UN’ANTICA STIRPE DOMINANTE

   Nel sito maltese di Hal Saflieni furono rivenuti dei crani appartenuti a un ceppo razziale diverso da quello finora mai studiati. Alcuni dei reperti presenti avevano caratteristiche dolicocefale naturali davvero sconcertanti[1] e il loro contestuale ritrovamento in uno dei più antichi luoghi di culto megalitici presuppone che siano appartenenti alla stirpe sacerdotale.

  Bisogna capire la formazione della casta sacerdotale.

   I sacerdoti sorgono quando compaiono le classi sociali grazie allo sviluppo della divisione sociale del lavoro. La prima divisione sociale del lavoro si ebbe con la comparsa delle tribù dedite alla pastorizia. Essa portò, da una parte, all’aumento della produttività del lavoro e, dall’altra, alla produzione di tutta una serie di nuovi prodotti prima sconosciuti. Queste tribù incominciarono a produrre non solo carne e latticini ma anche pelli, lana, pelo di capra e, parallelamente a ciò, anche filati e tessuti. Ciò per la prima volta rese possibile uno scambio regolare con le altre tribù dedite alla coltivazione della terra. La possibilità così apparsa di scambiare i prodotti stimolò lo sviluppo dell’agricoltura e dell’artigianato. Quest’ultimo aumentava sempre di più la quantità di lavoro quotidiana che toccava a ogni membro della gens. Si fece sentire il bisogno di nuova forza lavoro. Essa fu fornita dalla guerra con la trasformazione dei prigionieri in schiavi.

   In un primo tempo il lavoro degli schiavi è impiegata ancora sporadicamente, gli schiavi sono una specie di ausiliari che lavorano insieme agli altri membri liberi della comunità e il loro modo di vita spesso non differisce dal modo di vita dei liberi. Ma con l’ulteriore sviluppo della produzione, in particolare in seguito alla seconda grande divisione sociale del lavoro, quando l’artigianato si separa dalla agricoltura, e, in seguito con la divisione del lavoro in quello fisico e in quello mentale, gli schiavi cessano semplicemente dei lavoratori ausiliari. Essi sono spinti al lavoro nei campi. Essi incominciano a eseguire tutti i lavori fondamentali commessi alla produzione dei beni materiali e non sono ora considerati come membri famiglie, ma cose, come strumenti parlanti. La schiavitù diventa la forma principale di conduzione dell’economia. Scrive Marx a proposito: “… Con la divisione del lavoro si dà la possibilità, anzi, la realtà, che l’attività spirituale e l’attività materiale, il godimento e il lavoro, la produzione e il consumo tocchino a individui diversi…”.[2]

   Le forze produttive in sviluppo resero possibile il lavoro individuale o in famiglia. Il lavoro a grossi collettivi cede il posto al lavoro individuale. Cambia il carattere del lavoro, cambia anche la forma di ripartizione del prodotto. Se prima il prodotto apparteneva alla comunità, ora essa rimane a disposizione del capofamiglia e ne diventa proprietà. Così si sostituisce alla proprietà sociale, sorta spontaneamente in seno alla società primitiva, la proprietà privata che ora rispondeva meglio si bisogni della produzione.

  La differenza dei possessi fra i singoli membri della società fa saltare in aria l’antica proprietà comunistica. Il regime gentilizio fa così il suo tempo. Si sostituisce a esso una società fondata sulla proprietà privata e sullo sfruttamento di una parte della società per opera dell’altra, di una classe ad opera dell’altra.

 I sacerdoti nella formazione economico-sociale schiavista, asiatica e feudale facevano parte degli ordini superiori. Gli ordini sono quei gruppi di individui la cui posizione nella società è definita dalle leggi che precisano i diritti e gli obblighi di ciascuno di questi gruppi. Essendo una delle forme di distinzione di classe, gli ordini presuppongono la divisione della società in classi. Nella società dove vige l’istituto degli ordini, le classi diverse appartengono di regola agli ordini diversi. Gli ordini superiori (tra cui i sacerdoti) formano le classi sfruttatrici, gli ordini inferiori quelle sfruttate.

   I sacerdoti hanno un compito fondamentale nel campo della sovrastruttura. Se i rapporti di produzione economici sono la struttura della società, le concezioni da esse condizionate e le concezioni che corrispondono a queste concezioni si considerano come struttura della società.

   La casta dei Sacerdoti aveva una conoscenza che era trasmessa oralmente e ciascun membro degli appartenenti di questa casta portava il proprio contributo alla costruzione del sapere. Questo era costituito tanto dallo studio del movimento degli Astri, quanto dello studio dei fenomeni naturali (il Sole, le fasi lunari, le nuvole, le eclissi, i fulmini e così via) e dalle teorie della morte, la nascita, le malattie, la vita dopo la morte. Ogni sacerdote riconosceva in questi eventi altrettanti segni, la maggior parte dei quali erano oggetto di osservazioni attente e prolungate. In tal modo presero forma i primi rudimenti scientifici, custoditi con cura dai sacerdoti. Ben presto si organizzarono strutture gerarchiche: coloro che erano considerati i più saggi e i più sapienti divennero Gran Sacerdoti e più tardi Iniziati ai Misteri, Maestri da ascoltare e da interrogare. Alcuni Maestri scelsero i loro successori dai propri discepoli.

   Frattanto una parte degli insegnamenti, trasmessi oralmente, quella che poteva sembrare la più difficile da spiegare e la più misteriosa, perché trattava di esoterismo, cioè le cose che sono nascoste ai nostri sguardi, divenne “insegnamento esoterico”, allo scopo di evitare che i segreti iniziatici si divulgassero troppo. Il segreto iniziatico serviva, a impedire che persone ritenute indegne sfruttassero a proprio vantaggio i poteri insospettati forniti da certe conoscenze. Naturalmente il segreto iniziatico serviva anche ad avere il potere iniziatico.

   Quest’aspetto si ritrova nell’espressione inconscia, conscia e supersonica di volontà di potenza manifestatasi nell’antico Egitto, dove i sacerdoti che si definivano eredi degli Dei, imposero le loro leggi anche ai Faraoni. Alcune tradizioni esoteriche, in particolare l’Ermetismo, insegnano che Pitagora (VI secolo a.C.) andò cercando l’iniziazione in Egitto e in seguito presso di Medi in Persia, dove fu in esilio prima di tornare a Sarno, sua città natale. Nel II° secolo a.C. fece la sua apparizione, la Kabala ebraica ma questo dato è stato contesta molto spesso. Si tratta di un’opera dal contenuto esoterico comprensibile solo agli iniziati in possesso delle necessarie chiavi di accesso e d’interpretazione.

   Tornando a questi misteriosi crani si presume, come si dice prima, che siano appartenuti alla stirpe sacerdotale identificata dai popoli egizi e mesopotamici con l’appellativo di sacerdoti-serpenti[3] (visto l’anomalo aspetto che li caratterizzava). Questi ultimi avrebbero vissuto come una casta chiusa per diversi millenni, finendo poi per mescolarsi all’aristocrazia degli altri gruppi etnici locali.

   Gli strani crani dolicocefali (caratterizzati da uno sproporzionato allungamento della parte poste posteriore) scoperti a Hal Saflieni sono stati rivenuti dagli archeologici all’interno di un tempio sotterraneo dedicato al culto della Dea madre (un credo religioso poi mutuato dagli Egizi con la figura della dea Iside) insieme a una piccola statua di una dea dormiente associata a un reperto con sopra inciso un serpente.[4] Tali particolari resti umani dolicocefali corrispondenti alle caratteristiche somatiche dell’antica stirpe reale riportata alla luce in Egitto dall’egittologo Emery[5] e potrebbe quindi trattarsi di reperti chiave per comprendere il collegamento etnico-culturale esistito in origine tra la casta sacerdotale egizia e quella mesopotamica. L’acqua del pozzo sacro era considerata il simbolo della Dea madre, della fecondità e del principio femminile, la caverna del sito, quindi, era considerata dalla casta sacerdotale una metafora del grembo materno e dell’acqua rigenerativa contenuta nel sacco amniotico. L’ipogeo inoltre è famoso per ospitare numerosi alveari di api di cui però non è possibile risalire con certezza all’epoca del loro primo insediamento (stimato dalle datazioni ortodosse a non prima del IV secolo d.C.). Resta però il fatto, che ritroviamo il concetto di pozzo sacro anche all’interno delle cattedrali gotiche legate alla cultura esoterica che si richiama alla tradizione antidiluviana mentre l’ape venne addirittura adottata come simbolo regale egizio (e in seguito dai re Merovingi)[6]. Troviamo infatti alveari anche all’interno di in una delle cattedrali gotiche più misteriose del mondo, la Cappella gotica di Rosslyn.[7]

   L’esistenza dei crani dolicocefali maltesi venne accertata solo nel 1985 ed in seguito vennero esposti per qualche tempo nel Museo Archeologico della Valletta.[8]  In seguito sono stati rimossi e chiusi in un deposito del museo non accessibile al pubblico Di essi rimangono comunque le fotografie scattate dal dott. Anton Mifsud e dal suo collega, il dott. Charles Savona Ventura (nonché i saggi di approfondimento che scrissero a tal proposito dopo avere esaminato e documentato una intera collezione di teschi dalle caratteristiche molto particolari. Le anomalie più interessanti riscontrate riguardano l’assenza delle normali linee di saldatura cranica, poiché tale peculiarità anatomica sembra essere all’origine sia dell’allargamento delle pareti temporali (eccezionalmente brachicefali) che dell’allungamento della scatola cranica nella parte posteriore (eccezionalmente dolicocefali).

