ECHELON ITALIA?

    È emerso un tentativo di controllo telematico nei tribunali e Procure di tutta Italia. Genchi [1]lo aveva capito: un grande orecchio sarebbe in ascolto e con il nuovo Registro Generale Web l’operazione sarebbe completata. A realizzare gli apparati per conto del Ministero della Giustizia sono alcune aziende finite nelle inchieste Why Not[2] e Poseidone[3].

.  Alla  fine anni Ottanta, dentro un contesto di crisi generale del capitalismo (crisi non solo economica ma anche politica e culturale), dell’accentuarsi della crisi del revisionismo che avrebbe portato all’aperta e dichiarata restaurazione del capitalismo nei paesi “socialisti”  e dove la contraddizione principale diveniva borghesia imperialista/popoli oppressi (l’avvio della guerra popolare del Perù rendeva evidente che l’asse del processo rivoluzionario si era spostata),  l’imperialismo USA stava sperimentavano il controllo a tappeto dei miliardi di abitanti del pianeta collaudando la rete spionistica telematica che fosse mai stata immaginata – Echelon – prima solo in ambito militare, poi estesa anche ad usi civili, in Italia per decidere le sorti della giustizia ed incanalare il destino dei processi era ancora necessario ricorrere ad incontri vis a vis, sfruttando canali di mediazione come le agape massoniche o i pizzini orali, passati di bocca in bocca tra colletti bianchi e intermediari mafiosi.


   Da tempo non è più così. Almeno da quando, dalla fine degli anni Novanta, il controllo telematico dei palazzi di giustizia italiani ha cominciato a diventare una rete che avviluppa, scruta e controlla tutto, dai piani alti della Cassazione alla scrivania dell’ultimo cancelliere, dalle Alpi alla Sicilia. Dopo il monitoraggio minuto per minuto delle operazioni finanziarie – che avvengono ormai esclusivamente on line da un capo all’altro del mondo – ora qualcuno aveva cominciato a tracciare ed orientare anche le sorti dell’intero sistema giudiziario italiano. Al punto che, a distanza di appena quattro-cinque anni dagli spionaggi alla Pio Pompa o alla Tavaroli, il quadro è un altro: oggi non serve più spiare, basta entrare nella rete dalla porta giusta, mettersi in ascolto. E poi decidere.


  Ne è passata insomma di acqua sotto i ponti da quel luglio del 1992, quando per coprire i responsabili dell’attentato di Capaci si rese “necessario” da parte del blocco che si potrebbe definire borghesia nera, far saltare in aria anche Paolo Borsellino con tutta la sua scorta, lasciandoci dietro, ancora una volta, tutta una serie di tracce insanguinate, piccoli e grandi particolari cartacei fatti sparire troppo in fretta, come l’agenda rossa, portata via clamorosamente sotto gli occhi di tutti dal colonnello Arcangioli[4] solo pochi minuti dopo l’eccidio. Un sistema, del resto, quello della “pulizia totale”, che compare come un macabro rituale anche in omicidi di quel tempo, quale quello del giornalista antimafia Beppe Alfano, nel 1993, la cui figlia Sonia racconta di quegli autentici plotoni di polizia e carabinieri entrati per ore a devastare armadi e cassetti di una famiglia ammutolita da un dolore lancinante ed improvviso, alla ricerca di carte, documenti, fascicoli, racconta Sonia “quasi che il criminale fosse mio padre ancora a terra in una pozza di sangue, e non coloro che lo avevano atteso per ammazzarlo”.[5]
   Quella volta però, quel 19 luglio 1992, era già in azione un vicequestore siciliano che nell’uso delle tecnologie informatiche era più avanti delle stesse barbe finte nostrane, ancora costrette a perquisizioni, pulizie, furti per occultare le prove dei crimini di Stato. Quel vicequestore si chiamava Gioacchino Genchi. E la sua storia, i violenti tentativi di zittirlo e delegittimarlo fino all’annientamento ci fa ripiombare di colpo dentro l’Italia di oggi, in un Paese dove per uccidere uno o due magistrati non è più necessario spargere sangue. Perchè a tutto pensa il grande Echelon del sistema giudiziario italiano, Che ha nomi, volti e terminali ben precisi.

   Partiamo adesso da un uomo che Echelon che ha ammesso di aver collaborato alla messa a punto del Grande Orecchio americano. Quest’uomo si chiama Maurizio Poerio, è un imprenditore nei sistemi informatici ad altissima specializzazione e su di lui si soffermano a lungo i pubblici ministeri salernitani che indagavano sui loro colleghi della procura di Catanzaro, messi sotto accusa con una mole impressionante di rilevanze investigative raccolte dall’allora PM Luigi De Magistris grazie anche alla consulenza prestata da Gioacchino Genchi.


   Un nome, Poerio, una scatola nera che racchiude mille misteri. Ma cominciamo dall’oggi. E cominciamo dalle tante verbalizzazioni nelle quali De Magistris a Salerno dichiara apertamente che potrebbe essere stato spiato, che tutta la sua attività investigativa era stata probabilmente – o quasi certamente – monitorata fin dall’inizio. Non attraverso gli 007 dei Servizi, ma in maniera semplice e naturale, vale a dire attraverso la società privata che gestisce i sistemi informatici dell’intero pianeta giustizia in Italia. Questa società è la CM Sistemi.

   Appunto. Con una potentissima e storica diramazione – la CM Sistemi Sud – proprio in Calabria, regione dalla quale questa azienda aveva avuto origine negli anni Ottanta. Ma anche la regione dove da sempre aveva vinto l’appalto per la “cura” degli uffici giudiziari. E in cui risiede il suo amministratore delegato: quella stessa Enza Bruno Bossio, moglie del plenipotenziario Ds Nicola Adamo ma, soprattutto, pesantemente indagata prima nell’inchiesta Poseidone (il bubbone avocato a De Magistris in circostanze ancora tutte da chiarire sul piano della legittimità) e poi in Why Not.


   CM Sistemi di Maurizio Poerio è una colonna portante, capace di tessere ed orientare i rapporti con la pubblica amministrazione.


