ACQUA SULLA LUNA?
Il 26 ottobre ’20 la NASA ha comunicato che l’acqua sulla Luna c’è per davvero e potrebbe essere più accessibile del previsto: la svolta per le future missioni umane arriva da due studi pubblicati sulla rivista Nature Astronomy.[1] Il primo, coordinato dalla Nasa, dimostra la scoperta inequivocabile della ‘firma’ della molecola di acqua (H2O), rilevata per la prima volta sulla Luna dal telescopio volante Sofia. Il secondo studio, condotto dall’Università del Colorado, stima invece che oltre 40.000 chilometri quadrati di superficie lunare potrebbero intrappolare acqua sotto forma di ghiaccio in piccole cavità ombreggiate.
Ricerche precedenti avevano indicato la possibile presenza di acqua sulla superficie lunare, soprattutto vicino al polo Sud, ma gli strumenti usati per le rilevazioni non permettevano di distinguere se il segnale derivasse dalla molecola d’acqua H2O o dall’idrossile (OH) legato ai minerali. Il telescopio Sofia, montato a bordo di un Boeing 747, ha risolto il mistero analizzando lo spettro della Luna a una lunghezza d’onda di 6 micrometri a cui l’acqua non può più essere confusa con altro. “Aver visto la firma spettrale della molecola d’acqua è un grande passo avanti, perché ci permette finalmente di risolvere una questione aperta da anni“[2], commenta Enrico Flamini, presidente della Scuola Internazionale di Ricerche per le Scienze Planetarie (IRSPS) presso l’Università di Chieti-Pescara.
I risultati delle analisi dimostrano che a latitudini più meridionali l’acqua è presente in abbondanza (circa 100-400 parti per milione), probabilmente sequestrata in matrici vetrose o rocciose. Aggiunge Flamini: “Questo ci dice che la Luna potrebbe essere meno arida del previsto – ma non è ancora possibile stabilire quanta acqua ci sia e quanta sia utilizzabile: di certo questa scoperta ci aiuterà a pianificare meglio le future missioni“. [3] Più ottimisti i ricercatori dell’Università del Colorado, che col loro studio ipotizzano la presenza diffusa di ‘trappole’ d’acqua sulla superficie lunare: afferma Paul Hayne “se avessimo ragione l’acqua potrebbe essere più accessibile per ottenere acqua potabile, carburante per i razzi, tutto ciò per cui la Nasa ha bisogno di acqua“.[4]
La scoperta dell’acqua potrebbe accelerare i vari progetti delle maggiori agenzie spaziali prevedono un ritorno sulla Luna con missioni umane attorno al 2030, a partire proprio dalla NASA[5] nel 2024 con il programma Artemis[6] e l’agenzia spaziale cinese[7] in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea e con l’Agenzia Spaziale Russa.
Comunque come si diceva prima è da tempo che si è sviluppata da parte dei paesi interessati alla conquista dello spazio la ricerca dell’acqua sulla Luna.