   Al termine di una conferenza stampa organizzata nel 2006 dal dottor Robert Zammit[9]  in veste di responsabile dell’Ente Provinciale Turismo di Malta, una delegazione della rivista HERA (specializzata in temi come l’archeologia proibita) ottenne il permesso di accedere al vicino museo archeologico della Valletta per esaminare gli straordinari reperti. E alla presenza dello studioso Mark Anthony Mifsud[10], gli inviati di Hera poterono confermare che tra i crani trovati nell’ipogeo di Hal Saflieni ve ne era uno particolarmente raro. Presentava infatti una dolicocefalia atipica e molto pronunciata, ovvero uno sproporzionato allungamento della parte posteriore della calotta cranica nella più completa assenza della sutura mediana tecnicamente detta linea “sagittale”. Un particolare anatomico considerato quasi impossibile dalla letteratura medica internazionale in quanto eccetto quelli trovati anche in Egitto[11] e in Sudamerica (poi dimenticati e abbandonati nei depositi)[12], non esistono reperti analoghi. E come già accennato la mancanza della sutura cranica sagittale potrebbe essere quindi all’origine della conformazione dolicocefala tipica della stirpe umana che anticamente si impose come casta dominante. Tale tipo di patologia può essere fatta risalire al culto esasperato della purezza del sangue in uso presso alcuni antichi lignaggi regnanti e al concepimento tra consanguinei. Del resto, gli studi genetici hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che la procreazione tra membri dello stesso clan familiare è la causa primaria delle malformazioni genetiche naturali.

   Il sottosuolo dell’ipogeo di Hal Saflieni venne esplorato per la prima volta da Sir Themistocles Zammit[13] agli inizi del ‘900 con lavori di scavo che riportarono alla luce i resti di circa settemila persone sepolte in uno strato di terriccio rosso (J.D. Evans, The Preistoric Antiquities of The Maltese Islands: A survey . University of London, 1971, 58; Trump, op. cit.,7; Colin Renfrew, “Before Civilization: The Radiocarbon Revolution and Prehistoric Europa, London, Pimlico, 1999, 63). Di quel ritrovamento però, oggi restano solo sei teschi stipati nei sotterranei cavernosi del National Museum of Archeology di Malta senza che nessuno sappia indicare che fine abbia fatto il resto dell’ingente mole di reperti. I funzionari del Museo affermano infatti che sono semplicemente “scomparsi” (Civiltà sommerse p.424). Gli scavi in questione vennero svolti sotto la direzione dell’archeologo gesuita Emmanuel Magrì[14] in veste di commissario del museo della Valletta. Durante i lavori di dissotterramento i ricercatori trovarono le migliaia di scheletri completamente disarticolati insieme a frammenti di vasellame e di altri piccoli oggetti (Civiltà sommerse p.458 citaz. Dell’opera di J. D. Evans) che testimoniavano il passaggio di un cataclisma marino improvviso di notevoli dimensioni come uno tsunami. I dogmi accademici però sono destinati a sopravvivere grazie alla “casuale” sparizione delle prove decisive. E non appena lo studioso gesuita terminò di redigere l’inventario dei reperti dissotterrati venne fatto trasferire dall’ordine Gesuita in Tunisia dove morì improvvisamente (1907).

   Pertanto, il professor Magrì non riuscì mai a portare a termine la pubblicazione del suo dettagliato rapporto sui preziosi ritrovamenti archeologici del sito e il dossier che aveva redatto sparì subito dopo il suo decesso (ibid J.D. Evans, 45. – David Trump Malta Archeological Guide. Valletta, 1990, 67). Si trattava forse di documentazione in grado di smentire una volta per tutte la datazione ufficiale del sito.

   Nell’autorevole Archeological Guide di Malta (“Civiltà sommerse” p. 488-9)scritta da David Trump nell’anno 2000 viene affermato: “a osservare la parete di fronte alla scala che scende al livello inferiore. Linee scure di pigmento nero tratteggiano un’immagine che in apparenza è quella di un toro. E’ eseguita con una certa rozzezza e la testa e le spalle non si sono conservate. Che si tratti di un disegno antichissimo e intenzionale è dimostrato dal fatto che la tinta ocra applicata alla parete s’interrompe esattamente all’altezza della linea nera”. Ma il vero motivo per cui la testa e le spalle dell’animale non si sono “conservate” è che il “toro” dell’ipogeo è stato parzialmente rimosso per espresso ordine del direttore del dipartimento dei musei (Dossier Malta, Anton e Simon Misfud, 1997, p.168). Pertanto, quello che Trump definisce “toro”, Misfud preferisce chiamarlo “bisonte” in quanto originariamente era stato disegnato proprio quest’ultimo, ovvero il membro di una specie animale europea estintasi dopo l’ultima era glaciale. Peraltro, a supporto dell’interpretazione di Misfud, nell’ipogeo sono stati trovate anche altre pitture realizzate con il nero di biossido di manganese che raffigurano senza dubbio il bisonte europeo del pleistocene, un animale caratterizzato da una piccola gobba sul dorso, corna minute e coda corta (Megary, T, 1995, Society in Preistory, p.261). Insieme al cavallo, infatti, il bisonte era un tema figurativo rupestre assai ricorrente nel periodo del Paleolitico europeo.

   Ma la circostanza più scandalosa è che la cancellazione parziale del disegno conservato in migliori condizioni avvenne a causa di una disputa accademica in cui il toro era stato dichiarato essere in realtà un bisonte da molti ricercatori. Il direttore del sito archeologico Mallia pensò allora di porre fine alle contestazioni con un colpo di mano facendo sparire una volta per tutte la parte della pittura rupestre che svelava la vera identità dell’animale rappresentato. Gli esami al radiocarbonio condotti su alcuni reperti provenienti dal sito maltese di Ghar Dalam indicano con certezza la presenza umana a Malta già intorno al 5200 a.C., confermando l’esistenza del luogo di culto in pieno periodo neolitico.

   In età preistorica entrambe le isole di Malta e Gozo furono sede di importanti luoghi di culto dediti alla venerazione della  dea madre. Tali siti divennero così veri e propri centri taumaturgici dove praticare incontri rituali con i sacerdoti a cui la popolazione attribuiva capacità curative. E il ritrovamento di crani dolicocefali naturali proprio all’interno dei templi megalitici lascia ragionevolmente supporre che essi siano appartenuti ai rappresentanti del clan dominante che esercitava tecniche terapeutiche presso quei luoghi. Anticamente, infatti, gli esclusivi depositari del sapere erano i membri delle caste sacerdotali, considerati per tale ragione un “ponte” con il divino o vere e proprie divinità a cui riconoscere i massimi poteri. Pertanto, il culto dei sovrani divini tramandato fino ai faraoni egizi (considerati appunto sommi sacerdoti) può essere debitamente fatto risalire proprio all’arcaica tradizione dei re-sacerdoti di ancestrale memoria.

   Il simbolo del serpente, inoltre, compare sin dalla notte dei tempi associato alla conoscenza (basti pensare al simbolo del caduceo ancora riportato sulle moderne ambulanze) e alle caste sacerdotali. Il motivo di una simile associazione però è tuttora un mistero a quale forse si può tentare di fornire una spiegazione proprio grazie al sorprendente ritrovamento dei crani dolicocefali naturali. Tali anomali reperti, infatti, sembrano voler testimoniare la presenza di malformazioni genetiche nel clan dei re sacerdoti idonee ad avergli fatto attribuire l’appellativo di “sacerdoti serpente”. Poiché come è facile intuire, un cranio dolicocefalo molto sviluppato è una patologia a cui doveva corrispondere lo stiramento dei lineamenti e dei muscoli facciali determinando sembianze serpentine (occhi, labbra e orecchie allungate). Peraltro, l’ipotesi che i soggetti dal cranio dolicocefalo naturale costituissero l’elite della popolazione in epoca megalitica può dirsi confermata dai reperti archeologici. L’uso del bendaggio cranico rituale in età infantile, infatti, venne utilizzato in epoca remota sia dagli incas che dagli egizi come tecnica per ottenere crani dolicocefali simili a quelli (molto più rari) di origine naturale che oggi sappiamo essere esistiti veramente. L’arcaica tecnica della manipolazione della forma della testa deve quindi essere stata concepita come strumento per somigliare fisicamente ai membri della casta dominante. E’ quindi legittimo supporre che a causa del loro millenario isolamento genetico dal resto della popolazione, i sacerdoti “serpente” abbiano finito per costituire una vera e propria razza a parte (salvo che non lo fossero già in origine). Tale ipotesi, infatti, trova conferma e supporto nel lavoro d’indagine effettuato dagli archeologi maltesi a cui fu consentito di esaminare materialmente i reperti in questione. Anthony Buonanno e Mark Mifsud quindi, pur sottolineando il fatto di non aver avuto modo di effettuare gli esami del DNA o del C-14, hanno comunque ritenuto di potere concludere con certezza che i crani naturalmente dolicocefali dovevano appartenere ad una razza diversa e quindi non autoctona del luogo. Una stirpe di cui abbiamo perso le tracce probabilmente a causa di una loro successiva ed inevitabile assimilazione con il resto dell’aristocrazia indigena.