   Ma Poerio non è solo un manager dell’ICT (Information and Communication Technology) prestato alla CM. Il suo ruolo, come dimostra la perquisizione di De Magistris presso i suoi uffici romani, va ben oltre. L’11 settembre del 2006, interrogato nell’ambito di Poseidone, l’imprenditore calabrese prova a prendere le distanze da quella società, che appare già dentro fino al collo nell’inchiesta giudiziaria. Poerio affermava rispondendo ad una precisa domanda: “Conosco molto bene  Marcello Pacifico, presidente della CM Sistemi, società per la quale ho collaborato attraverso un contratto di consulenza professionale[6]. Un tentativo estremo di prendere il largo: da buon commercialista (è iscritto all’ordine di Catanzaro) Poerio sapeva bene che sarebbe bastata una semplice visura camerale a smentirlo. Della romana CM Sistemi spa, infatti, oltre un milione e mezzo di capitale nel motore, il manager calabrese è a tutti gli effetti consigliere d’amministrazione, all’interno di un organigramma che risulta quasi identico a quello della sua costola meridionale, la stessa CM Sistemi Sud capitanata dalla Bruno Bossio. Perchè allora parlare di semplici “consulenze”? Il fatto è che la faccenda si stava facendo complicata. Dal momento che per la prima volta quel grande orecchio invisibile capace di scrutare dentro tutti gli uffici giudiziari italiani stava dando segnali concreti della sua esistenza. Cominciava a capire De Magistris, che in gioco non c’era solo la storia degli appalti pilotati a Procure e tribunali della Calabria (gara “regolarmente” aggiudicata per l’ennesima volta alla CM Sistemi Sud), ma la credibilità dell’intero pianeta giustizia nel nostro Paese, se non addirittura i destini del sistema Italia.


   E’ il consulente del pubblico ministero De Magistris, Pietro Sagona, ad illuminare i PM salernitani su alcune circostanze a dir poco imbarazzanti che riguardano la CM Sistemi (siamo al 7 aprile 2008, ma Sagona riferisce particolari che evidentemente erano già ben noti a Poerio e company): “Nell’ambito degli accertamenti da me espletati è emersa la rilevanza del consorzio Tecnesud, destinatario di un finanziamento pubblico già in fase di stipula della convezione con il Ministero delle Attività Produttive, non stipulato soltanto a causa della mancanza di uno dei cinque certificati antimafia richiesti e pervenuti relativo alla società Forest S.r.l. titolare di un’iniziativa consorziata ed agevolata. Il finanziamento era di sessanta milioni di euro complessivi, otto dei quali a carico della Regione Calabria, il residuo a carico dello Stato[7]. Del consorzio faceva parte anche la CM Sistemi. Ma perchè alla socia Forest non era stato rilasciato il certificato antimafia? Risponde Sagona: “Presidente della Forest era tale avvocato Giuseppe Luppino, nato a Gioia Tauro il 5 marzo 1959, nipote di Sorridente Emilio, classe 1927, ritenuto organicamente inserito nella consorteria mafiosa dei Piromalli-Mole’[8]. E non è finita: “il predetto Luppino risultava esser stato denunciato per gravi reati quali turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale, falsità ideologica ed associazione per delinquere di stampo mafioso[9] e sottoposto a procedimento penale a Palmi.
Ricapitolando: la CM Sistemi, talmente affidabile da vincere la gara d’appalto per l’informatizzazione di tutti gli uffici giudiziari nella regione Calabria, sedeva nel consorzio Tecnesud accanto ad una sigla, la Forest, riconducibile ad una fra le più pericolose cosche della ‘ndrangheta.


   Una circostanza allarmante. Ma non l’unica. In quello stesso, fatidico interrogatorio dell’11 settembre 2006 Poerio, per accrescere la propria credibilità di manager in rapporti transnazionali, non mancò di aggiungere: “Mi sono occupato per conto della I.T.S. di una serie di progetti per l’utilizzo di tecnologie per le informazioni satellitari per uso civile, quale ad esempio il progetto Echelon negli Stati Uniti d’America e GIS in Italia”. Di sicuro, insomma, Poerio era un personaggio che in fatto di “controllo a distanza” poteva considerarsi fra i massimi esperti mondiali.

   Fu probabilmente proprio allora che la sensazione di essere spiato diventò per De Magistris qualcosa di più d’una semplice impressione. Con elementi che nel tempo andavano ad incastrarsi come tessere di un mosaico per confermare quella ipotesi. Sarà lo stesso ex PM a raccontarlo più volte ai colleghi salernitani, come si legge in alcune pagine delle sue lunghe verbalizzazioni riportate per esteso nell’ordinanza di perquisizione e sequestro emessa a carico della Procura di Catanzaro.


   Il 24 settembre del 2008 De Magistris contestualizza innanzitutto tempi e personaggi di quel sistema che aveva il suo terminale dentro il ministero della Giustizia, retto nel 2007 dall’indagato di Why Not Clemente Mastella. Ed arriva al collegamento fra quest’ultimo e la CM Sistemi. Ci arriva attraverso un altro carrozzone politico destinatario di enormi provvidenze pubbliche in Calabria, il consorzio TESI, del quale faceva parte la società della Bruno Bossio (e quindi di Poerio): sempre lei, la regina CM. Dichiara De Magistris” “Personaggio che ritenevo centrale quale anello di collegamento tra il Mastella ed ambienti politici ed istituzionali, oltre che professionali, in Calabria ed anche a Roma  era l’avvocato Fabrizio Criscuolo, il cui nominativo emergeva anche nelle agende e rubriche rinvenute durante le perquisizioni effettuate nei confronti del Saladino[10] Nello studio associato Criscuolo presta servizio quale avvocato anche Pellegrino Mastella, figlio dell’ex-ministro[11].


   Ma non basta. “Il predetto Criscuolo risulta aver coperto la carica di consigliere d’amministrazione della Aeroporto Sant’Anna spa, con sede in Isola Capo Rizzuto, il cui presidente era il professor Giorgio Sganga, coinvolto nelle indagini Poseidone e Why Not in quanto compariva nell’ambito della compagine della società TESI[12] in compagnia, appunto, della CM. Insomma, da Mastella a Criscuolo, da Criscuolo a Sganga fino a TESI, dove ritroviamo la CM e gli appalti negli uffici giudiziari. Compresa la realizzazione del RE.GE, vale a dire lo strategico Registro Generale centralizzato nel quale PM e gip sono tenuti a riversare tutte le risultanze del loro lavoro, ma anche ad anticipare le iniziative giudiziarie (perquisizioni, sequestri etc.) che andranno ad effettuare di lì a poco.