Nel 1994, la sonda Clementine ha scoperto, presso le regioni polari del satellite, un giacimento di oltre 10 miliardi di tonnellate di ghiaccio, un bacino d’acqua in grado di provvedere al fabbisogno di un’intera, futura colonia anche ove si pensasse di ricavarne ossigeno o combustili, in combinazione con l’idrogeno.[8]
A proposito della ricerca di acqua sulla Luna, c’è una notizia che sembra presa da un film di fantascienza del tipo Star Trek ma non lo è. Nel 2009 si è svolta la missione Lcross della Nasa per cercare acqua sulla Luna. Un razzo Centaur si è schiantato sul cratere lunare Cabeus vicino al Polo Sud lunare alla ricerca di eventuali riserve idriche, seguito dalla ‘sonda madre’. L’impatto a oltre 7.000 chilometri orari del missile bomba Centaur, il primo stadio della sonda, con la superficie lunare è avvenuto alle 7:33 ora di Cape Canaveral, con alcuni minuti di ritardo sull’orario previsto, sollevando una nube di polvere lunare. La sonda ha avuto quindi soltanto quattro minuti per filmare e fotografare gli effetti dell’impatto e, attraverso gli strumenti di rilevamento a bordo, per cercare vapore acqueo o frammenti di ghiaccio nella nube di detriti alzata dall’esplosione. La spettacolare missione potrebbe confermare i risultati della sonda indiana Chandrayaan-1, che ha scoperto tracce d’acqua sulla superficie lunare, aprendo scenari di esplorazione alla Star Trek, il telefilm cult di fantascienza: la presenza di acqua è, infatti, considerata l’elemento essenziale per il ritorno dell’uomo sulla Luna, in una base spaziale stabile. Nel programma della NASA, in attesa dell’approvazione della Casa Bianca, questa ipotesi è fissata per il 2020. Alla stampa americana Alan Andrews, che ha progettato la missione LCROSS, non ha nascosto la sua eccitazione per l’evento, che sarà trasmesso in diretta sul sito della Nasa: “La tempesta di polvere che si scatenerà e che potremo vedere sarà fantastica, come se la Luna ci venisse addosso“, ha detto.[9]
Il Centaur ha espresso una potenza pari a una tonnellata e mezzo di dinamite, sollevando una nube di 350mila chilogrammi di detriti lunari e aprendo una voragine che gli scienziati ritengono, avrà un diametro di circa venti metri. Affermano i responsabili della missione che la Luna, però, non corre alcun rischio: in media quattro volte al mese viene colpita da corpi celesti che provocano crateri equivalenti. La differenza, in questo caso, è che il punto dell’impatto è stato scelto dagli scienziati con cura, al polo sud della Luna, dove la luce del Sole non batte mai e dove potrebbero trovarsi depositi di ghiaccio nascosti nel sottosuolo. Svolto il suo primo compito ‘dinamitardo’, la sonda LCROSS rimarrà nello spazio per studiare la superficie lunare, in cerca del sito migliore per il futuro, eventuale, atterraggio sulla luna. Certo qualche dubbio su missioni di ricerca fatte a suon di missili, il sospetto che dietro questa parvenza scientifica ci siano scopi militari, sorge.[10]
Vediamo i minerali che stanno nel suolo lunare, quelli di cui se ne ha la certezza. Essi sono: alluminio, calcio, ferro, magnesio, titanio. Vi potrebbero essere anche riserve d’oro. Inoltre, nella prospettiva di un possibile sfruttamento a fini energetici, la Luna è ricchissima di elio-3 (He3), un isotopo leggero di elio derivato dalle reazioni nucleari all’interno delle stelle, pressoché inesistente sulla Terra, ma che, per le particolari condizioni ambientali che ne caratterizzano l’atmosfera , è presente allo stato gassoso in enormi quantità sulla Luna.
L’elio-3 potrebbe essere utilizzato come combustibile per alimentare i reattori a fusione nucleare, in condizione di relativa sicurezza, considerando che le scorie radioattive prodotte dalla reazione di questo elemento del deuterio e del trizio, peraltro ancora a loro volto in fase sperimentale.
Gli esperti sostengono che un carico corrispondente a quello di uno Shuttle di elio-3 (pari a circa 25 tonnellate) potrebbe soddisfare il bisogno di un grande Stato, come gli usa, per almeno un anno, mentre periodicamente si moltiplicano le stime degli scienziati sull’incidenza che potrebbe avere l’accesso alle riserve di elio-3 lunare sull’evoluzione delle soluzioni energetiche sul nostro pianeta. L’elio-3 si rivelerebbe inoltre, un ottimo combustibile per eventuali astronavi in corsa verso missioni più lontane, che non possono prescindere dall’alimentazione nucleare.
Ma questo processo di colonizzazione dello spazio non è lineare ed è contradditorio. Ci sarebbe da chiedersi cosa ha impedito fino ad ora la colonizzazione dello spazio.
La mancata colonizzazione dello spazio nasce dal fatto che in regime capitalista qualunque cosa non produce plusvalore, è nulla, per questo motivo i Cristoforo Colombo in scafandro, non hanno aperto la via a flotte di caravelle e galeoni.