LA FUSIONE DELLA STIRPE DOMINANTE CON LE ALTRE RAZZE


   Il professor Walter. B. Emery (1903-1971), un illustre egittologo che condusse numerose operazioni di scavo in Egitto (in particolare a Saqqara) negli anni ’30 scrisse un volume molto interessante. In Archaic Egypt, infatti, egli documentò il ritrovamento a Saqqara di reperti umani dal cranio dolicocefalo risalenti all’epoca pre-dinastica. E proprio come sostenuto dai ricercatori maltesi egli scoprì che non poteva trattarsi di una stirpe autoctona in quanto, non solo possedevano un cranio più grande rispetto a quello dell’etnia locale, ma presentavano anche molti altri caratteri genetici atipici per il clima del luogo, come capelli chiari, corporatura molto più robusta della media e una statura superiore. Emery dichiarò quindi oltre ogni ragionevole dubbio che tale ceppo razziale non poteva essere originario dell’Egitto (come sappiamo non esserlo di Malta) ma che ciononostante aveva svolto in loco un ruolo sacerdotale e governativo di prim’ordine. Aggiunse poi che tale gruppo etnico si tenne a distanza dai ceti sociali più bassi accettando di unirsi carnalmente solo con la classe aristocratica locale. Tale gruppo etnico venne in seguito identificato dall’eminente egittologo con la casta dominante che la tradizione egizia chiamò con l’appellativo di Shemsu Hor, ovvero i “Seguaci di Horus” (da cui deriva l’antico culto del sole e della dea madre), oggi ritenuti invece personaggi puramente mitologici. Gli Shemsu Hor sono menzionati dalla tradizione come classe sacerdotale dominante nell’Egitto predinastico (fino al 3000 a.C. circa), e la loro esistenza è documentata sia nel papiro di Torino quanto nelle liste dei re di Abydos. È inoltre interessante notare che lo stesso W. Emery scrisse: “verso la fine del IV millennio a.C. il popolo noto come “Seguaci di Horus” ci appare come un’aristocrazia altamente dominante che governava l’intero Egitto” (Archaic Egipt). La teoria dell’esistenza di questa razza, del resto, risulta suffragata dalla scoperta (a nord dell’Alto Egitto) di antiche tombe risalenti al periodo pre-dinastico con all’interno gli anomali reperti umani anzidetti.

   Mummie che testimoniano oltre ogni ragionevole dubbio l’esistenza in epoca preistorica di una stirpe di individui con differenze anatomiche talmente marcate da non poter essere associati allo stesso ceppo razziale del popolo egizio autoctono. E la fusione tra le due razze avvenne probabilmente solo durante l’unificazione dei due regni d’Egitto. In conclusione, quindi, gli strani crani dolicocefali egiziani trovano corrispondenza negli straordinari reperti umani trovati a Malta. Il suddetto ceppo razziale sacerdotale dal cranio lungo e i caratteri nordici sembra poi essere scomparso per assimilazione sia a Malta che in Egitto nello stesso identico periodo, ovvero tra il 3000 e il 2500 a.C. Esistono poi indizi circa l’esistenza della stirpe dei sacerdoti “serpente” anche in medio-oriente, e più precisamente all’interno del ceppo ariano dei Mitanni. Questi ultimi infatti venivano indicati dagli egizi con il nome di “Naharin”, un termine che significa “quelli del serpente (da Nahash, serpente). Inoltre, le caratteristiche anatomiche della loro casta regnate presentava importanti analogie con quelle descritte da W. Emery (capelli chiari, alta statura e corporatura robusta) riguardo ai reperti umani trovati in egitto che egli associò alla figura mitica dei  “seguaci di Horus”.

   Del resto, la tradizione dei “sacerdoti serpente” (cfr. HERA n.13 e n.14) trae storicamente origine proprio dal Medioriente, con il suo centro principale di sviluppo nel Kurdistan. E intorno al 5000 a.C. infatti, la cultura matriarcale mitannica di Jarmo rappresentava le dee madri come divinità dal volto dai tratti serpentiformi e con il cranio eccezionalmente dolicocefalo, ovvero con le stesse fattezze della stirpe dei sacerdoti serpente egizi e maltesi. I membri di questa particolare casta sacerdotale vennero considerati dal resto delle popolazioni medio-orientali come semi-dei civilizzatori in perfetta corrispondenza di quanto stava avvenendo nel frattempo in Egitto per i c.d. seguaci di Horus. E il ritrovamento nella terra del Nilo delle statuine dedicate al culto della dea madre dal volto di vipera testimonia proprio questo assunto. Peraltro, la datazione ufficiale delle sculture in questione le fa risalire esattamente al periodo arcaico in cui sarebbero arrivati in Egitto i c.d. seguaci di Horus. E’ quindi lecito concludere che i sacerdoti serpente furono il ceppo razziale più antico e progredito del mondo antico poiché troviamo traccia della loro effettiva esistenza sia in Egitto (successivamente a migrazioni risalenti al 6000/4000 a.C. – cfr. HERA pag.10) che sull’isola di Malta. La loro stirpe sembra poi essere sparita nel nulla intorno al 2.500 a.C., periodo in cui molto probabilmente cominciarono a fondersi con le aristocrazie locali. Ma ciononostante, il simbolo per eccellenza della casta dei faraoni egizi continuò ad essere il serpente per tutti i millenni che seguirono e basta osservare la riproduzione di un faraone qualsiasi per rendersene conto. Il loro copricapo all’altezza della fronte era caratterizzato dalla raffigurazione della testa di un cobra mentre la barba del faraone veniva annodata in modo da sembrare la coda di un serpente.

   Anche il culto della Dea madre continuò ad essere tramandato dai sacerdoti egizi attraverso la figura della Dea Iside rappresentata a tale scopo con un bambino in grembo. Peraltro, il faraone Amenofi III ebbe come seconda moglie di nome Tadu-Heba una principessa mitannica da cui concepì Akhenaton, il faraone dolicocefalo che riportò l’antico culto del sole (la cui origine risalirebbe ai seguaci di Horus) al di sopra di tutte le altre divinità del consolidato pantheon egizio tebano.

   Durante il suo breve regno, infatti, il faraone eretico rivoluzionò l’arte egizia imponendo ovunque uno stile dolicocefalo di cui oggi disponiamo ampia documentazione. Lui stesso quindi, quanto sua moglie Nefertiti e i suoi figli possedevano vistosi crani dolicocefali con il volto dai tratti serpentiformi. Akhenaton e la sua famiglia insomma erano indubbiamente caratterizzati dalle stesse anomalie anatomiche della stirpe predinastica menzionata dall’egittologo W. Emery (nota nel mondo antico come sacerdoti serpente) nel suo ponderoso volume “Arcaic Egipt” (presenti anche a Malta e in Sudamerica).

   Secondo l’archeologia ortodossa i crani anomali di Malta risalirebbero al 2.500 a.C. (nessuno però si è mai preso la briga di effettuare o autorizzare esami al C-14 e quindi in realtà potrebbero essere molto più antichi) una data in cui la storia megalitica dell’isola sembra cessare di colpo. Gli archeologi suggeriscono addirittura che Malta a partire dal 2500 a. C. sia rimasta disabitata per circa 300 anni, ovvero fino a quando non venne colonizzata dai fenici. Un popolo che continuò ad edificare templi sull’isola dedicati al culto della Dea Madre, da loro chiamata “Astarte”, la Dea dal volto di serpente. Ma a dispetto di quanto affermato dalla teoria maggioritaria vi sono fondate ragioni per ritenere il periodo megalitico molto più antico di quanto datato finora. Graham Hancock infatti (Civiltà sommerse), dopo avere effettuato accurati studi e ripetute immersioni nei vicini fondali ha dichiarato di avere scoperto che il sito preistorico di Hal Saflieni è in realtà molte migliaia di anni più antico di quanto finora stabilito per convenzione a livello accademico. E le prove raccolte in proposito sono addirittura schiaccianti. Ha scoperto ad esempio che nella odierna zona portuale di Grand Harbour sorgevano i resti di un tempio megalitico che venne inghiottito dal mare dopo l’ultima glaciazione (p.424 Civiltà sommerse). E stando alla documentata testimonianza di Jean Quintinus, (anno 1536) Hancock avrebbe perfettamente ragione in quanto il sito preistorico nel XVI sec. si estendeva ancora lungo tutto il porto fino a scomparire negli abissi marini (citaz. Malta, Echoes of Plato’s Island, The preistoric society of Malta, 2000, 42). Un ulteriore conferma in tal senso ci viene fornita dallo studioso Megeiser (anno 1606), il quale affermò di essere riuscito a vedere una parte della antica costruzione composta da blocchi rettangolari di incredibili dimensioni (ibid). E tali dichiarazioni risultano addirittura corroborate dalle asserzioni di molti altri ricercatori che visitarono il sito archeologico nell’800. Omai però vi è più alcuna traccia dei reperti in questione a causa della loro rimozione durante i lavori di costruzione del porto. Ma se lo studioso avesse ragione significa che il passaggio dall’epoca megalitica a quella fenicia non sarebbe stato di soli 3 secoli, ma avrebbe avuto bensì un intervallo di diverse migliaia di anni. E cioè, proprio il periodo di tempo che secondo i teorici dell’archeologia “eretica”, separò di netto la negletta civiltà preistorica antidiluviana dall’inizio della civiltà conosciuta. Ed ecco ad esempio cosa ha affermato testualmente in proposito (Civiltà sommerse p.479) l’archeologo maltese Anton Misfud: “L’accumulo dei resti umani nell’ipogeo di Hal Saflieni non sarebbe il risultato di una sepoltura rituale, ma le ossa sarebbero state trascinate nel labirinto dell’ipogeo dall’azione dell’acqua su una matrice di terra rossa e terriccio”. Le ossa, infatti, vennero ritrovate violentemente frantumate e scomposte insieme a quelle degli animali e ad ogni altro genere di detrito in un deposito omogeneo e non stratificato per diverse epoche. Ciò significa inevitabilmente che i reperti furono spinti nell’ipogeo durante una unica grande inondazione che può essersi verificata solo in un epoca post-glaciale molto più remota di quella attualmente stabilita. Una circostanza che testimonia l’esistenza del tempio in data molto anteriore al 3000 a. C.

