccia di “valore in più” prodotta a scala globale diventa spasmodica fra le diverse e concorrenti concentrazioni di potere capitalistico. In questo senso la molla che spinge verso la guerra non deriva dalla volontà di questo o quel centro di potere, come nella seconda carneficina mondiale non è stata il frutto della volontà di questo o quel dittatore, del dittatore Hitler piuttosto che “democratico” Churchill o del “semi socialista” Roosevelt.
Intendiamo dire con questo ragionamento che la causa della guerra risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione e nello Stato borghese che si regge su queste basi. Tendiamo a precisare che anche quando la proprietà sia statizzata, la proprietà privata continua sussistere a far valere le sue decisive ragioni nella competizione con le altre “proprietà private” sul mercato mondiale, nella forma del Capitalismo di Stato, il quale coordina e disciplina le diverse unità produttive separate/isolate cioè operanti sulla base mercantile e monetaria delle singole/isolate contabilità dare/avere. Quindi le ragioni delle lotte di competizione e per la sopravvivenza che nel mondo dominato dal Capitale sboccano nella necessità della distruzione generalizzata, nella guerra, non cessano affatto in regime di Capitalismo di Stato.
Inoltre, altro punto importante da precisare parlando dei “piani complessivi” a scala globale per la preservazione della vita umana e della vita nella sua totalità “cosmica” (animali, piante, pietre ecc.), occorre osservare che le stesse istituzioni della “comunità-Capitale” (pensiamo ad istituzioni quali l’Onu o l’OMS, che sono degli autentici covi di briganti) tentano e attuano “razionali e scientifici piani complessivi”.
Esempi di “pianificazione” a scala globale della “comunità-Capitale” con cui abbiamo a che fare: l’Agenda 2030 varata dall’Onu “per lo sviluppo sostenibile”, la campagna per la “vaccinazione del mondo” iniziata ben prima del Covid 19 che l’emergenza sanitaria ha accelerata e imposta a miliardi di persone.
Stiamo parlando, tanto per “il piano complessivo” chiamato Agenda 2030 che per il piano di vaccinazione universale, di aspetti che a nostro modo di vedere sono anch’essi parte della presente guerra mondiale. Essi sono “piani complessivi” v che intendono preservare la vita dell’essere umano solo e unicamente in quanto inserita nella vita del Capitale. Vita umana da curare e preservare in quanto appendice della macchina-Capitale.
La “comunità-Capitale” (il suo “interesse collettivo”) attraverso le sue istituzioni nazionali e sovranazionali, non difettano di saper progettare ed attuare “piani complessivi”, non difettano di “mancanza di pianificazione”. Essa tende anzi a sistematicamente pianificare degli esseri la vita degli esseri umani. Ne pianifica anche la morte se è necessario. Non solo: la pianificazione della vita e della morte è attuata per il cosiddetto “bene comune”. In nome dell’interesse “sociale”, “collettivo” dentro il quale “interesse collettivo” può benissimo starci – e ci sta – l’interesse di classe in quanto classe del capitale appunto, e classe per sé (e dunque in quanto classe per sé rappresentante del generale interesse umano, del reale interesse sociale e collettivo).
Siamo giunti ad una resa dei conti storica – dopo un rinvio di mezzo secolo dal manifestarsi della crisi (iniziata nella metà degli anni Settanta del secolo scorso) reso possibile grazie allo straordinario sviluppo in particolare della Cina, formidabile fabbrica di plusvalore del mondo: “Alla produzione capitalista non resta altro che impadronirsi della Cina. Ora, effettuando infine questa conquista la vita del capitale è impossibile per il proprio movimento nella sua patria d’origine” “Non appena la concorrenza cinese diviene massiccia, spingerà le cose al loro parossismo da voi in America e da noi in Europa. E così la conquista della Cina da parte del capitalismo darà al tempo stesso l’avvio alla caduta del sistema borghese in Europa e in America”[3].
La prospettiva qui tracciata si sta realizzando, dopo aver inserito la Cina nel circuito globale del Capitale, però in condizioni più accidentate, più difficoltose per la vita del Capitale rispetto a quelle che portarono alla Seconda guerra mondiale.
A fronte della catastrofe in arrivo il Movimento Comunista, rivoluzionario, anarchico e antagonista è decisamente impreparato. Ma sarebbe meglio dire che nessuno lo è veramente.