   Altro trait d’union fra gli artefici del Grande Orecchio in Procura e l’allora titolare di Via Arenula lo si rintraccia seguendo la carriera del secondo figlio di Mastella, Elio. Precisa De Magistris: “Dalle attività investigative che stavo espletando era emerso che Elio Mastella era dipendente, quale ingegnere, nella società Finmeccanica, oggetto di investigazioni nell’inchiesta Poseidone, società interessata anche ad ottenere il controllo, proprio durante il dicastero Mastella, dell’intero settore delle intercettazioni telefoniche[13]. Ma in Finmeccanica “si evidenzia anche il ruolo di Franco Bonferroni[14] gia’ destinatario di decreto di perquisizione e coinvolto nelle inchieste Poseidone e Why Not, nonché’ il genero del gia’ direttore del Sismi, il generale della GdF Nicolò Pollari[15].

   E dire Finmeccanica significava in qualche modo tornare a Maurizio Poerio, che proprio insieme a quella società aveva preso parte a numerosi progetti internazionali, in primis quello denominato Galileo.[16]

   Il 16 novembre 2007 De Magistris dichiara di aver acquisito elementi sull’attività di monitoraggio che andava avanti ai suoi danni (e questo spiegherebbe fra l’altro anche il rincorrersi di strane “anticipazioni”, come quando il PM apprese dell’avocazione del fascicolo Poseidone dalla telefonata di un giornalista dell’Ansa dopo che, a sua totale insaputa, la notizia era addirittura gia’ stata pubblicata da un quotidiano locale): “spesso ho avuto l’impressione di essere anticipato, e questo sia in Poseidone che in Why Not; si e’ verificato, cioè proprio mentre… appena arrivo al punto finale, le indagini vengono sottratte. Poi… intervenivano le interrogazioni parlamentari, e arrivavano gli ispettori, e arrivavano le missive. Cioè sempre o di pari passo, o qualche volta addirittura in anticipo su quelle che potevano essere poi le mosse formali successive”.[17]


   Ma le “fughe di notizie”, una volta trovato il sistema per realizzarle, potevano anche essere sapientemente pilotate. Dice De Magistris ai colleghi di Salerno nelle dichiarazioni rese a dicembre 2007 “ad un certo punto penso che sia stata utilizzata la tecnica di “pilotare” una serie di fughe di notizie per poi attribuirle a me. Si facevano avere notizie anche a giornalisti che avevo conosciuto in modo tale da attribuire poi a me il ruolo di “fonte” di questi ultimi. Per non parlare delle gravi e reiterate fughe di notizie sulle audizioni al Csm anche in articoli pubblicati dal Corriere della Sera e da La Stampa: perfino la mia memoria, depositata con il crisma del protocollo riservato, e’ stata riportata, in parte, virgolettata[18].

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   E così, grazie allo stesso, collaudato “orecchio”, può accadere anche che, alla vigilia di importanti e riservatissimi provvedimenti cautelari, i destinatari siano gia’ ampiamente informati e mettano in atto adeguate contromisure. E se il metodo funziona, molti, all’interno dell’ambiente giudiziario sicuramente questi signori si saranno posti la domanda perché, questa rete informativa, non adottarla anche in altre Procure, come a Santa Maria Capua Vetere?

   Torniamo a fine 2007, ai giorni caldi che precedettero le dimissioni di Mastella, il ritiro della fiducia al governo da parte dell’Udeur e la conseguente caduta dell’esecutivo Prodi. Osserva De Magistris “Taluni quotidiani nazionali hanno riportato fatti dai quali si evincerebbe che lo stesso senatore Mastella o ambienti a lui vicinissimi abbiano contribuito, forse anche con l’ausilio di soggetti ricoprenti posti apicali al Ministero della Giustizia, a far trapelare la notizia degli imminenti arresti da parte della magistratura di Santa Maria Capua Vetere, o che comunque fossero al corrente del fatto e si adoperassero per predisporre una “strategia difensiva[19]. Del resto resoconti giornalistici informano che Mastella avesse gia’ pronto un “ricco” discorso in Parlamento ed il consuocero[20] la sera prima, si fosse ricoverato in una clinica.

   Come abbiamo visto, l’Echelon del 2000 non e’ più la creatura misteriosa messa in piedi negli anni della guerra fredda dai pionieri della tecnologia. Oggi le apparecchiature avvolgono in una rete invisibile praticamente tutti i palazzi di giustizia. Ed il controllo e’ centralizzato. Ovvio, allora, che se si intende “gestire” questo sistema garantendosi ogni possibilità di accesso occulto (la parola spionaggio a questo punto perde anche di senso) occorre poter contare su garanti fidati. Persone che, per il loro passato, offrano i massimi requisiti di affidabilità e riservatezza.
E torniamo a Maurizio Poerio, le cui origini ci conducono lontano nel tempo. Fino a quel 27 giugno del 1980 quando il DC 9 Itavia caduto nei mari di Ustica con 81 persone a bordo avrebbe dovuto mostrare agli occhi del mondo le attività di “terrorismo” internazionale messe in atto dal nemico numero uno degli americani, il leader libico Muammar Gheddafi.[21] Un punto chiave dentro quelle complesse indagini (che ancora oggi attendono una risposta univoca sui mandanti) fu il piccolo aereo libico, un MIG, caduto in quelle stesse ore nel territorio di Villaggio Mancuso, sulla Sila, comune di Castelsilano, al quale l’inchiesta di Rosario Priore dedica alcune centinaia di pagine. Perchè dalla data precisa del suo abbattimento (deducibile anche dai frammenti presenti sul posto) discendeva tutta la ricostruzione dello scenario di guerra in atto quella notte nei cieli d’Italia. Di particolare rilevanza per le indagini il fatto che quel territorio era assai vicino alla base logistica dell’Itavia e degli F16 militari. Un luogo scottante, dunque. Tanto che anche il capitolo sull’impresa che si aggiudicò i lavori per la raccolta e lo stoccaggio dei frammenti del velivolo libico presenta ancora oggi molti punti oscuri. A cominciare dal fatto che quella ditta fu chiamata a trattativa privata. Ed era in forte odore di mafia.
Passano alcuni anni. Nel ‘93, nell’ambito del Gruppo Mancuso, nasce la Minerva Airlines. Annotano i cronisti qualche anno più tardi: “La società, di proprietà di Maurizio Poerio si propone di valorizzare l’aeroporto di Crotone, ridotto ad “aeroprato” dopo essere stato base di Itavia e degli F16 militari[22].