   Una simile rilettura archeologica della storia spiegherebbe inoltre il fatto per cui l’isola rimase disabitata per così lungo tempo in coincidenza del passaggio tra una civiltà e l’altra. Il vuoto storico tra le due ere, insomma, può essere dovuto al passaggio dell’ultimo grande cataclisma post-glaciale. Ma purtroppo, come spesso accade in questi casi, tale ipotesi non può neppure essere presa in considerazione dal mondo accademico in quanto incompatibile con il dogma ortodosso secondo cui prima del 3000 a.C. non può essersi sviluppata alcuna civiltà socialmente evoluta. In ultima analisi, gli straordinari crani dolicocefali naturali di Malta sono reperti ufficialmente rimasti incompresi, ma la loro “ingombrante” presenza testimonia l’esistenza storica di un arcaico lignaggio sacerdotale che sembra essere rimasto geneticamente isolato fino al 2.500 a.C. (periodo in cui probabilmente cominciò a fondersi con l’aristocrazia locale). Ed è ad esso che probabilmente dobbiamo il substrato religioso e spirituale che caratterizzò la nascita improvvisa delle più grandi civiltà del Mondo antico. Il loro status sociale di eruditi “divini” può quindi essere ragionevolmente attribuito all’eredità culturale della perduta civiltà antidiluviana di cui ci informano le nostre antiche tradizioni. Sappiamo inoltre che i membri di questa dimenticata elite etnica continuarono a sopravvivere tra i faraoni egizi e i regnanti Mitanni. I loro discendenti, infatti, devono avere regnato all’ombra della storia ufficiale almeno fino al 1351 a.C., periodo in cui il faraone “eretico” Akhenaton tentò di restaurare l’antico culto solare delle origini.

TRACCE DI UNCA CIVILTA’ PERDUTA

   È difficile per la storia accademica credere all’esistenza di una civiltà molto più antica di quelle ufficialmente riconosciute. Ancor più difficile sarebbe ammettere che fosse più evoluta di quelle moderne. Quasi impossibile, infine, accettare che sia stata la progenitrice degli Illuminati. Riconoscerlo significherebbe dover riscrivere tutte la storia.

   Ebbene, qualcosa è emerso, di molto importante.

Nel 2010 è uscito un libro che ha avuto come autore Paolo Rumor, figlio di Giacomo Rumor, dal titolo l’altra Europa Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea, editore HOBBY & WORK, dove si parla delle memorie riservate di suo padre.

   Per capire l’importanza di queste rivelazioni, bisogna partire dal fatto che la famiglia Rumor ha avuto un ruolo importante nella vita pubblica del cattolicesimo italiano.

   Il nonno di Giacomo Rumor nei decenni del XIX secolo era stato un fondatore delle società cattoliche del Veneto e della Banca Cattolica.

   Il cugino Mariano Rumor è stato cinque volte Presidente del Consiglio, nonché una personalità eminente della Democrazia Cristiana dal 1945 fino alla morte.

   Giacomo Rumor, nato nel 1906, inizia la sua attività durante gli anni ’30 nella FUCI, la federazione degli universitari cattolici della quale furono presidenti Aldo Moro e Giulio Andreotti, a stretto contatto con Monsignor Montini, il futuro papa Paolo VI.

   Fu un organizzatore delle Resistenza, quale componente della rappresentanza della DC nel CLN della provincia di Vicenza.

   Nel secondo dopoguerra non entra ufficialmente in politica. È invece uno dei promotori del rilancio economico del Nordest, come Presidente della Camera di Commercio di Vicenza.

   Nel racconto di Paolo Rumor, Montini appare da cardinale, una sorte di responsabile o controllore dei servizi segreti vaticani.

   Dalle memorie di Giacomo Rumor emergono tre aspetti inediti:

  • Il ruolo del Vaticano nel processo di formazione dell’Europa.
  • L’ipotesi che tale processo abbia avuto inizi storicamente ben più remoti di quanto di ritenga.
  • Il collegamento di tale processo con una tradizione esoterica che, per quanto di natura problematica sul piano dell’accertamento storiografico, bisogna tenerne conto.

   Per quanto riguarda il primo aspetto, pur inedito, presenta un’indubbia collocazione storica: si tratta della ben nota decisione del Vaticano di essere parte attiva nello schieramento imperialista imperniato sugli USA.

   Una scelta effettuata già nell’inverno del 1942, quando si delineava con la sconfitta delle forze nazifasciste a Stalingrado ed a El Alamein, la sconfitta definitiva delle forze dell’Asse, e il crescere dell’influenza dell’URSS e delle forze delle forze comuniste e progressiste.

   In Italia, si è studiata l’influenza – diretta e indiretta – di questa scelta europeista sugli avvenimenti italiani. Ma essa era, appunto, più di lungo respiro. Guardava all’Europa, a quanto maturava in vista di future istituzioni a livello continentali.

   C’è da interrogarsi come mai il Vaticano non ha mai rivendicato, in ambito storiografico, il ruolo specifico di un suo rappresentante sin dai primordi delle trattative a livello europeo.

   Si può supporre che ciò dipenda anche dal fatto che queste trattative comprendevano interlocutori diversi da quelli ufficiali ed evidenti.

   Nei documenti di Giacomo Rumor di descriveva un gruppo di persone chiamate “gli Anziani”, che si riferivano ad alcuni scritti denominati “Protocolli dei Priori”. Sembra che questo gruppo, nei secoli, abbia fatto da custode e da catalizzatore dell’idea di unità europea finanziando l’opera di scienziati, umanisti e uomini di governo come Robert Boyle, Victor Hugo, Andrè Gide e diversi altri.

   Sono nomi che, con qualche variante, corrispondo all’elenco di pretesi Gran Maestri del Priorato di Sion.

   Le persone, istituzioni e situazioni segnalate da Giacomo Rumor al figlio sono le stesse (con poche, modeste differenze) presentate ne Il Santo Grall e ne L’eredità messianica.

   Esiste, però una differenza di fondo: nelle memorie di Giacomo Rumor non vi è Cristo che avrebbe sposato Maria Maddalena, con un figlio che, appunto, alla dinastia merovingia.

   Nelle memorie rumoriane, viceversa, vi è un racconto più realistico e più credibile: si parla di un’organizzazione di antica data, votata alla costruzione europea, alla quale il Vaticano avrebbe dato il suo appoggio, soprattutto nella fase che va tra il primo dopoguerra e la seconda guerra mondiale. E del rapporto tra il progetto europeo e la famiglia Montini.

   Per questo motivo le memorie di Giacomo Rumor appaiono di una singolare importanza. Emerge una documentazione che rende possibile una nuova lettura del rapporto tra la Chiesa Cattolica e un best seller come il Codice da Vinci.

   Si parla della politica segreta del Vaticano, politica che comporta iniziative e rapporti con istituzioni che presentano analogie con il preteso Priorato di Sion, si potrebbe ipotizzare che la Chiesa veda nel romanzo di Dan Brown qualcosa di diverso e di più importante di una denigratoria falsificazione storica.

   Si potrebbe pensare che in Vaticano vi sia chi assegni una parte di ragione a Dan Brown, non per quanto concerne Gesù, Maria Maddalena e la discendenza merovingia, ma per quanto riguarda l’esistenza di un’istituzione che presenta qualche analogia col fantasticato Priorato di Sion.

   Certamente c’è da rimanere perplessi quando a partire dalla fine del terzo capitolo del memoriale si allarga a prospettive ancora più fantastiche: l’Associazione alla quale fa capo il progetto di integrazione europea, sarebbe depositaria di antichi segreti, risalenti a una fase scomparsa della storia dell’umanità, al punto di lasciare tracce molto labili.