Forse gli unici che siano preparati o meno impreparati sono le cerchie dei funzionari addetti alla pianificazione della possibile continuazione della vita del Capitale, per i teorici del “Grande Reset”, della Quarta rivoluzione industriale, non per caso costretti a “progettare” uno sviluppo transumano cioè “oltre l’umano” per come fino ad ora (fino all’attuale fantastico/terrificante livello raggiunto dalle forze produttive, la scienza in primis) l’abbiamo conosciuto e a rivestire i loro sinistri progetti di dittatura del Capitale nei quali la condizione proletaria è generalizzata all’intera società, di una maschera sociale e addirittura “socialista”.
La distruzione programmata di interi settori produttivi in Europa rientra nel piano di guerra mondiale del Capitale. Dal punto di vista economico operazioni di guerra come il sabotaggio dei gasdotti Nordstream attuati verosimilmente dalla Nato, così come dall’altra parte, per esempio, la distruzione dei giganteschi stabilimenti siderurgici di Mariupol corrispondono al movente capitalistico della presente guerra mondiale.
L’attuale situazione è caratterizzata dal concentramento di potere USA/Occidente collettivo non è paragonabile a quella dello Stato cinese tanto più a quella dello Stato russo (semi-circondato dalle basi militari Nato) né a quella dei due Stati messi insieme.
Si potrebbe azzardare, un paradosso storico, l’azione di Bismark fu, suo malgrado, un elemento positivo. Engels il 15 agosto 1870 scriveva a Marx: “Bismark fa un pezzo del nostro lavoro, a modo suo e senza saperlo, ma lo fa”. Infatti, la Rivoluzione si sprigionò. La Comune fu instaurata nel marzo 1871.
In effetti, la violazione della “legalità internazionale”, la violazione della “sovranità ucraina”, avvenuta a mano armata il 24 febbraio 2022 è, in questo senso, è un atto di portata storica. Putin, come Bismark ha compiuto un’azione dirompente.
C’è un’altra osservazione da fare. Putin e Xi Jinping hanno coscienza di rappresentare parti nazionali di una rete di interessi globale a cui si è connessi e da cui si dipende, quella del capitalismo mondiale. Sicché essi aggrediti dall’imperialismo USA/Occidente collettivo, avvertono che il crollo dell’aggressore può rappresentare un pericolo mortale anche per il loro stesso sistema di potere. Agisce su di essi. La stessa forza di suprema conservazione borghese che trattenne Hitler (ovvero il capitalismo tedesco) dopo Dunkerque nel maggio del 1940.
All’epoca gli Stati dell’Asse e soprattutto la Germania, che erano nel 1940 lanciati sulla via del successo, nella realtà puntavano a un compromesso imposto al nemico basato sulla comune base degli schemi dell’imperialismo mondiale, non tentarono di sommergere la Gran Bretagna che era in quel periodo il principale fortilizio avversario, se invece di irradiare puntate centrifughe per tutta Europa, nell’Africa settentrionale poi verso l’Unione Sovietica, lo avessero colpito di fondo dopo Dunkerque. Il crollo della Gran Bretagna avrebbe sommerso il capitalismo mondiale, per lo meno lo avrebbe travolto in una crisi spaventosa, mettendo in moto le forze di tutte le classi e di tutti i popoli straziati dall’imperialismo e dalla guerra.
Il cosiddetto “mondo multipolare” ossia la fine della presa egemonica dell’Occidente collettivo sul resto del mondo che sta effettivamente prendendo forma ed anche a ritmi accelerati – ed è un movimento di Stati, di razze e popoli di formidabile portata storica che non preclude però pur attraversando le inevitabili e dolorose doglie del parto, ad una nuova possibile sistemazione del mondo una volta liberato dal giogo americano e dell’Occidente collettivo. Prelude all’incendio generale che avvolgerà l’insieme di questo mondo del Capitale.
Dopo mezzo secolo di rinvii, l’insieme dell’organismo capitalistico mondiale è irreversibilmente afflitto da impotenza, è in condizione di fine vita e reclama di procedere alla enorme distruzione di forze produttive. Non è decrepita/impotente solo una parte dell’Occidente collettivo mentre ancora esuberanti e vitali sarebbero le altre sue parti a cominciare dalla principale fabbrica di plusvalore del mondo. Nella realtà, la Cina non è un centometrista il sistema dei BRICS non è una staffetta di velocisti olimpici invece che di zombies arrancati. Cina, BRICS e Occidente collettivo sono tutti concorrenti della stessa gara a ostacoli del Capitale, tutti protesi a battere lo stesso record (di produttività del Capitale) verso l’abisso. Stesso medesimo il campo di gara: il mercato mondiale, che non può essere spezzato in due o più campi senza che ciò implichi, quasi automaticamente, l’avvio dell’incendio e della devastazione generalizzata.