   Maurizio Poerio, 47 anni, nato a Catanzaro (e verosimilmente imparentato col catanzarese Luigi Poerio, classe 1954, ingegnere edile ed iscritto alla Massoneria), laurea in economia a Bologna, poi si butta nell’alimentazione del bestiame: torna in Calabria e rileva la Mangimi Sila, piattaforma di lancio per i vertici di Confindustria dove resterà a lungo (al PM De Magistris racconta, fra l’altro, dei suoi rapporti professionali e d’amicizia con Emma Marcegaglia). Minerva Airlines viene dichiarata fallita dal tribunale di Catanzaro a febbraio 2004. E Poerio andrà a rivestire ruoli sempre più apicali nelle principali business company dell’ICT, proiettando al tempo stesso la “sua” CM Sistemi dentro il cuore degli uffici giudiziari italiani.

   Dice un esperto in riferimento alle accuse rivolte al principale consulente informatico di De Magistris: “Altro che Grande Orecchio nei computer di Giacchino Genchi la verità e’ che la centrale di ascolto ha oggi i suoi terminali al Ministero, nei Palazzi di Giustizia. E che Genchi tutto questo lo aveva scoperto da tempo”.[23]


   Il tempo che basta per capire le tante, impressionanti ricorrenze tra fatti e personaggi delle inchieste calabresi ed il contesto di omissioni ed omertà dentro cui maturarono, nel 1992, la strage di via D’Amelio e le successive, tortuose indagini. Alle quali prese parte proprio Gioacchino Genchi.


   E’ stato lui ad indicare senza mezzi termini l’allucinante sequenza delle “similitudini”, senza tuttavia fornire ulteriori particolari. E allora proviamo a ricostruirne qualcuno.
Cominciando magari da quella Compagnia di Gesù che all’epoca di Falcone e Borsellino era incarnata a Palermo da padre Ennio Pintaudi, fondatore del Cerisdi, il Centro Ricerche e Studi Direzionali con sede in quello stesso Castello Utveggio che sovrasta Palermo. E nel quale aveva una sede di copertura, nel ‘92, anche quell’ufficio riservato del Sisde che avrebbe rivestito una parte rilevantissima nella strage.[24] Fino al punto che – secondo molte accreditate ricostruzioni – il telecomando che innescò l’autobomba poteva essere posizionato proprio all’interno del castello. Pochi minuti dopo l’eccidio Genchi effettua un sopralluogo proprio sul monte Pellegrino, a Castello Utveggio. Si legge nella sentenza del Borsellino bis: “Il dr. Genchi ha chiarito che l’ipotesi che il commando stragista potesse essere appostato nel castello Utevggio era stata formulata come ipotesi di lavoro investigativo che il suo gruppo considerava assai utile per ulteriori sviluppi”.[25]


   Oggi il Cerisdi svolge rilevanti attività formative su incarico della Pubblica Amministrazione, prime fra tutti la Regione Calabria e la città di Palermo. Suo vicepresidente (per il numero uno va avanti da anni la disputa e la poltrona risulta vacante) e’ un penalista palermitano, Raffaele Bonsignore, difensore di pezzi da novanta di Cosa Nostra. Ma anche del “giudice ammazzasentenze” Corrado Carnevale.


   Co-fondatore del Centro Studi era stato negli anni Novanta l’allora presidente dc della Regione Sicilia Rino Nicolosi: se la sua era un’investitura di carattere politico, di tutto rilievo operativo nel Cerisdi risultava invece la figura del suo braccio destro Sandro Musco, che si occupava fra l’altro di rapporti istituzionali e con le imprese. Massone, docente di filosofia, Musco e’ stato tra i principali referenti dell’Udeur in Sicilia.


   Mastella, ancora lui. Il suo nome ricorre, non meno di quello del pentito Francesco Campanella, che ritroviamo nelle carte di Why Not. Fu proprio Musco a consegnare nelle mani di Mastella, durante la convention di Telese del 2005, la lettera privata in cui Campanella si gettava ai piedi del leader: “Carissimo Clemente, ti scrivo con il cuore gonfio di tantissime emozioni, esclusivamente per ringraziarti di cuore poiché’ nella mia vita ho frequentato tantissima gente e intrattenuto innumerevoli rapporti, tanti evidentemente errati. Sei l’unica persona del mondo politico che ricordo con affetto, con stima, con estremo rispetto, perchè sei sempre stato come un padre per me, e resta in me enorme l’insegnamento della vita politica che mi hai trasmesso. (…) Affido questa lettera a Sandro che tra i tanti e’ una persona che nella disgrazia mi e’ stata vicina. Sappi che ripongo in lui speranza e fiducia per quello che potrà darti in termini di contributo. È certamente una persona integra di cui potersi fidare[26].

   Il 3 gennaio 2008 Luigi De Magistris chiarisce ai pubblici ministeri salernitani Gabriella Nuzzi e Dionigi Verasani le circostanze in cui compare il nome di Francesco Campanella nell’inchiesta Poseidone: “venni a sapere che poteva essere utile escutere[27] il collaboratore di giustizia Francesco Campanella che ha ricoperto un importante ruolo politico in Sicilia e che risultava essere anche in contatto con esponenti politici di primo piano, in particolare dell’Udc e dell’Udeur. Tale collaboratore mi rilasciò significative dichiarazioni con riguardo al finanziamento del partito dell’Udc e le modalità con le quali veniva “reinvestito” il denaro, dalla “politica”, in circuiti di apparente legalità. Dovevo escutere il Campanella, persona affiliata alla massoneria – che si stava ponendo in una posizione di assoluta rilevanza nell’ambito dell’organizzazione mafiosa denominata Cosa Nostra – del quale l’attuale Ministro della Giustizia e’ stato testimone di nozze, in quanto aveva rilasciato all’autorità giudiziaria di Palermo dichiarazioni con riguardo a presunte dazioni di denaro illecite con riferimento alle licenze Umts che vedevano, in qualche modo, coinvolti sia l’attuale Ministro della Giustizia Clemente Mastella che l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema».
Una circostanza che Mastella, quando era ministro della Giustizia, ha dovuto smentire in aula rispondendo alla domanda di un avvocato. Era Raffaele Bonsignore, vertice del Cerisdi. E difensore dell’imputato di Cosa Nostra Nino Mandalà
[28].

   Duque abbiamo una rete informatica di controllo del Ministero della Giustizia collegata con forze politiche e economiche. Una struttura parallela come quella del gruppo Delta nel settore dell’informazione.