      Dagli archivi Rumor si trova della documentazione molto particolare. Paolo Rumor non avrebbe riportato la seconda parte delle memorie (la prima come si è visto era di natura politico-economica) se non si rese conto, di una singolare corrispondenza con nomi e situazioni presenti anche in certa saggistica che affronta temi storici, scientifici, archeologici, mitologici con approcci decisamente alternativi (appartengono a questo filone autori come De Santillana, Hapgoof, Hancock, Bauval, Baigent, Leigh, Collins e altri).

   Nei circoli intellettuali in cui si muovevano i primi ispiratori dell’Unione Europea (e dietro ai quali si profilava la Struttura emersa dalla documentazione Rumor), sin dai tempi della Restaurazione, vi era la convinzione che un periodo storico plurimillenario stesse per concludersi, e per avviarsi un nuovo ciclo di evoluzione umana. L’idea del XIX secolo e l’inizio del XX, di alcuni documenti che confermavano e integravano il complesso di tradizioni e conoscenze (incluso un elenco cronologico degli affiliati) che la Struttura si tramandava da secoli. Da tali documenti, tenuti segreti per la loro straordinaria importanza, deriverebbero le informazioni contenute nel materiale appartenuto a Giacomo Rumor.

   Agli inizi del XX secolo nella sinagoga di Nusaybin (in passato Nisibis, cittadina turca presso il confine con la Siria) sarebbero stati rinvenuti alcuni rotoli di rame, facenti parte di un più ampio materiale considerato perduto; Giacomo Rumor avrebbe ricevuto stralci delle traduzioni dai testi originali in greco.

   I rotoli si ipotizza che attualmente conservati nientemeno che nella cappella di Rosslyn), in alcuni bauli posti sotto la cripta di sud-est, interrati nella camera sotterranea di mezzo, nel luogo corrispondente al punto ove si trova San Pietro che tiene in mano la squadra.

   Il testo di Nusaybin conterrebbe la descrizione di un’età proto-storica caratterizzata livello di organizzazione sociale ed economica, nonché da avanzate conoscenze che si potrebbero già definire scientifiche e che l’umanità avrebbe conseguito solo nell’età solo nell’età illuministica. In quest’epoca remota sarebbero esistite delle comunità urbane in località costiere del Mediterraneo e di altre regioni, ora sommerse dal mare; poi, a causa di sconvolgimenti globali e repentine mutazioni climatiche, sarebbe seguito un lungo periodo di decadenza; quindi, una fase di lenta, faticosa, parziale ricostruzione, in cui sarebbe stata determinante l’opera svolta da un gruppo di Illuminati. È precisamente a questo momento che risalirebbe l’istituzione della Struttura, la cui azione si sarebbe protratta nei millenni sino ai nostri giorni, attraverso un lungo elenco di persone che il di Nusaybin riporta espressamente, e da cui è derivato l’elenco parziale riportato nelle memorie (relativo al livello consultivo); nella parte più antica di tale elenco i membri vengono collettivamente designati come il Collegio dei Sorveglianti o anche i Custodi, corrispondente agli Illuminati di cui sopra.

   Nel testo inoltre sarebbero citate tutte le località dove erano diffusi gli Illuminati, specificando che sono “prima dell’acqua”, da intendersi: prima che venissero sommerse dall’innalzamento del livello marino seguito al termine dell’ultima glaciazione (circa 10-11.000 anni fa). Alcune località sono riportate nelle memorie: l’isola di Galonia nel Mediterraneo (la Galonia Leta dei romani), situata nel luogo di Malta, la più grande di questo e un tempo persino unita alla Sicilia da una lingua di terra emersa: la “altura nel basso corso del Nilo”, identificabile con la piana di Giza: il “golfo partico, quello antico”, intendendosi con ciò la valle che anticamente esisteva in luogo dell’attuale Golfo Persico; il Golfo di Cambay, nell’Oceano Indiano, un tempo terraferma; “la penisola di Kumari, con i suoi quarantanove territori”, identificabile con il continente perduto della leggenda Tamil – Kumari Kandam – una lingua di terra unita all’estremità sud della penisola indiana e comprendente le isole Maldive e Sri Lanka; “il continente di Seille, prima della riduzione” ovvero Ceylon prima che il mare se ne prendesse una parte; “il continente Sondien”, identificabile con una vastissima regione un tempo emersa e unita all’Indocina, ma di cui oggi restano solo gli arcipelaghi dell’Indonesia e delle Filippine; “l’isola dei progenitori degli Jomon, prima dell’ascensione di Sosano”, che potrebbe corrispondere all’arcipelago delle Ryukyu (fra Taiwan, Okinawa e l’estremità meridionale del Giappone), in prossimità di un vastissimo territorio ora sommerso dalle acque nel Mar Giallo e del Golfo di Corea; “il continente di Kambu o Kolba” (identificabile con Cuba) “sito cinquanta giorni di navigazione a ponente dello scoglio di Calpe” (identificabile con Gibilterra); “l’arcipelago di Vacca, il cui nome precedente è quello di Colba, unica terra rimasta” (pertanto identificabile con il vasto complesso di terre emerse esistenti un tempo nella regione caraibica, in particolare presso la penisola della Florida e le isole Bahamas).

   Oltre all’elenco degli affiliati e alla descrizione delle località, il testo di Nusaybin conterrebbe anche le rappresentazioni cartografiche di talune regioni costiere riportate in differenti condizioni e periodi di tempo; riporterebbe, inoltre, una sorta di rappresentazione metaforica e allusiva, degli eventi che si sarebbero abbattuti su quell’antica civiltà. A tali eventi si riferivano termini quali “caduta delle luci”, “accoppiamento”, “grande freddo”, “ritardo del sole sulla cima” e “incursioni della stella sulle regioni del monte”; cioè era associato all’idea di una punizione che avrebbe colpito l’umanità per la colpa di avere “guastato gli animali; creato le vite che lo Spirito e l’ordine non avevano voluto; accesso le luci che non danno calore; violato il corpo della madre e misurato le sue estremità; separato il seme della terra; bruciato l’acqua marcia; contato le anime nei loro orizzonti e studiato i loro cammini per poterle sorprendere all’uscita dalla porta del cielo”.    Altri brani, ricopiati e tradotti dallo stesso Paolo Rumor, dicono “(…) prima dello spostamento del fuoco, quando il trapano non si era ancora scardinato; il leone era ancora sacrificato; gli angeli non si erano ribellati; l’acqua del mare obbediva all’abisso e non aveva iniziato a crescere. (…) i forzatori del cielo erano arrivati di seguito al leone (…) l’abisso e le onde di pietra avevano abbattuto gli uomini perché questi avevano profanato il corpo della madre misurando le sue estremità, saccheggiando le sue vene, rivelando i suoi segreti, accendendo luci che non danno calore, creando animali che lo Spirito non aveva voluto”. Sia parla di Giganti che, oltre ad essere responsabili delle colpe di cui sopra, avrebbero “spinto la ruota fuori del solco”. Subito dopo i Giganti sarebbero arrivati i Sorveglianti. Il linguaggio è evidentemente mitico, ma il testo di Nusaybin preciserebbe espressamente trattarsi di rappresentazione allegorica di fatti reali.

   Un altro passaggio nel testo di Nusaybin affermerebbe: “I Sorveglianti sono divenuti Illuminati quando hanno posto le tre piattaforme rialzate sulla collina a fianco del fiume, nel luogo in cui l’alto e il basso si bilanciavano, lungo la via d’acqua che serpeggia fra le canne, sul punto di maggiore intersezione della rete, scrivendo con la pietra gli avvertimenti da rispettare”. Le cosiddette piattaforme sarebbero state completate migliaia di anni dopo, secondo il progetto originario che vi era depositato, ma con alcuni orientamenti modificati in base a mutati riferimenti spaziali e stellari; ciò a causa di un evento geofisico a cui ci si riferisce con l’espressione di “scivolamento del manto”. Questo luogo, chiamato anche “l’altura”, non sarebbe altro che Giza.

