CHIP CINESI SPIANO SERVER AMERICANI

 

 

Dovrebbe essere noto ormai che la maggior parte dei conflitti contemporanei, a partire dalla seconda guerra mondiale, ormai, non sono dichiarati apertamente. Come dovrebbe essere noto che i conflitti tra Stati e gruppi economici non si riducono solamente all’aspetto militare.

Due colonelli cinesi Q. Liang – W. Xiangsui hanno scritto un libro dal titolo molto significativo Guerra senza limiti Libreria Editrice Goriziana. I due colonnelli cinesi fanno riferimento in questo libro ad altre forme di guerra che non sono solo quelle direttamente militari: 1) alla guerra commerciale, 2) alla guerra finanziaria, 3) alla nuova guerra terroristica, 4) alla guerra ecologica. A p. 82 vengono nominati G. Soros ed H. Kohl e le piramidi finanziarie albanesi.  “Prima di Soros, H. Kohl si è servito del marco tedesco per abbattere il Muro di Berlino, un muro che nessuno era mai riuscito a scalfire con le granate dell’artiglieria….. La guerra finanziaria si è trasformata in un’arma “iperstrategica “che sta richiamando l’attenzione del mondo. … Analizzando il recente caos in Albania, possiamo vedere con chiarezza il ruolo svolto da vari tipi di fondazioni istituite da gruppi transnazionali e miliardari con patrimoni in grado di competere con le ricchezze degli Stati. Queste fondazioni controllano i mezzi di comunicazione e le sovvenzioni alle organizzazioni politiche, neutralizzando qualsiasi resistenza alle autorità, il che porta al crollo dell’assetto nazionale e alla caduta del governo legittimamente eletto… La frequenza e l’intensità sempre maggiori di questo tipo di guerra, e il fatto che sempre più paesi e organizzazioni non statali la stiano deliberatamente conducendo, sono motivi di preoccupazione e fatti che dobbiamo affrontare apertamente “. P 81 – 86.

È venuta fuori la notizia che minuscoli chip inseriti in equipaggiamenti informatici statunitensi prodotti a quanto pare in Cina sono stati usati nel quadro nel tentativo da parte dei cinesi di rubare segreti tecnologici statunitensi.[1] Lo ha rivelato Bloomberg[2] News, affermando che i chip avessero la dimensione di chicco di riso e siano stati usati su attrezzature per Amazon, Apple, oltre che forse altre compagnie e agenzie governative.

Tutto sarebbe nato quando nel 2015 Amazon stava valutando l’acquisizione di una startup chiamata Elemental Technologies, responsabile dello sviluppo di una tecnologia di compressione video utilizzata per lo streaming dei Giochi Olimpici, delle comunicazioni con la ISS e di altri dispositivi governativi, come i droni della CIA.

L’intenzione di Amazon era quella di integrare queste tecnologie all’interno della sua piattaforma Amazon Web Services (AWS), con lo scopo di creare un’infrastruttura cloud particolarmente sicura che potesse essere proposta agli enti governativi statunitensi. Prima di avviare l’acquisizione, Amazon richiese un’indagine relativa allo stato di sicurezza delle apparecchiature di Elemental da parte di una società esterna, ed è proprio questo episodio ad aver dato il via al caso riportato oggi da Bloomberg.

In seguito a quell’indagine, infatti, emerse che i server che Elemental utilizzava per sé e per i propri clienti (acquistati da Supermicro) erano stati manomessi già in fase di assemblaggio e al loro interno era stato posizionato un piccolissimo chip spia, identificato in quanto non facente parte del design originale delle apparecchiature ispezionate. Questo chip, come si diceva prima, sarebbe stato poco più grande di un chicco di riso e poteva essere facilmente scambiato per un condizionatore di segnale, in modo da risultare del tutto anonimo ad una prima ispezione.

Un’analisi più approfondita del componente ha rivelato che al suo interno erano presenti tutti gli elementi necessari per renderlo un vero e proprio dispositivo per hacking hardware, dal momento che era dotato di una memoria, una CPU e funzionalità di rete. Secondo quanto emerso oggi – dopo oltre 3 anni di indagini segrete – pare che le responsabili per l’installazione di questo chip sulle apparecchiature di Supermicro fossero proprio le aziende cinesi produttrici delle apparecchiature, le uniche in grado di avere una conoscenza completa dell’hardware e quindi di posizionare un elemento aggiuntivo che potesse aggirare con facilità ogni tipo di controllo, il tutto senza presentare il minimo rischio di incompatibilità.

Una volta messo in funzione l’hardware infetto, infatti, il chip si attivava automaticamente per infiltrarsi nel sistema operativo del macchinario, in modo da creare una backdoor invisibile che consentisse agli attaccanti di entrare liberamente per accedere a informazioni di altissimo livello. Pare che al momento non si parli di dati degli utenti delle società apparentemente colpite, bensì di file classificati, segreti aziendali e militari.

Le autorità cinesi hanno ovviamente negato qualsiasi coinvolgimento, dichiarandosi estranee ai fatti e strenui difensori della cyber sicurezza a livello globale. Il report di Bloomberg, inoltre, attacca direttamente Apple affermando che la casa di Cupertino avrebbe identificato la presenza di questi chip sulle schede madri dei propri server iCloud già nel 2015, interrompendo ogni relazione con Supermicro l’anno successivo. L’accusa sarebbe quella di aver nascosto la sua scoperta, tuttavia Apple non ha accettato passivamente quanto dichiarato da Bloomberg.

La società della Mela morsicata è intervenuta con un comunicato ufficiale inviato a diversi organi stampa statunitensi, in cui afferma che le dichiarazioni riportate da Bloomberg non corrispondono a verità e che l’interruzione dei rapporti con Super Micro Computer è stata causata dalla scoperta di un driver infetto all’interno di un singolo server di un singolo laboratorio, che ha causato la perdita di fiducia nei confronti del partner. Anche Amazon ha fortemente negato di essere a conoscenza di quanto riportato da Bloomberg, che però a sua volta cita ben 17 testimoni che possono confermare la manomissione dell’hardware fornito a Supermicro.

Questa scoperta si inserisce all’interno della guerra digitale e commerciale attualmente in atto tra Stati Uniti e Cina: nonostante le autorità statunitensi avessero già ritenuto pericoloso l’utilizzo di apparecchiature ZTE e Huawei – per via dell’influenza subita dal governo cinese – molti non si aspettava che questo genere di pericolo potesse giungere da una società USA (della serie che i capitalisti la loro prima bandiera è il loro profitto ed è così in tutto il mondo).

 

 

 

 

 

  

 

[1] Chip cinesi spiano server USA, METRO, venerdì 5 ottobre 2018.

 

[2] https://www.hdblog.it/2018/10/04/bloomberg-spia-cinese-server-apple-amazon/

Bloomberg è una multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo. Nel corso degli anni Bloomberg è cresciuta creando un servizio mondiale di news, che comprende TV, agenzia di stampa, radio, internet e pubblicazioni editoriali.

 

~ di marcos61 su ottobre 5, 2018.

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