   Queste strutture possiamo chiamarla Delta oppure anche P2 perché, come appare evidente, i protagonisti  sono sempre gli stessi, i nomi nuovi non sono altro che quelli delle nipoti e dei nipoti di Licio Gelli, naturalmente in senso figurato.

   Ma forse c’è dell’altro, qualcosa di più inquietante.

IL CASO TELECOM

   A partire dal 2001 assistiamo a un incessante processo di aggregazioni, incorporazioni, scalate nel mondo bancario. Sono i contraccolpi dell’accentuazione della concorrenza determinata dalla crisi e dell’unificazione europea. In sostanza se il gonfiamento del capitale finanziario[29] impone un processo particolarmente intenso di concentrazione, dall’altro l’unificazione europea esige un riassetto della mappa dei “poteri forti” a livello continentale. In altre parole, il “salotto buono” della finanza italiana deve cessare di esistere perché è un organismo poco efficace di governo e controllo dell’economia. Per questo motivo, occorre costruire il “salotto buono” della finanza europea di cui possono esistere alcuni sotto-livelli nazionali, ma solo come articolazioni periferiche. Questo, però, non può avvenire in modo indolore: la ridefinizione di tutti i rapporti di forza produce inevitabilmente una “guerra bancaria” destinata a lasciare sul campo morti e feriti. E tanto peggio, se questo avviene, da un lato, con il condizionamento di una pressione americana indotta dall’apertura totale dei mercati e dall’altro dalle cordate europee che mirano a proteggersi dalla penetrazione d’oltre oceano. Si tratta di una lotta sorda e non dichiarata, perché nessuno apertamente in discussione apertamente le politiche del WTO, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. La guerra economica può essere condotta solo come guerra coperta e come stato di fatto ma non può in nessun modo essere dichiarata per ragioni di ordine politico.

   Questo tipo di guerra è combattuta a colpi di scandali, intercettazioni, interventi giudiziari, scalate occulte, alleanze segrete ecc. Questa situazione per gli uomini nuovi della finanza, gente venuta dal “nulla” come i Ricucci è l’ideale.

   E quando questi personaggi, come moderni pirati, decidono di assaltare galeoni come l’Antonveneta e il Corriere della Sera, i “salotti buoni” puntualmente fanno scattare la loro risposta che travolgerà chi ha concesso a questi pirati la patente della guerra della guerra di corsa: il presidente della Banca d’Italia, Fazio.

   In realtà, questo non è stato che un solo aspetto della “guerra per banche” combattuta in questi anni. In particolare, dal 2003, è un succedersi ininterrotto di scandali finanziari, clamorosi crack, scalate improvvise e raid finanziari (Parmalat, Cirio, Antonveneta, ecc) e il caso Telecom è stato la battaglia più importante di questa guerra durante la quale sono sorti due nuovi giganti (Intesa-San Paolo e Unicredit – Capitalia) che sembra possano imporre la “pax bancaria”.

    Le pagine di quotidiani e settimanali e settimanali con i testi delle intercettazioni sono state uno dei pezzi forti di questa guerra. È interessante notare come tali pubblicazioni non siano state su conversazioni inerenti ai problemi finanziari, ma spesso erano inerenti a “scandali sessuali” (pensiamo a Lapo Elkann). Questo tipo di scandali ha avuto un riflesso indiretto di natura politica o finanziaria. Pensiamo ai dubbi sul caso Elkann. Le dichiarazioni di Lapo contro Moggi hanno confermato che quello che gli era accaduto era stato provocato; allo stesso modo, appare evidente che calciopoli è stata provocata per eliminare Moggi. Esiste una relazione fra questi fatti e lo scontro interno alla FIAT fra Cordero, Marchionne ed Elkann?

   A tutto ciò bisogna aggiungere la guerra che oppone fra loro i vari servizi segreti fra loro. Da un lato si trova il capo della polizia De Gennaro (miracolosamente sopravvissuto tanto al cambio di maggioranza nel 2001 che ai fatti di Genova e ai relativi processi in corso) che è riuscito a recuperare terreno e a restare uno dei principali attori del sistema “di sicurezza”[30] tali. Genova ha provocato le dimissioni del vice-capo della Polizia, Andreassi e del capo della Direzione centrale della polizia di prevenzione, Barbera; ma solo dopo quattro mesi il primo è stato nominato vice-direttore del SISDE e il secondo vice-direttore del CESIS. Il peso di Andreassi è aumentato quando Mario Mori è stato coinvolto nel caso giudiziario inerente alla trattativa  per catturare Riina.

   L’altro polo era costituito dal SISMI che era guidato dal Pollari.

   Pollari sino al 2001 era a capo della Guardia di Finanza, dove aveva avuto modo di confrontarsi con tecnici preparati sui temi della penetrazione finanziaria ostile, della difesa della moneta ecc. (gli aspetti della guerra economica) e, quando fu chiamato a dirigere il SISMI si portò a presso diversi esperti del ramo.

   L’11 settembre e soprattutto le missioni Afghanistan e in Iraq ha offerto al SISMI una grande occasione di rilancio (le azioni all’estero sono di competenza stretta del SISMI). I rapimenti di italiani hanno rafforzato la posizione del SISMI trovatosi a gestire tali eventi sotto i riflettori dei media. Intessendo un’efficace rete di contatti, il SISMI è riuscito spesso a liberare gli ostaggi italiani. Nonostante “l’incidente” di Nicola Calipari, gli ottimi rapporti con la CIA e il servizio segreto militare dell’esercito USA non sono mai venuti meno. Mentre l’FBI preferiva i rapporti con il capo della polizia De Gennaro.

  Il SISMI non ha mai nutrito alcuna simpatia del progetto di De Gennaro di un coordinamento antiterrorismo che non fosse meramente rituale, soprattutto se a capo di quest’organismo ci fosse il capo della Polizia. Diversi i punti di riferimento politici dei due capi: De Gennaro ha avuto i suoi interlocutori in uomini della sinistra borghese come Violante e Minniti (pur senza mancare una buona intesa con il ministro Pisanu), mentre Pollari guardava preferibilmente a uomini come Berlusconi o Martino (pur guardando con grande fair play a Fassino).