   Fra i documenti di Rumor vi sono degli schemi grafici (planimetria e sezioni) che rappresentano un sistema di corridoi e ambienti sotterranei esteso a tutta l’area della Sfinge e delle piramidi di Giza. Questi schemi indicano anche il punto in cui nel 1872 sarebbero state rinvenute, da una spedizione privata, delle tavolette di gesso incise: un ambiente artificiale sotterraneo ubicato nel corridoio che collega la Sfinge (chiamata il “puntatore”) alla piramide di Nusaybin di cui si è già parlato, alcuni grazie all’archeologo Alexander Thorn, insieme al testo di Nusaybin di cui si è già parlato, alcuni decenni dopo la loto scoperta. Vi sarebbe scritto che coloro i quali avevano realizzato le “piattaforme” e scavato il “puntatore”, lo avrebbero fatto affinché fosse trasmessa per sempre, “a chi possiede la conoscenza e ai ricercatori della via, il contenuto dell’avvertimento”. Il cosiddetto “avvertimento” consisterebbe in una serie di schemi geometrico-matematici, di coordinate geografiche, di allineamenti con località e con corpi celesti (espressi a volte per mezzo di ignote unità di misura di spazio e tempo) correlati a fenomeni di natura geofisica: la rottura dell’equilibrio nella rotazione terrestre e lo scivolamento degli strati più superficiali rispetto a quelli più interni del pianeta. Il riferimento è, evidentemente allo stesso tipo di disastrosi eventi descritti nel testo di Nusaybin: terremoti (chiamati “onde di roccia”) e “grandi piogge”, inondazioni, trasgressioni marine (scalini d’acqua) che avrebbero colpito la Terra in due periodi diversi, circa 8.000 anni fa e ancora prima 11.000 anni fa, “nell’età (precessionale) del Leone”. In seguito a ciò, il Collegio dei Sorveglianti avrebbe operato pre preservare la conoscenza della civiltà precedenti a tali eventi, realizzando un cosiddetto “tabernacolo” dove custodire “l’essenza spirituale” di coloro che avevano messo in movimento “la nuova era”. Una sorte di archivio, delle tavolette rinvenute.

   La Struttura avrebbe incaricato numerosi e diversi specialisti allo scopo di studiare i rotoli di Nusaybin e le tavolette di Giza: Alexander Thorn, come si è detto, sarebbe stato uno dei consulenti interpellati per la traduzione e l’interpretazione dei testi, altri sarebbero stati incaricati di comprendere e descrivere in termini scientifici i fenomeni geofisici a cui tali testi, aldilà del linguaggio figurato, si riferivano come a fatti reali.

   Si tratta di nomi che sono noti per chi ha un minimo di familiarità con la saggistica alternativa: Alexandre Lenoir (1761-1839); Waynaman Dixon (1844-1930) e il fratello maggiore John; Hugh Auchincloss Brown (1879-1975); Alexander Thom (1894-1985); Marcel Griaule (1898-1956); Charles Hutchins Hapgood (1904-1982); Livio Catulo Stecchini (1913-1979); Adolf Erik Nordenskiold (1832-1901); Arlington H. Mallery; James H. Campbell.

Alcuni sono nomi di archeologi, antropologi, storici, come Lenoir, i fratelli Dixon, Thom, Stecchini, Griaule. Lenoir, archeologo, raccoglitore e conservatore del patrimonio culturale, fu anche massone e convinto sostenitore della discendenza della Massoneria dall’antico Egitto; i fratelli Dixon, ingegneri, ferroviari e archeologi dilettanti, sono noti per aver scoperto nel 1872 i cunicoli della Camera della Regina nella piramide di Khufu (e alcuni oggetti all’interno di essi); Thom è noto per le sue ricerche megalitiche europee (la “yarda megalitica” è una sua scoperta, anche se non concordemente accettata); Stecchini, professore di storia antica, fu autore di ricerche sulla storia  della scienza, della metrologia e della cartografia (formulò anche una controversa teoria numerologica sulla piramide di Khufu); Griaule (insieme a Germain Dieterlen), compì lunghi studi sulla cultura africana dei Dogon grazie ai quali si rivelarono inspiegabili conoscenze astronomiche sul sistema triplo di  Sirio.

   Se la presenza in elenco di questi nomi è abbastanza singolare, lo è ancora di più i primi tre sopra citati, perché ci sono precise e significative relazioni che li legano reciprocamente. Cominciamo da Nordenskiold: si tratta di uno studio di cartografia antica il quale, esaminando approfonditamente i portolani medievali, giunse alla conclusione che tali mappe (molto – troppo – precise per l’epoca), dovevano avere un modello di riferimento prodotto in età antiche, probabilmente dai navigatori fenici. Guarda caso, il cartografo citato e utilizzato da Tolomeo era un certo Marino di Tiro (città fenicia, appunto). A dire il vero Tolomeo è l’unico a citare questo cartografo che l’avrebbe preceduto, tant’è che ad alcuni è sorto il dubbio che Marino non sia una persona in carne ed ossa, ma rappresenti invece la tipologia di carte nautiche prodotte e utilizzate da Fenici, e forse ispirate a loro volta ad una cartografia ancora più antica, come Tolomeo fa esplicitamente capire descrivendo il lavoro di Marino. L’ipotesi che Marino non sia una persona reale sembrerebbe rafforzata dal fatto che marinos in greco significa “pesce di mare”.

   C’è un passaggio delle memorie di Rumor che si collega direttamente a questo punto, e anzi diviene comprensibile solo grazie ad esso. Per descrivere le ubicazioni in cui si sarebbe sviluppata la civiltà antidiluviana, le memorie fanno riferimento ad un “prototipo del pesce di mare”, oscura espressione che potrebbe stare ad indicare proprio l’opera di Martino di Tiro, intesa nel senso precisata da Nordenskiold, ossia come lo sconosciuto modello cartografico postulato all’origine dei portolani medievali. Le mappe incluse nei documenti consegnati a Giacomo Rumor potrebbero avere la stessa origine e far riferimento direttamente a tale prototipo; in ogni caso rappresentano senza ombra di dubbio, e con sostanziale precisione, la situazione del Golfo Persico, del Mediterraneo e delle Antille prima che il livello del mare cominciasse ad alzarsi per effetto dello scioglimento delle calotte glaciali.

   Tornando all’elenco dei nominativi nelle memorie, vediamo il collegamento che esisteva tra Hapgood e Nordenskiold: in Maps of the ancient sea kings del 1966 Hapgood si riallacciava direttamente agli studi di Nordenskiold e avanza l’ipotesi dell’esistenza di un’antica e sconosciuta civiltà che avrebbe mappato l’intero pianeta e prodotto una cartografia le cui tracce si sarebbero viste poi, appunto, nelle carte fenice, nei portolani medievali e in altre sconcertanti mappe del XV-XVI secolo, di tipo diverso dai portolani, recanti informazioni anomale, come la celebre mappa di Piri Re’is. Questa in particolare fu fatta oggetto di un attento studio da parte di Hapgood, ma il primo a segnalare, nel 1956, le anomalie contenute in tale mappa fu Mallery, un altro nome che c’era nell’elenco: dopo una carriera nella marina militare, Mallery si era dedicato allo studio della cartografia antica (in particolare delle mappe vichinghe del Nord America e della Groenlandia); interpellato per esaminare la mappa di Piri Re’is, giudicò che la parte più meridionale della mappa rappresentasse l’Antartide prive della colta glaciale che oggi le ricopre.

   Nordenskiold-Hapgood-Mallery costituiscono un terzetto contraddistinto dagli studi di cartografia antica; un altro terzetto, contraddistinto dagli studi di geofisica, è costituito da Brown-Hapgood-Campbell, con Hapgood come cerniera fra le due tematiche. Infatti, l’altra parte fondamentale della ricerca di Hapgood fu indirizzata a dimostrare la validità della teoria degli slittamenti della crosta terrestre, una evento che sarebbe causato dalla distribuzione asimmetrica delle masse del pianeta (in particolare i ghiacci polari) e che avrebbe catastrofiche conseguenze a livello globale. In verità Hapgood non fu il primo a proporre questa teoria: il primo fu Brown nel 1948. Quanto a Campbell, fu amico di Hapgood e suo collaboratore nello sviluppo e nella verifica analitica del modello geofisico alla base della teoria.

   Secondo la documentazione di Rumor, Hapgood avrebbe ricevuto la traduzione delle tavolette di Giza e da ciò ricavato alcuni spunti per l’elaborazione e lo sviluppo della sua teoria degli slattamenti della crosta terrestre. Ora, si deve ammettere che tale teoria sia assolutamente pertinente nel contesto del materiale di Rumor e capace di fornire significato ad asserzioni che resterebbero altrimenti incomprensibili.

   La chiave per la decodifica del progetto di Giza e per la rilevazione del suo messaggio sarebbe nella combinazione di due pre-esistenti teorie: quella di Bauval sulla correlazione stellare Giza-Orione (integrata con nuovi elementi e contributi originali), e quella di Hapgood sugli slittamenti della crosta terrestre. Ne risulterebbe una sorta di “disegno planetario” in cui l’ubicazione di numerosi siti antichi  in tutto il mondo acquista un preciso significato geodetico alla luce dei precedenti assenti della Terra; la stessa diffusione di determinati toponimi il cui significato rimanda a concetti astronomici, come Meru (la montagna sacra degli induisti, simbolo dell’asse polare) sembrerebbe ricollegassi alle linee di scorrimento della crosta terrestre in occasione degli eventi presumibilmente accaduti più volte in passato e descritti dalla teoria di Hapgood.

