OPERAZIONI MEDIATICHE PER DISTRUGGERE LE COSIDDETTE “TEORIE DEL COMPLOTTO”

      I discorsi (e le teorie) antimperialisti e anticapitalisti dei leader dei movimenti popolari che si scontrano e/o prendono posizione contro la struttura del potere imperialista sono svalutati e ridicolizzati come “teorie della cospirazione”. Possiamo prendere come esempio di tale agire il fatto che le denunce che faceva Chavez contro gli USA e il capitalismo, o quelli della Resistenza palestinese contro l’agire di Israele e del sionismo internazionale, erano (per quanto riguarda la Resistenza palestinese lo sono ancora) presentate come “deliri complottisti”, infondati nella realtà.

   Presentare certi discorsi non in linea con le classi dominanti come “deliranti” o “fuori dalla realtà” è una tecnica manipolatrice ricorrente che la struttura mediatica dominante usa storicamente contro i leader (e le teorie) che si scontrano col sistema capitalista.

  Nello stesso modo i sacerdoti (analisti e giornalisti) dei monopoli della comunicazione stabiliscono scale di valori e determinano come “cospirativa” (o di poca fiducia) tutta l’informazione che circola liberamente fuori dal circuito commerciale o dai loro circuiti politici.

   Così come i grandi monopoli economici fissano le regole del mercato e stabiliscono i prezzi, i grandi monopoli dell’informazione fissano le regole e determinano giornalmente (attraverso la concentrazione monopolistica) quello che è notizia e ciò che non è notizia nel mercato dell’informazione a livello locale ed internazionale.

   Generalmente, quando un’informazione rompe con le maglie di ciò che è stabilito, quando rivela aspetti funzionali o interessi del sistema capitalista che sussistono dietro i governi, i monopoli economici e dell’informazione viene qualificata immediatamente come “teoria cospirativa”. Che si tratti di notizie provenienti da ricerche scientifiche,  da verifiche reali e documentate, il sistema chiude qualsiasi tipo di analisi e di valutazione con due parole fatali: “teorie cospirative”.

   Un esempio chiaro di questo metodo è l’11 settembre 2001: ci sono decine di documenti e addirittura prove fotografiche che testimoniano che la versione ufficiale diffusa dalla Casa Bianca e dai servizi segreti è una mistificazione, tutta questa documentazione viene squalificata come “teoria cospirativa”.

   Decine di scienziati, di ricercatori e di prestigiosi esperti, sono stati messi a tacere, attaccati o discreditati, per il semplice fatto di presentare una versione degli attacchi terroristi che non corrispondeva alla versione predominante nella struttura mediatica egemonica. Questo è solo un esempio, dato che è la metodologia usata giornalmente (e in massa) per screditare gli influssi dell’informazione alternativa che filtrano attraverso la rete ve che possono minacciare la versione ufficiale delle notizie manipolate dai media di regime.

   In termini funzionali (ed anche se esistono canali sfruttati dai servizi segreti, dai governi e dai vari gruppi economici) l’informazione alternativa che il sistema qualifica come “teoria cospirativa”, nel web ha, in generale una funzione molto precisa: far venire alla luce quei sospetti che esistono sulle attività occulte, (o segrete) che al potere, inclusi i media asserviti al sistema, non interessa  siano diffuse.

   In termini politici, la missione essenziale della struttura mediatica convenzionale (la cui informazione “obiettiva” non è niente altro che una cospirazione del potere per occultare la realtà) squalifica e ridicolizza tutto ciò che esca dai cannoni del sistema capitalista. Paradossalmente, quelli che giudicano e decidono ciò  che è “informazione obiettiva” e ciò che è “informazione cospirativa”, sono gli stessi monopoli della comunicazione che hanno costruito il loro potere sulla base della speculazione commerciale con quella che è effettivamente una “informazione cospirativa” venduta come “informazione obiettiva”.

   L’informazione mondiale (convenzionale e popolare) non è costruita sull’obiettività e la ricerca della verità, ma sulla base della commercializzazione delle “notizie” e la manipolazione attraverso il controllo dei cervelli e l’orientamento del comportamento sociale in massa con scopi politici ed economici. In primo luogo, l’informazione è una merce destinata altro prodotto commerciale in offerta sul mercato capitalista.

   In termini funzionali (e aldilà delle leggende che si costruiscono intorno ad esse) le aziende giornalistiche non sono guidate da scopi sociali ma dalla ricerca del lucro economico.

   Torniamo al discorso dell’11 settembre.

   In merito a questo fatto l’informazione che fu fatta potrebbe essere tranquillamente collocata nella categoria “teoria del complotto “, ma è difficile che in casi del genere si scomodi questo concetto. Vi si ricorre solo per quelle teorie, non importa se plausibili o fantasiose, che non hanno il timbro di approvazione dell’ establishment.

   In altri termini, esistono delle “teorie del complotto buone” e delle “teorie del complotto” cattive, le prime sono appunto quelle divulgate dagli esperti delle trasmissioni televisive tradizionali, e non vengono mai definite come tali, in effetti, se ci fosse un’informazione minimamente onesta, il racconto dei diciannove arabi armati di taglierini che avrebbero dirottato diversi aerei di linea, evitato facilmente le difese aeree del NORAD, e ridotto vari edifici celebri in polvere, sarebbe in breve tempo universalmente ridicolizzato come una “teoria del complotto” tra le più assurde, tratta di sana pianta da qualche fumetto e capace di convincere solo degli spiriti malati, battendo il record dell’assurda teoria del “lupo solitario” nell’assassinio di  JFK.

  Anche senza che simili rivolgimenti si siano mai verificati nel controllo dei media,  abbiamo ugualmente già assistito a radicali cambiamenti nelle credenze pubbliche statunitensi, anche solo per effetto di implicite associazioni. Subito dopo gli attentati del 2001, tutti i media USA sono stati arruolati nell’opera di denuncia e denigrazione di Osama Bin Laden, il presunto cervello dell’islamismo, quale  “peggior nemico nazionale dell’Occidente”, col suo volto barbuto continuamente in evidenza nelle televisioni e nei giornali, e diventato perciò rapidamente uno dei più noti al mondo. Ma quando l’amministrazione Bush e i suoi principali alleati mediatici hanno avviato i preparativi della guerra contro l’Iraq, le immagini delle torri in fumo hanno cominciato ad essere associate alle foto del dittatore coi baffi, Saddam Hussein, che era peraltro un nemico di Osama bin Laden. La conseguenza è stata che, al momento dell’attacco nel 2003, i sondaggi rivelavano che  il 70% dei cittadini degli USA[1] credeva oramai che Saddam fosse direttamente responsabile della distruzione del nostro World Trade Center. In quei momenti, sono certo che parecchi milioni di statunitensi, patrioti ma non troppo informati, avrebbero denunciato e insultato con rabbia, definendolo un “teorico del complotto un po’ folle”, chiunque avesse avuto la temerarietà di affermare che Saddam non era coinvolto nell’11 settembre, per quanto nessun dirigente abbia mai osato esplicitamente avanzare una tesi così falsa[2].

https://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/analisi/2162-e-stata-la-cia-a-inventare-il-concetto-di-teoria-del-complotto-e-questa-non-e-una-teoria-del-complotto


[1] http://usatoday30.usatoday.com/news/washington/2003-09-06-poll-iraq_x.htm

[2] https://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/analisi/2162-e-stata-la-cia-a-inventare-il-concetto-di-teoria-del-complotto-e-questa-non-e-una-teoria-del-complotto

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~ di marcos61 su dicembre 12, 2022.

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