   I telefoni italiani sono sempre stati strettamente collegati ai servizi segreti non è proprio un caso che la prima agenzia dei Telefoni di Stato avesse sede direttamente dentro il Viminale. Dopo la guerra, il servizio militare prese direttamente sotto la sua ala, le cinque compagnie telefoniche presenti in Italia, esercitando una costante opera d’intercettazione senza alcuna autorizzazione della Magistratura. Infatti, le garanzie sulla segretezza della corrispondenza epistolare sono state estese anche alle comunicazioni telefoniche, solo dopo la formazione della Corte Costituzionale (1956) che, nella sua prima sentenza stabiliva appunto questa equivalenza. Questo non impedì per niente al Sifar (poi Sid) di proseguire nelle sue attività ormai illegali, con la piena collaborazione delle aziende.

   La Sip ha collaborato con il Sifar per la realizzazione delle schedature attuate dal generale De Lorenzo.

   Tutte le intercettazioni che furono fatte per queste schedature erano illegali. Tutto ciò è dimostrato inequivocabilmente dalla circolare interna n. 54 del 6 giugno 1968.[31] Con tredici anni di ritardo, la Sip informa le sedi operative alle proprie dipendenze che la legge n. 517 del 18 giugno 1955 ha modificato le norme per operare intercettazioni telefoniche. Prima di quella legge, chiunque si fosse qualificato come agente di polizia giudiziaria aveva libertà di accesso alle centrali telefoniche per operare o ordinare intercettazioni telefoniche. La legge del 1955 modificava tale procedura poiché rendeva obbligatorio, per gli agenti che si presentavano alla Sip per tali operazioni, l’esibizione di un decreto motivato di autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Per 13 anni, tutto ha funzionato come se la legge non esistesse, poiché la Sip ha “dimenticato” di dare disposizioni e rendere note le nuove norme del codice di procedura penale.

   La decisione della Sip non era casuale. Il 6 giugno 1968 il colonnello Rocca fu interrogato dalla Commissione parlamentare sulle deviazioni del Sifar e la Sip si cautela. Il colonnello Rocca si “suiciderà” il 27 giugno 1968. Rocca oltre a essere il capo dell’ufficio Rei del Sifar dal 1962, era il curatore del piano di offensiva anticomunista Demagnetize e il suo nume tutelare era Thomas Karamessines, il capo della sezione della CIA a Roma. Ma la decisione della Sip potrebbe avere un altro significato. Secondo quanto ha affermato il generale Ambrogio Viviani, già capo del controspionaggio del servizio militare, tra il 1968 e il 1969 la CIA decise di costituire una rete occulta e quindi la Sip, al suo interno comincia ad apprestare tale rete. Infatti, la circolare, alla fine, invita il personale dell’azienda, a essere flessibile nell’adozione delle nuove norme poiché: “alcuni casi particolari potrebbero dare adito ad interpretazioni diverse da quelle progettate: sarà perciò opportuno che, in tale ipotesi, si eviti potrete interpellarci per le vie brevi circa la condotta da tenere”. [32] Questo è un vero e proprio invito a eludere la legge.

   La Sip era posseduta quasi totalmente dalla finanziaria Stet, che raggruppava diverse società. Era presente oltre alle telecomunicazioni con Italcable, Telespazio e Sip, possedeva grossi complessi per la produzione di materiale militare, quali ad esempio la Selenia, la Oto-Melara, la Vitro-Selenia ecc. In queste aziende i servizi segreti sono di casa e la Stet può comodamente mutuare privilegi in commesse militari con le attività parallele della Sip. Per molto tempo presiedente della Stet fu Michele Principe, un piduista confesso. In precedenza era stato amministratore delegato della Selenia di cui in seguito divenne presidente. Principe, è l’uomo della NATO nel settore delle telecomunicazioni. All’inizio della sua carriera è stato dirigente della segreteria della NATO nel settore delle telecomunicazioni, divenendo in seguito presidente del Civil communications and Planning committee, l’organismo della NATO che opera nel settore delle telecomunicazioni. Inoltre, con la Selenia, è l’uomo della P2 inserito nel commercio delle armi.

   La struttura che si era crea creata nella Sip era collegata al Sismi.

   In Sip esisteva una struttura denominata Protezione e sicurezza impianti, il servizio che la gestiva si chiamava Sg/pi. C’era anche una struttura denominata Protezione civile. Nel caso di alluvioni e terremoti, la Sip poteva raccordarsi con la Protezione civile per il ripristino di linee e centrali.

   Una cosa che bisogna tenere conto del rapporto tra servizi segreti e le aziende di telecomunicazioni, è che il servizio militare esercita monopolisticamente la concessione del NOS necessario per gran parte dei tecnici e del personale direttivo di un’azienda che gestisce un esercizio telefonico.

   Questa situazione non è certamente cambiata con la privatizzazione. Addirittura all’epoca della gestione tronchettiana, quando divenne capo del servizio Pollari, furono splendidi.[33]

   Dal punto di vista finanziario, la Telecom acquistava enormemente importanza sia a seguito della sua privatizzazione, sia per il generale corso dell’economia mondiale che assegna alle telecomunicazioni un ruolo trainante senza precedenti. Peraltro la Telecom (come già la Sip) ha un personale qualificato di ottimo livello e di capacità tecnologiche di grande qualità, quel che ne ha favorita l’espansione (in particolare nel settore della telefonia mobile) in numerosi altri paesi come la Spagna, il Brasile, la Germania, l’Austria, la Francia, la Serbia, l’Egitto ecc.

   Quando Marco Tronchetti Provera alla fine degli anni ’90 giunse al vertice della Pirelli in sostituzione del suocero – Leopoldo Pirelli – impose l’immagine di un imprenditore dinamico, colto, capace di operare sul mercato internazionale.

   Acquisendo Telecom, Tronchetti medita di farne il crocevia del capitalismo italiano, qualcosa che abbia il ruolo che fu della FIAT dagli anni ’40 agli anni ’80, il cuore di Mediobanca, ma anche un gigante della finanza internazionale.

     Dietro questi progetti megagalattici, si nascondeva la ben triste realtà di un gigante dai piedi d’argilla, Tronchetti aveva acquistato Telecom senza averne i soldi. Attraverso un meccanismo di scatole cinesi per cui Tronchetti detiene una percentuale di Olimpya che a sua volta possiede una parte delle azioni Telecom, Tronchetti in realtà controllava l’azienda telefonica con l’1% del capitale. Quest’operazione è stata compiuta grazie ai finanziamenti delle banche, girando poi debiti contratti alla stessa Telecom. In altri termini Tronchetti ha acquistato Telecom con i soldi di Telecom.