Che si tratti della stazione spaziale o della missione su Marte, la potenza del capitale non si misura tanto con la potenza dei missili o con la precisione dei manufatti spaziali, quanto con il loro significato economico. Fintanto che si riesce a produrli e farli partecipare alla valorizzazione, essi sono per il Capitale come l’ossigeno per l’asfittico o l’antibiotico per l’infetto. Essi invertono l’aspetto fondamentale dell’industria moderna che produce merci a milioni mediante pochi uomini e tante macchine: mentre infatti nelle merci normali si assiste ad una diminuzione del valore unitario per via della produzione di massa con sempre meno uomini, nel manufatto spaziale, al contrario, si concentra il lavoro di migliaia di uomini; esso è prodotto in pezzi unici o limitati e ha verso di sé masse enormi di capitale, valorizzandolo in concentrato. Con ciò è in controtendenza rispetto alla legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, anche se non influisce sull’economia come in genere si tende a credere.[11] I manufatti spaziali sono dei paradossi, merci di lusso prodotte alla stregua di preziosi gioielli d’artigianato. Solo che tutto ciò, invece di essere linfa che alimenta una nascita, è ossigeno che impedisce una morte. Come le armi e guerre attuali, che rappresentano un campo di produzione e consumi utili alla rianimazione capitalista. Non è un caso che la “conquista spaziale” è figlia degli Stati Maggiori militari.
Poiché ogni merce che viene prodotta nel tempo ad un valore decrescente, l’unico affare sarebbe la keynesiana continuazione dei lanci e degli esperimenti in modo di aumentare la massa di materia messa in moto in rapporto ai capitali investiti; si darebbe dovuto passare dalle merci di lusso alle merci popolari, in modo da compensare in modo classico la caduta del saggio di profitto con la realizzazione di una massa crescente. Ma la merce alla lunga deve anche avere un valore d’uso oltre che un valore di scambio, altrimenti è negata la realizzazione del plusvalore. Insomma, non si possono vendere missili come automobili. Keynes aveva un bel dire che si poteva guarire dalla crisi scavando delle buche con lo scopo di riempirle di nuovo: le buche sono già state scavate e riempite.
Rimarrebbe il campo militare, grande consumatore di merci che hanno il pregio di diventare obsolete senza passare per l’uso effettivo o, se usate, passibili di elevato consumo. Anche in questo campo però il numero, la massa, diventa un ostacolo insormontabile quando già si possiede un arsenale di per sé sufficiente per distruggere diverse volte tutto il pianeta. D’altra parte l’innalzamento della soglia tecnologica non ha funzionato per le armi spaziali: le stupefacenti Guerre Stellari che piacevano tanto a Reagan cozzarono contro un elementare ragionamento, che all’epoca, fece un imperturbabile tecnico russo: quei marchingegni supertecnologici nello spazio si potevano neutralizzare acquistando dal primo rigattiere un bidone di chiodi arrugginiti e sparpagliandoli sulla stessa orbita in direzione contraria; alla velocità relativa di 60.000 Km all’ora la supercostosa supertecnologia reaganiana sarebbe stata ridotta a un colabrodo al costo di pochi rubli. Anche in questo caso si ha la conferma che dietro la mitologia della conquista spaziale, comprese le sue diramazioni militari, non c’è tanto l’efficienza scientifica quanto il volgarissimo business.
È ben noto che i militari non badano a spese e che sono avidi consumatori di nuove tecnologie, che spesso e volentieri si rivelano assurde e in ogni caso si rivelano inutilizzabili in caso di guerra vera. Ma anche i civili non scherzano. La nuova stazione spaziale, paralizzata lungo un decennio dalla lotta per il profitto e dalla concorrenza fra Stati, è un monumento alla scienza decadente: è obsoleta prima ancora di nascere, è complicata e costosa, in sostanza è un assemblaggio di egoismi e di strutture che rispondono più alle lobby industriali che ad un progetto razionale e unitario.