   Nelle memorie di Rumor ci sono dei passaggi dove si afferma che “(…) vi sarebbe stata in India, in epoca (remota …) una struttura gemella con rapporti reciproci, poi estinta o riassorbita dalla prima. Essa è data per ubicata nell’antica valle dell’Indo, in una zona chiamata “Mero” (…) che veniva tenuta in considerazione (…) quale incrocio significativo di due linee della Terra identificate in epoca molto antica, corrispondente a quelle in cui erano avvenuti gli sconvolgimenti climatici (…) assieme alla cosiddetta “caduta degli angeli”, al “sobbalzo” della terra e allo ‘spostamento o rottura del palo (asse, colonna)’”  queste affermazioni sono eguali a quelle dell’architetto Loris Bagnara Il segreto di Giza (Newton & Compton, 2003) dove si esprime lo stesso concetto e si evidenzia il dato di fatto della grande concentrazione di toponimi Menu nel territorio dell’attuale Pakistan. Un altro elemento da tenere considerazione è l’interpretazione fornita dalle memorie e dal libro di Bagnara del mito della ““caduta degli angeli”, che è presente in molte tradizioni fra cui quella ebraica. C’è un’interpretazione in chiave astronomica, come appare chiaro nei passaggi nei documenti di Rumor in cui si accenna alla registrazione del “movimento di discesa degli “angeli” cattivi e la corrispondente ascesa di quelli “buoni””. Tutto ciò viene detto nel consueto linguaggio figurato e allusivo, sarebbe conseguenza di una colpa; ma che non si tratti solo di un racconto mitologico lo si capisce dalla descrizione della Terra come formata da un “asse o pilastro” unita a una “struttura armillare” e circondata da un “vortice”: tutte formata da un “asse o pilastro” tutte espressioni possono essere intese come una rappresentazione della Terra nello spazio, con particolare riferimento al movimento precessionale. In altri termini, gli angeli non sarebbero altro che le stelle, le “incursioni della stella sulle regioni del monte” potrebbero significare l’ingresso di una stella nelle regioni celesti più settentrionali, per effetto del ciclo precessionale; e la caduta, al contrario, non solo significherebbe la discesa nelle regioni celesti meridionali (sempre per effetto del ciclo precessionale), ma alluderebbe anche alla discesa di un astro sotto l’orizzonte in conseguenza di uno slittamento della crosta terrestre.

   Ora la fondatezza ivi contenuti nell’archivio si fonda quasi esclusivamente sull’autorevolezza delle persone coinvolte delle persone coinvolte e molto poco su riscontri concreti. Tutto ciò potrebbe essere spiegato dalla natura segreta della Struttura.

   Ma soffermiamoci sugli elementi oggettivi che potrebbero contribuire ad avvalorare i contenuti della documentazione emersi dagli archivi.

   Innanzitutto c’è da dire che il richiamo a cataclismi naturali, abbattutisi sulla Terra nel periodo terminale dell’ultima era glaciale, trova oggi precisi riscontri scientifici: non solo la riduzione delle terre emerse per effetto dell’innalzamento del livello del mare, come descritta nei documenti e nelle mappe di Rumor, è sostanzialmente corretta; sembrerebbe altresì, di poter confermare che siano altresì effettivamente accaduti, nello stesso periodo, eventi di natura astronomica e geofisica con disastrose conseguenze globali. Nel 2006, al meeting dell’American Geophysical Union ad Acapulco, un gruppo di ricercatori americani ha presentato una teoria secondo cui una cometa sarebbe caduta sulla calotta glaciale che ricopriva il Nord America, 12.900 anni fa, causando devastanti inondazioni ed estinzioni di  massa; altri studiosi primo fa i quali l’americano Paul LaViolette, ritengono che la Terra sia stata colpita dagli effetti di una potentissima esplosione del nucleo galattico, circa nello stesso periodo[15] inoltre, anche la stessa possibilità di un riorientamento degli strati più esterni della Terra rispetto all’asse di rotazione sembra trovare conferma (benché   non all’ampiezza ipotizzata da Hapgood).

Che nelle terre un tempo emerse e poi cancellate dall’innalzamento del livello marino, possano trovarsi vestigia di civiltà evolute è una possibilità concreta, avvalorata da recenti ritrovamenti di estese rovine sommerse, ancora oggetto di studio, proprio in alcune delle ubicazioni che le memorie citano: uno è il tratto di mare che separa la penisola indiana da Sri Lanka; un altro, ancora in India, è nel Golfo di Cambay.[16] Ma vale la pensa di ricordare anche le presunte strutture sommersa Yonagumi nel Mare della Cina, e la presunta città sommersa al largo di Cuba: benché i dati siano ancora molto controversi, è suggestivo il fatto che si tratti anche in questi casi di ubicazioni citate nelle memorie.

   Il rincontro più impressionante, riguarda il luogo di ritrovamento delle tavolette di gesso, nei pressi della Sfinge. Secondo Rumor questo luogo sarebbe “(…) situato PR ubicato sotto (la Sfinge), in un ambiente artificiale semiallagato, con degli incavi laterali, al cui centro è ricavato un rialzo su cui giacciono delle colonne cadute”. Ora, questa descrizione richiama innegabilmente quella del cosiddetto “pozzo di Osiride” scoperto da Zhai Hawass nel 1999. Dopo l’acqua che riempiva quasi completamente il pozzo, Hawass descrive un vano con al centro un grande sarcofago su un basamento tagliato nella roccia e i resti di quattro colonne agli angoli; secondo una schema simile all’Osireion di Seti I ad Abydos, il canale d’acqua che circonda questa sorta di isola ed è interrotto in corrispondenza dell’ingresso alla camera prende così la forma della parola geroglifica pr (pronuncia pir), che significa casa e che Hawass riferisce all’epiteto “pr wsir nb rstaw” (casa di Osiride, signora di Rastaw) attribuito alla piana di Giza. Significativamente Rastaw (il nome di Giza per gli Egizi) era espressamente riferito all’idea di cunicoli sotterranei. Hawass non nega la possibilità che nei sottosuolo della piana di Giza vi sia un’estesa rete di passaggi, come è rappresentato di Rumor; peraltro, lo stesso archeologo ha parzialmente esplorato un cunicolo che parte dal vano del sarcofago e procede per lungo tratto in direzione della piramide di Khufu.

   Nelle memorie di Rumor il “segreto dei segreti” del mito di Rennes-le-Château, sembra essere sostituito da un altro segreto: la conoscenza di eventi remoti della storia della Terra e dell’umanità. Queste informazioni non hanno evidentemente nulla a che fare con quel mito né tanto meno con i gruppi esoterici che si erano serviti della sigla del Priorato di Sion come copertura.

   Una possibile traccia l’ha suggerita l’architetto Loris Bagnara[17] egli afferma che esiste una traccia che porta ai gruppi rosacrociani operanti a partire dalla seconda metà del XIX secolo, in Europa e in America, a cominciare dall’AMORC (Antico e Mistico Ordine dei Rosacroce), il cui fondatore, Harvey Spencer Lewis, nel 1936 pubblicò un libro in cui erano contenute le mappe del sito di Giza, mappe venute in possesso di Rumor. Ma si può risalire oltre, perché Spencer Lewis, come dichiarò egli stesso, fondò il proprio movimento negli Stati Uniti nel 1915, dopo aver ricevuto l’iniziazione durante un viaggio in Francia nel 1909. Guarda caso, dagli USA si torna alla Francia. Bagnara ipotizza che il movimento che iniziò e ispirò Spencer fosse l’Ordine Kabbalistico della Rosacroce, fondato nel 1888 da Stalinslao de Guaita. Questo, ordine, a sua volta raccolse le tradizioni di movimenti rosacroce precedenti. È in queste tradizioni che si potrebbero trovare le conoscenze segrete sulla storia della Terra e dell’umanità, conoscenze che in seguito sarebbero giunte a Schumann (e quindi a Giacomo Rumor), non si sa se tramite l’Ordine Kabalistico della Rosa-Croce oppure l’AMORC.

   Fra i membri conosciuti dell’Ordine Kabalistico della Rosa-Croce (OKRC), si possono annoverare: Stanislao de Guaita, come primo Gran Maestro; Papus (guarda chi si rivede), Joséphin Péladan, che se ne separò nel 1890 per fondare un suo Ordine della Rosa-Croce, principalmente incentrato sulla ricerca estetica.

   La OKRC attirò immediatamente gli occultisti europei più influenti dell’epoca: Paul Adam (1862-1920), Jollivet-Castelot, August Reichel, l’abate (il cui vero nome era Calixte Mélinge, 1842-1933, curato di Morigny nella diocesi di Versailles, che sostituì Péladan) e tanti altri.

   Papus come si è visto un testimone e partecipante della nascita di altre correnti Rosa-Croce di origine britannica (ad esempio la Golden Dawn), scrisse sull’Ordine Kabalistico della Rosa-Croce: “Il movimento Rosa-Croce avrebbe continuato nel silenzio, o nascosto dietro altre organizzazioni iniziatiche, se alcuni occultisti stranieri non avessero tentato di strapparlo alla Francia – luogo d’elezione delle tradizioni occidentali – alle sue origini, per convogliarlo in un movimento che avrebbe l’asse di gravitazione dell’esoterismo per porlo al di fuori di Parigi (…). Sarebbe stato sacrilego lasciare distruggere l’opera dei maestri d’occidente. Fu quindi deciso, dall’alto, di intraprendere un’opera di diffusione, destinata a scegliere, attraverso il lavoro e l’esame, quegli iniziati capaci di adattare la tradizione del nuovo secolo che si andava aprendo innanzi”.[18]

   Sul suo aspetto più noto, quello dello studio e della formazione, si studiavano nell’Ordine le opere di Eliphas Lévei, Bulwer-Lytton (1803-1873), Fabre d’Olivet, Wronsky, Jacob Bohme, Emmanuel Swedenborg, Martinez de Pasqually e Louis Claude de Saint Martin. Si potrebbe tranquillamente dire che tutti i grandi mistici ed esoteristi, contribuirono alla divulgazione della conoscenza e della spiritualità.