   È evidente che Telecom fosse destinata a diventare il campo di battaglia delle varie cordate finanziarie con relative appendici politiche, e dei vari servizi segreti. Non è un caso che fra i dossierati di Tavaroli e Pompa ci fosse il capo della polizia De Gennaro.

   Per capire quello meglio la battaglia e quindi, gli intrecci fra apparati pubblici e privati, fra essi e la grande finanza e, attraverso questa, il mondo dei media, confluendo infine in unico sistema integrato finanziario-spionistico-politico-mediatico, vediamo una breve rassegna dei personaggi coinvolti:

  1. Giuseppe Tavaroli, già brigadiere del Ros milanese, diventato manager di alto livello, organizzatore della security della Telecom e della centrale d’intercettazioni abusive. È in rapporto eccellente con l’ex responsabile della CIA di Milano e si presta volentieri con tutta la sua struttura e con la sicurezza Pirelli, collaborare con il SISMI, la CIA e il Ros nel rapimento di Abu Omar.
  2. Marco Mancini, grande amico di Tavaroli, maresciallo dei carabinieri con una folgorante carriera che lo ha portato ai massimi livelli del servizio segreto militare (responsabile della prima divisione, quella da cui dipendono i centri di controspionaggio). È in ottimi rapporti con l’area dei Democratici di Sinistra che lo ritiene “dei nostri” (forse grazie al fatto che ha un fratello che è magistrato aderente a Magistratura Democratica) ed è in splendidi rapporti con i servizi americani ai quali dà un valido contributo nel campo de rapimenti, non manca di estimatori nell’area berlusconiana, e difeso da Francesco Kossiga e vanta amicizie nei servizi francesi e inglesi.
  3. Pio Pompa al contrario di Tavaroli, passa dalla sicurezza privata a quella pubblica, da funzionario Telecom diventa dirigente del SISMI. È uno strano personaggio, dice di essere comunista. Pompa è l’uomo del SISMI che cura i rapporti con la stampa, dove ha un ventaglio di confidenti, collaboratori, amici, conoscenti, partner commerciali che scambiano notizie. Questa rete, arriva fino a Repubblica, dove un giornalista (Luca Fazzo), forse per uno scambio di notizie, gli procura articoli che compariranno sul giornale all’indomani.
  4. Fabio Ghioni, che nella Telecom dal 2002 un posto chiave. Ha il compito di difendere i server dagli attacchi dei pirati informatici e attaccare i computer di quelli che considera i nemici dell’azienda: giornalisti, manager, compagnie telefoniche concorrenti come la Vodafone e anche le industri pneumatiche che possono dare in qualche modo fastidio alla Pirelli di Tronchetti. La sua è una guerra informatica continua. Dove le battaglie si fanno a colpi di intercettazioni telematiche e invio di virus creati da un gruppo di ragazzi che mutuato il loro nome dal gergo dei marines: il Tiger Teame.[34] Ne fa parte hacker che usano nickname altrettanto singolari: c’è Astatoth , un demone sapiente che insegna ai maghi i segreti della scienza, c’è Goodboy, anzi g00db0y, con lo zero al posto della o, ci sono Spax e l’Arancione. A Roma lavorano tutti assieme in Viale Parco dei Medici nella Sala Mara, uno spazio interdetto agli altri dipendenti.[35] Ghioni, ha tenuto corsi in Estonia e in altri paesi per conto della Domina Security, una società che fa capo al gruppo Traider della borsa milanese di Ernesto Preatoni (padre di Roberto che con Ghioni ha scritto un libro proprio in materia hackeraggio). Sedeva con Tavaroli, nel cda della Telsy, una società del gruppo Telecom che produce apparecchi di criptazione.

   Tutto questo mostra che i rapporti fra sicurezza Pirelli, sicurezza Telecom e SISMI siano tanto stretti da far pensare a un unico soggetto tricefalo.

   È in questo quadro che va inserita la vicenda del caso Abu Omar. Questo non è l’unico rapimento che la CIA fece in Italia; altri casi sono stati segnalati e c’è un rapporto del Parlamento europeo sulle prigioni e i voli segreti della CIA in Europa. Il caso Abu Omar è stato l’unico che ha avuto tanta attenzione e notorietà.   A differenza degli altri, ha avuto un’istruttoria penale, l’azione giudiziaria è stata sostenuta da una campagna giornalistica di Repubblica e dell’Espresso.

   La scoperta di Super Amanda merita anch’essa qualche riflessione. La Telecom aveva creato il Cnag, il Centro per le intercettazioni disposte dalla Magistratura, un dispositivo che chiamato Amanda. Ma alla fine del 2004 cominciarono a circolare le prime voci dell’esistenza di Super Amanda,[36] che è descritto come un centro, realizzato in Calabria, dotato di tutti i dispositivi necessari per captare comunicazioni telefoniche, ambientali ed elettroniche. Ne parla anche l’Espresso, in un’intervista all’allora Garante della Privacy Stefano Rodotà. Comincia a crescere l’interesse sull’argomento delle intercettazioni: la Tim dichiara di aver intercettato oltre cinquemila linee telefoniche per conto delle procure italiane, del Ministero della Giustizia e della Direzione nazionale antimafia.

   Ovviamente Telecom ha sempre smentito l’esistenza di Super Amanda, ma a conferma che nella Telecom qualcosa non vada, giunge l’ondata degli scandali sessual-finanziari, la cui costante è la pubblicazione delle intercettazioni. In alcuni casi i testi pubblicati sembrano assecondare le strategie di espansione di Tronchetti (ad esempio l’attacco ai “furbetti” che a suo dire, stavano tentando di scalare la Telecom). In alcuni casi si trattava d’intercettazioni (come quelle a Vittorio Emanuele o quelle del caso di calcio poli) che non avevano alcun particolare nesso – quantomeno eminente – con i piani del gruppo Olimpya. Tutto ciò fa sorgere un dubbio: oltre che Amanda e Super Amanda c’è anche una Super Super Amanda? E’ possibile che qualcuno al gruppo di Tronchetti sia riuscito a infilarsi nella centrale di intercettazioni abusiva di Tavaroli e abbia deliberatamente diffuso i testi di alcune intercettazioni allo scopo di attirare i riflettori sulla Telecom e i suoi doppi fondi? In alcune dichiarazioni, Tronchetti ha – pur debolmente – accennato alla cosa dicendo che “Mi attengo ai fatti e chiedo: se la magistratura, nelle 344 pagine di ordinanza sugli arresti dei giorni scorsi, non parla mai di “intercettazioni” e più volte sottolinea che Pirelli e Telecom sono “parti lese e soggetti danneggiati dai reati”, perché nelle cronache non lo leggo e non lo sento?”.[37] Questa dichiarazione è fatta senza insistervi troppo, perché non avrebbe fatto brillare gli apparati di sicurezza della Telecom e perché rischiava di dover ammettere l’esistenza di Super Amanda.