Non si salva dunque nulla dell’avventura spaziale? Queste affermazioni che non sono in contrasto con quanto il marxismo ha sempre sostenuto che lo sviluppo delle forze produttive è di per sé rivoluzionario?
Ora, lo sviluppo delle forze produttive rimane un fattore rivoluzionario. Ma tale sviluppo non lo si deve vedere soltanto nelle macchine spedite nello spazio o nelle pattuglie di “eroi” che rischiano la pelle. La rivoluzione lavora attraverso l’organizzazione molto centralizzata e nello stesso tempo distribuita in tutto il tessuto produttivo dei paesi industriali che hanno permesso i risultati spaziali. Lavora soprattutto attraverso il rapporto che ha legato tra di loro più di un milione di uomini, i quali non erano slegati da altri milioni e milioni, altrettanto coinvolti nel massimo livello di socializzazione del lavoro raggiunto dall’umanità. Un milione di uomini che hanno concentrato i loro sforzi sincronizzati in modo tale che macchine inizialmente rozze e imperfette sono state in grado di estendere i sensi umani oltre il sistema solare. Il telescopio Hubble ha esteso il nostro senso ancora più in là, ai confini dell’universo conosciuto.
Per quanto riguarda la socializzazione del lavoro, questa ha prodotto fenomeni molto interessanti dal punto di vista del comunismo. La Qualità Totale e tutti i criteri organizzativi che vi si collegano sono in genere identificati con un insieme di tecniche atte ad ottenere un abbassamento statistico degli scarti, un miglioramento del prodotto o qualcosa di simile. In realtà l’esigenza di tali tecniche dalla necessità di controllare la produzione come fatto integrato in un contesto di lavoro sociale di perfezionamento dei metodi non è che un fenomeno derivato da cause più profonde.
Il cambiamento radicale intervenuto negli anni ’70 e ’80 ha portato alla scomparsa della fabbrica tradizionale in gran parte dei paesi imperialisti. Essa è stata in gran parte sostituita da nodi produttivi facenti parte di una rete talmente integrata che non può più fare a meno di tener conto delle relazioni tra ogni suo punto.
[1] https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2020/10/26/lacqua-sulla-luna-ce-ed-e-piu-accessibile-del-previsto-_3ade9d2e-65a3-4215-8ac6-58b8692f3940.html
[2] C.s.
[3] C.s.
[4] C.s.
[5] https://www.nasa.gov/feature/nasa-unveils-sustainable-campaign-to-return-to-moon-on-to-mars
[6] Il programma Artemis è un programma di volo spaziale con equipaggio in corso portato avanti principalmente dalla NASA, dalle aziende di voli spaziali commerciali statunitensi e da partner internazionali come l’Agenzia Spaziale Europea, l’Agenzia Spaziale Giapponese l’Agenzia Spaziale Canadese con l’obiettivo di far sbarcare “la prima donna e il prossimo uomo” sulla Luna, in particolare nella regione del polo sud lunare, entro il 2024. La NASA vede Artemis come il prossimo passo verso l’obiettivo a lungo termine di stabilire una presenza autosufficiente sulla Luna, gettare le basi per le società private per costruire un’economia lunare e infine mandare gli umani su Marte. https://it.wikipedia.org/wiki/Programma_Artemis
[7] https://sputniknews.com/science/201810011068500311-China-Probes-Manned-Missions-Base-Moon/
[8] https://marcos61.wordpress.com/2014/01/21/la-questione-spaziale/
[9] C.s.
[10] http://www.csu-sicilia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=122:missile-sulla-luna-riuscito-impatto-la-sonda-lcross-ha-scaglia-un-proiettile-contro-un-cratere-lunare&catid=1:ultime&Itemid=50
[11] Nel 1989-93 gli investimenti spaziali americani raggiunsero il massimo dopo le riduzioni seguite al disastro della Challenger. Il Budget spaziale fu in media di circa 50 miliardi di dollari all’anno (in buona parte assorbiti dall’apparato militare); lo 0,6 del P.I.L.