   Le generazione di occultisti francesi ed europei, che perpetuano le tradizioni iniziatiche e dei misteri d’occidente, furono in gran parte influenzate da questa scuola sconosciuta. Tra essi si potrebbe dire Saint-Yves d’Alveydre e Rudolf Steiner.

   L’ OKRC fu l’ispiratore continuo delle correnti spirituali occidentali. È interessante osservare che la maggior parte dei rappresentanti dell’Ordine ebbe l’incarico di creare una scuola legata in modo invisibile alla tradizione madre.

   Ci si trova davanti ad un paradosso: da una parte c’è una visibilità dell’Ordine dall’altra una segretezza sui riti perfettamente conservato dagli iniziati ed un apprendistato classico e rituale di grande qualità.

   È in questo spirito che fu concepito l’Ordine e che continuò a perpetuarsi sia su un piano esterno sia uno interno, o ad occulto, nel Collegio Invisibile dei sei fratelli dell’Ordine e del Grande Patriarca Rosa-Croce che dirigeva questo gruppo. I Gran Maestri esterni dell’Ordine dopo Guaita furono: Francois Charles Barlet, Papus, Charles Detré (Teder), dal 1916 al 1918, Jeane Bricaud, che nel 1922 creò una Società Occultista Internazionale, con il medico Joseph Ferrua e la collaborazione di Jollivet-Castellot.

   Il Gran Maestro esterno era un rappresentante pubblico dell’ordine che agiva sotto il controllo dell’Ordine internazionale e del Gran Patriarca Rosa-Croce, vera direzione occulta dell’OKRC. Questo rappresentante esterno non era autorizzato a rivelare nulla di propria di iniziativa.

   Fino a Bricaud, il Gran Patriarca Rosa-Croce è allo stesso tempo il Gran Maestro dell’Ordine esterno, in seguito l’Ordine esterno cessa di esistere come tale. La trasmissione di Gran Maestro non è più che onoraria ed associata ad alcune responsabilità nella massoneria egiziana, nel martinismo o nello gnosticismo. È facile comprendere, visto che i personaggi che ebbero questo titolo non furono al corrente dell’iniziazione e riti interni dell’Ordine. Costant Chevillon e Robert Ambelain furono i soli a ricevere alcune descrizioni e tecniche derivante dell’Ordine interno ed autorizzati a metterle in pratica per la creazione degli Ordini di cui erano responsabili.

   Sul piano dell’Ordine interno, la successione fu sempre trasmessa in modo ininterrotto con le stesse ragioni ed esigenze dell’ordine Rosa-Croce delle origini e nella regione che era sempre stata il crogiolo dell’ermetismo rosacrociano: il sud-ovest della Francia.[7]   Jean Bricaud, allora sia Gran Patriarca Rosa-Croce sia Gran Maestro esterno dell’Ordine, trasmise la carica occulta a L. – M.F.G. (1921), un religioso. J.B. fu il suo successore, quindi P.T. Fu a seguito di una riunione martinista in sua (1986), che rimise la sua eredità occulta ed alcuni oggetti rituali, segno di questa trasmissione, al Gran Patriarca Rosa-Croce che andava assumere questa carica, J. L. de Biasi.

Gli oggetti martinisti e rosacrociani potevano nuovamente illuminare gli altari dei maestri passati dell’Ordine.

   Ma il momento di risvegliare l’Ordine non era ancora venuto. Il ciclo 111 anni doveva essere rispettano ed applicato. Nel 1999, l’Ordine interno poté riprendere i propri lavori occulti che devono svolgersi durante 7 anni. I primo periodo di quattro anni fu destinato al risveglio dell’ermetismo occidentale e a manifestare la sua presenza come in precedenza.

   L’OKRC nuovamente vivificato dal contribuito di ermetisti, Rosa-Croce e martinisti, può ora aprire i suoi capitoli per avviare i suoi lavori come previsto nel 2006, conclusione della sua manifestazione.

   Ci sono tanti altri dati in merito a civiltà perdute. Nel 1961, sulle montagne californiane, fu ritrovato un geode (il geode è una cavità interna a una roccia ignea a forma tendenzialmente sferica rivestita di cristalli) risalente a 500.000 anni fa. Radiografato e sezionato, rivelò al suo interno la presenza di un materiale isolante di porcellana dotato di un filo metallico centrale e una struttura di metallo esagonale.[8] Strutture analoghe si trovano nei moderni motori a scoppio e più precisamente nelle candele di accessione. Nel 1926, in un blocco di carbone di carbone estratto da una miniera del Montana, fu trovato un dente l’analisi rivelò che si trattava di un molare inferiore identico a quello di un essere umano moderno:[19] ma il carbone in cui il reperto era incastrato e fossilizzato risaliva a ben dieci milioni di anni fa, un’epoca in cui la razza umana almeno secondo la storia ufficiale, non esisteva ancora.

L’archeologia ufficiale accademica liquida questi ritrovamenti come delle burle o, in assenza del minimo appiglio, cerca in tutti i modi di ignorarli. Un comportamento del genere potrebbe anche dipendere dal fatto che ogni forma ufficiale di studio e ricerca si è sviluppata sotto l’egida di poteri che fondano la propria autorevolezza e persino la propria esistenza sull’imposizione dell’idea dogmatica secondo cui l’essere umano da una divinità.

   Una persona priva di pregiudizi politici o religiosi, dovrebbe per logica deduttiva quanto meno sospettare che la storia dell’uomo sia ben diversa da quella finora raccontata e che un potere molto antico, integrato a ogni livello del sistema attuale, abbia tutto l’interesse a impedire che l’umanità scopra le sue vere origini.

   In confronto alla lunga storia della Terra, la storia della civiltà dura meno di un battito di ciglia. Se per qualsiasi motivo l’umanità sparisse improvvisamente, in pochi secoli ogni suo prodotto si degraderebbe. Metalli, vetro, plastica: tutto verrebbe riassorbito dal pianeta. Potenzialmente centinaia di civiltà di civiltà potrebbero essersi succedute e quante altre potranno comparire dopo quella attuale. Le uniche opere capaci di sopravvivere all’erosione del tempo sarebbero quelle realizzate usando migliaia di tonnellate di pietra. Le piramidi ne sono un esempio. Ebbene, sembra che esse siano opera di una popolazione molto più antica di quella egizia.


[1] https://puntadellest1.wordpress.com/2015/12/27/i-misteri-di-malta-i-crani-dolicocefali-e-gli-uomini-serpente/

https://m.facebook.com/DiegoBerzaghi/posts/lipogeo-di-hal-saflieni-a-malta-e-i-teschi-allungati-scomparsila-scoperta-dellip/1679904988933629/

https://aurora-project.forumfree.it/?t=69663239

[2] Karl Marx, Friedrich Engels, Opere complete, Vol. V, p. 31.

[3] http://oltrelastorianellanimoantico.blogspot.com/2016/02/i-serpenti.html

https://m.facebook.com/132882843419961/posts/1085404651501104/?_rdr

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Iside

[5] https://qmqf.forumfree.it/?t=29597941

[6] http://romagnamare.altervista.org/il-simbolo-delle-api/

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ape_(merovingia).svg

[7] http://universum-ita.blogspot.com/2010/04/la-cappella-di-rosslyn-rivela-un-nuovo.html

[8] https://puntadellest1.wordpress.com/2015/12/27/i-misteri-di-malta-i-crani-dolicocefali-e-gli-uomini-serpente/

[9] HERA n.18, 2006, pag. 14 – I crani di Malta.

[10] https://m.facebook.com/markanthony.mifsud

[11] Citazione  W. Emery, Arcaic Egipt.

[12] https://unmondoaccanto.blogfree.net/?t=2762971

https://zensunnisietch.forumfree.it/?t=50388797

[13] https://it.wikipedia.org/wiki/Themistocles_Zammit

[14] https://jmbriffa.wordpress.com/chi-sono/

https://wikiita.com/manuel_magri

[15] Earth Under Fine, Il codice dell’Apocalisse, Nexus Edizioni Srl, 2006.

[16] Graham Hancock, Civiltà sommerse, Corbaccio, 2002.

[17] Paolo Rumor con la collaborazione di Giorgio Galli e Loris Bagnara, l’altra Europa Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea, HOBBY & WORK, 2010, pagg. 195-201.

[18]                                                                     C.s.

[19] [9] https://web.infinito.it/utenti/m/mysteryworld/ooparts.html

~ di marcos61 su dicembre 3, 2020.

Una Risposta to “UN’ANTICA STIRPE DOMINANTE”

  1. La stirpe reale sono i figli di El, discendenti delle regine Dragoni e Annunaki https://puntadellest1.wordpress.com/2013/02/13/segale-cornuta-amanita-muscariasangue-di-drago-in-rapporto-al-mito-di-demetra/

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