   Con Super Amanda Tronchetti aveva posto l’assedio al mondo della finanza italiana tentando di rifondare il “salotto buono” intorno a sé e alle sue intese internazionali (prevalentemente orientate verso i gruppi americani): ma la scoperta di Super Amanda – essenzialmente prodotta dal caso di Abu Omar – e l’arrivo di Prodi rovescia la situazione e alla fine gli assedianti diventano assediati. Le inchieste giudiziarie si moltiplicano, il governo non è più orientato a una benevole “neutralità”. Mentre l’esposizione debitoria con le banche iniziava a farsi drammatica. A ogni mossa di Tronchetti per venire fuori da pantano dei debiti o per espandersi sui mercati internazionali, corrispondeva subito il fuoco di artiglieria pesante da parte delle procure.

   Questo dimostra che l’affare Telecom è parte della guerra economica fra cordate finanziario – informative. 


[1] Gioacchino Genchi è un informatico, avvocato, poliziotto e funzionario italiano. Sospeso dall’incarico di vicequestore di Palermo, ha collaborato come consulente informatico con magistrati quali Falcone e De Magistris. Le sue indagini sono state usate per la strage di via D’Amelio, in cui ha perso la vita Borsellino. É stato accusato da Berlusconi di un presunto scandalo intercettazioni. Scagionato dal Riesame, il suo archivio segreto è stato dissequestrato.

https://argomenti.ilsole24ore.com/gioacchino-genchi.html

[2] Why Not è un termine che si utilizza per definire una specifica inchiesta giudiziaria italiana, svoltasi per lo più in Calabria nel primo decennio del XXI secolo. Il nome deriva dal nome di un azienda che forniva alla regione lavoratori specializzati nel settore informatico.

[3] Inchiesta avvia dalla Procura di Catanzaro sui gravi illeciti che sarebbero stati commessi in Calabria nel settore della depurazione

[4] https://www.antimafiaduemila.com/home/opinioni/234-attualita/73072-quei-due-ufficiali-e-la-scomparsa-dell-agenda-rossa.html

[5] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[6]                       C.s. 

[7]                       C.s.

[8]                      C.s.

[9]                      C.s.

[10] Saladino è stato il  principale inquisito di Why Not.

[11] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[12]                                C.s.

[13]                                C.s.     

[14]  Legatissimo a piduisti come Giancarlo Elia Valori e Luigi Bisignani.

[15] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[16] Galileo è il sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) dell’Unione europea progettato per inviare segnali radio per il posizionamento, la navigazione e la misurazione del tempo.

[17] annotano i cronisti qualche anno più tardi

[18]                                              C.s.

[19]                                              C.s

[20] Bruno Camilleri, cui stava per essere notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

[21] In realtà dietro il discorso sul  “terrorismo” e i suoi mandati (Gheddafi) si vuole mascherare la contraddizione che proprio in quel periodo atava diventando quella principale: la contraddizione tra Borghesia Imperialista/Popoli Oppressi.

   Porre al centro come hanno fatto i media imperialisti la figura del personaggio Gheddafi deriva una visione di equidistanza tra aggrediti e aggressori se non addirittura di simpatia per questi ultimi. Significa assumere il punto di vista dei mass media imperialisti che idealizzano (o demonizzano) gli individui per nascondere le contraddizioni di classe. Sia chiaro Gheddafi e i suoi erano rappresentanti di un frazione di borghesia e non certo del proletariato.

[22] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[23] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[24] https://www.antimafiaduemila.com/home/di-la-tua/237-vedi/54954-19-luglio-1992-la-pista-del-castello-utveggio-e-le-indagini-su-bruno-contrada.html

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/01/un-uomo-del-sisde-al-castello-utveggio.html

[25] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[26]                                    C.s.

[27] Interrogare i testimoni in un processo.

[28] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=199

[29] Per capitale finanziario non bisogna intendere solamente speculazione borsistica. Lenin non parlò mai di soggezione del capitale industriale al capitale bancario, bensì della fusione di queste due forme di capitale che egli denominò appunto capitale finanziario. Bisogna intendersi cosa si intende quando si parla di finanziarizzazione dell’economia. Ogni azienda non è più solamente e neanche principalmente un apparato produttivo, essa è diventata principalmente un pacchetto di titoli finanziari (azioni e obbligazioni) che i suoi padroni e i suoi dirigenti collocano in Borsa, commerciano tramite le istituzioni finanziarie e il mercato finanziario. Questi titoli primari (rappresentativi della proprietà di aziende che producono merci) sono entrati in vario modo a comporre titoli finanziari derivati, a loro volta commercializzati sul mercato finanziario di tutto il mondo ed entrati a comporre titoli di seconda generazione e via così varie volte. La gestione e la sorte dell’azienda apparato produttivo sono diventati variabili dipendenti del corso dei titoli primari e derivati.

[30] Sicurezza per le classi dirigenti di fare gli affari loro.

[31] http://www.fodazionecipriani.it/Scritti/lasip.html

[32]  http://www.fodazionecipriani.it/Scritti/lasip.html

[33] Pollari era una vecchia conoscenza dell’imprenditore milanese sin dai tempi della sua permanenza a capo della Guardia di Finanza.

[34] Il termine Teager Time era usato originariamente con riferimento militare per quelle squadre il cui scopo era di penetrare la sicurezza di installazioni “amiche”, e in questo modo di testare le loro misure di sicurezza.  Questo termine è diventato popolare nel mondo informatico, dove la sicurezza sei sistemi sono spesso tastata dai Tiger Team. Alcuni Tiger Team sono formati da hacker professionisti.

[35] http://espresso.repubblica.it./dettaglio/Dio-patria-e-spioni/1503447/16/0

[36] http://punto-informatico.it/1396753/Telefonia/News/super-amanda-smentisce-non-basta

[37] http://archiviostorico.corriere.it/2006/settembre/26/Tronchetti_contrattacco_parti_lese_siamo_co_9_060926073.shtml

~ di marcos61 su aprile 23, 2021.

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