LA MENTE COME ARMA SUPREMA
La mente è sempre stata l’arma migliore a disposizione dell’uomo fin dall’alba dei tempi, sia per l’elaborazione di strategie che per la creazione di nuovi sistemi offensivi e difensivi da adoperare in battaglia.
Nel 2019, la famigerata DARPA[1] ha deciso di rendere tale metafora una realtà con il lancio del programma N3, ossia Next-generation Non-surgical Neurotechnology (Neurotecnologia non chirurgica di nuova generazione)[2].
Il programma N3 mira alla creazione un’interfaccia di collegamento neurale diretto tra uomo e macchina, permettendo al cervello del pilota umano di inviare istruzioni ai sistemi connessi senza ausilio di consolle esterne.
Pur non trattandosi del primo sistema di guida neurale in assoluto, N3 presenta una sostanziale e ambiziosa differenza rispetto ai progetti condotti finora: l’operabilità non chirurgica. In sintesi, N3 consentirebbe la creazione di un’interfaccia neurale uomo-macchina senza ricorrere a interventi o a modifiche invasive nel cranio dell’operatore come, ad esempio, l’applicazione di elettrodi.
Per quanto riguarda gli aspetti economici e organizzativi, lo sviluppo del progetto lanciato dalla Darpa è stato ripartito tra sei diversi enti di ricerca, che hanno a disposizione quattro anni per mettere a punto i loro prototipi seguendo tre diverse fasi di sviluppo (un anno è previsto per la prima fase e 18 mesi per ciascuna delle altre due).
Quando si parla di comunicazione tra uomo e macchina il principale problema è dato dalla lettura degli impulsi elettrici che il cervello usa per trasmettere (di norma, con il resto del corpo umano). Entra qui in gioco la necessità di una lettura in “alta definizione” dell’attività neurale dell’operatore, al fine di poter impartire ordini chiari alla macchina.
A tal riguardo, il programma N3 si pone un target scientifico decisamente ambizioso: lo sviluppo di un’interfaccia in grado di leggere l’attività delle cellule presenti in un millimetro cubo di tessuto cerebrale e interagire con esse in un arco di tempo di appena 50 millisecondi, coinvolgendo nel processo 16 aree diverse del cervello. Anche tenendo conto dei notevoli progressi fatti nel campo delle neuroscienze e della robotica in questi ultimi anni, bisogna considerare alcuni aspetti alla base della relazione uomo-macchina.
La principale motivazione che ha mosso la Darpa ad avviare un progetto come N3 è facilmente intuibile: in un mondo dove automazione e droni si stanno diffondendo in maniera rapida e visibile tra le forze armate delle nazioni, chi controlla le forze robotiche in maniera più efficace e reattiva controlla facilmente anche il campo di battaglia.
Ciononostante, tale osservazione non si limita solo a un efficace controllo sulle unità senza pilota aeree o terrestri (Uav, Ugv). Come spiegato dal direttore del programma Al Emondi, una tecnologia come N3 trova applicazione anche nel campo della cybersecutity e potrebbe verosimilmente essere impiegata anche nella gestione di infrastrutture strategiche. Ma il Pentagono non è necessariamente destinato a essere l’unico beneficiario (così come non è stato l’unico finanziatore) di questa tecnologia.
Per definizione stessa di dual-use, le applicazioni ‘pacifiche’ del sistema N3 sono molteplici. Ad esempio, un sistema come N3 potrebbe aiutare le persone rimaste invalide o mutilate a riacquistare in parte o totalmente le funzioni motorie, collegando i pazienti a degli arti protesici oppure a degli esoscheletri di supporto. Anche il settore spaziale potrebbe beneficiare di N3 in maniera decisiva nello sviluppo dei robonauts e altri progetti di ricerca o esplorazione extraterrestre.
Tuttavia, nessuno può affermare con certezza che le riflessioni etico-morali prevarranno di fatto su interessi economici più grandi, specie considerando il budget astronomico (718 miliardi di dollari previsti per il 2020) di un apparato militare-industriale come quello statunitense, al quale la Darpa non avrebbe troppi problemi ad attingere.
Sebbene N3 costituisca – per il momento ancora in linea teorica – un assottigliamento senza precedenti della già stretta relazione uomo-macchina, esso rappresenta niente più che un tassello di un mosaico ancora incompleto dal quale emerge un unico dato realmente chiaro: ancora una volta, la macchina è chiamata a prendere il posto dell’uomo.
[2] https://www.darpa.mil/program/next-generation-nonsurgical-neurotechnology