Al dollaro (e all’euro) riconosciuto come privo di valore se non “coperto” dalla forza imperialista, non si sostituirà stabilmente alcuna altra valuta (o paniere di valuta) rappresentante di un “capitalismo sano” (si fa per dire ovviamente) in via di sviluppo. Non ci sarà alcuna stabile sistemazione di un mondo “multipolare” di Stati borghesemente “liberi e uguali”.
“Multipolare” cioè mondialmente interconnesso e intercomunicante, sarà il processo della Rivoluzione, sarà la serie di esplosioni rivoluzionarie di cui saranno protagoniste masse di esseri umani senza riserva e schiavi del Capitale (per quanto del tutto incoscienti o quasi di esserlo), oppure dovranno perire in massa e da schiavi.
La prossima scossa tellurica di cui siamo alla vigilia metterà in discussione, gli attuali governi, le attuali intese e alleanze interne agli Stati e fra gli Stati. Specie in Europa è prevedibile che le varie correnti politiche “antiglobaliste”, “sovraniste”, “nazionalpopolari”, già ampiamente dispiegate nelle società si gonfieranno di sostegno proletario e popolare.
Sarà un potente reazione da parte delle masse popolari contro l’incalzante “rivoluzione dall’alto” diretta dalle centrali mondiali del cosiddetto stakeholder[4] capitalism di quello che si potrebbe definire pure “capitalismo inclusivo”, il cui contenuto economico è la feroce concentrazione del Capitale in pochissime mani ed una altrettanto feroce e totalitaria concentrazione del potere sul piano politico. Si tratta del contenuto del fascismo realizzato su scala globale dentro la forma democratica e supportato, per giunta e per ironia della storia, da una vasta manica di progressisti e di “antifascisti”. L’esperienza fatta nel laboratorio-Italia in questi anni di “emergenza sanitaria” è emblematica di questo passaggio.
La prospettiva politica delle varie correnti sovraniste si può riassumere in uno slogan: “10-100-1000 liberazioni nazionali” (persino negli USA cioè nel cuore dell’imperialismo mondiale si tratterebbe di una questione di “liberazione nazionale”!). Questa prospettiva è del tutto illusoria, destituita di ogni fondamento: l’aggressività devastante del Capitale, delle sue centrali “globaliste” giunto alla sua fase terminale di vita che può essere prolungata solo, attraverso un terrificante falò di carne umana e di cose ormai senza valore che sono ormai di intralcio per la vita del Capitale, può essere affrontata-fermata- battura attraverso un processo mondiale di Rivoluzione dal basso. Significa abbattere le attuali strutture statali e non la loro conversione o conquista in vista di un loro utilizzo in funzione “sociale”. L’unica vera “sovranità nazionale” possibile, realmente in grado di spezzare il giogo imposto dal potere del Capitale sulle masse e sull’intera società risiede nell’instaurazione della Comune sulle ceneri dello Stato distrutto dall’azione rivoluzionaria.
[1] https://www.facebook.com/watch/?v=457298569825288
[2] Harari sostiene che la “la natura non è né buona né cattiva, è semplicemente al di fuori della moralità” http://www.conquistedellavoro.it/attualit%C3%A0/le-persone-inutili-di-yuval-harari-e-la-negazione-del-libero-arbitrio-1.2922373#:~:text=Per%20Harari%20e%20Zizek%20la,%E2%80%9Cnaturali%E2%80%9D%20pu%C3%B2%20suonare%20strano.
[3] Engels a Kautsky, 22/09/1894 e Engels a Fr. a. Sorge, 10/11/1894.
[4] Tutti i soggetti, individui od organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica (progetto, azienda), il cui interesse è negativamente o positivamente influenzato dal risultato dell’esecuzione, o dall’andamento, dell’iniziativa e la cui azione o reazione a sua volta influenza le fasi o il completamento di un progetto o il destino di un’organizzazione