SERVIZI SEGRETI, LA FARFALLA E IL 41 BIS
Potrebbe essere un titolo di un film di spionaggio ma dietro di esso si nasconde una tragica realtà.
Il 41 bis non è solo una tortura di Stato, ma sta emergendo (per chi vuole accorgersene ovviamente) che è un luogo molto (ma molto veramente) torbido dove operano i servizi segreti.
L’esistenza del Protocollo Farfalla è emersa grazie ad un’inchiesta sul Manifesto del 2006 a firma di Massimo Bartocci.
La faccenda inquietante di tutta questa storia è l’esistenza di un servizio segreto che opera senza controllo (gli altri, almeno formalmente, una qualche forma di controllo esiste), nessun atto pubblico che ne attesti l’esistenza e che collabora direttamente con l’Ufficio ispettivo con a capo l’allora, già magistrato, Salvatore Leopardi. Questo Protocollo Farfalla sarebbe stato redatto dall’allora capo del DAP Giovanni Tinebra (anche lui magistrato e che è ricordato per aver condannato Scarantino nonostante le perplessità della Boccassini).[1] Dall’inchiesta sul Manifesto si evince che Tinebra scrisse testualmente: “Le future articolazioni si occuperanno di: <1 acquisizione, analisi e monitoraggio, continuativi e centralizzati, di elementi documentati e dei dati informativi di natura fiduciaria riguardanti ciascuna delle persone sottoposte al 41bis; 2) esame comparato, sempre continuativo e centralizzato, di tutti gli elementi e dei dati acquisiti; 3) acquisizione, analisi e monitoraggio, continuativi e centralizzati, di tutti i possibili canali di collegamento, intramurario ed extramurario; 5) eventuali sviluppi di indagini preliminari all’esito dell’approfondimento informativo qualora questo evidenzi ipotesi di reato (come richiesto dalla Direzione nazionale Antimafia)”.[2]
La questione è gravissima per due inquietanti. Il primo è che il carcere non può diventare un settore distaccato della polizia e soprattutto dei servizi segreti: la nostra Costituzione dice ben altro. Il secondo sta nel fatto che l’accordo tra servizi segreti e DAP ancora una volta travalica il Diritto (quello con la d maiuscola).[3] Lo stesso Favia, vicepresidente della Commissione Antimafia si domanda: “Quale funzione hanno avuto i servizi in questi anni? Indurre alla collaborazione i detenuti al 41bis? Intercettare comunicazioni verso l’esterno?”.[4]
Si potrebbe chiedere anche, che ruolo ha avuto e ha tuttora la Magistratura inquirente, in questa realtà che opera un “corpo estraneo allo Stato” costituzionale? Tenendo conto che gli ideatori di questa rete d’intelligence sono due magistrati, e da non dimenticare le denunce che fecero Kossiga, quando per togliersi qualche sassolino dalle scarpe che ci potevano essere rapporti diretti tra alcuni magistrati e membri dei servizi segreti e che questi ultimi si trasformassero in informatori dei primi. [5]
In un’audizione della Commissione Antimafia, Arturo Esposito il direttore dell’AISI (servizi segreti per l’interno) ha dichiarato che nel 2005 e nel 2006 l’AISI ha svolto due operazioni chiamate Farfalla e Rientro che avevano come obiettivo l’accesso a detenuti sottoposti al 41bis. Nel 2007 secondo Esposito sarebbero state chiuse e c’è in corso un’inchiesta della magistratura su eventuali procedure illegali seguite.
Ma dietro questo rapporto tra magistrati, servizi segreti e carceri ci potrebbe essere qualcosa di più terribile: la tortura attraverso strumenti elettronici. Nel Dossier sul controllo mentale e sulla tortura tecnologica in Italia[6] fatto Associazionevittimearmielettroniche-mentali (ora ACOFOINMENEF) si denuncia che tutte le carceri sono interconnesse via satellitare al Ministero di Giustizia, e che (fatto anticostituzionale) non si conoscano quali armi elettroniche siano a disposizione delle “sale regia” in ogni singolo carcere. Da sottolineare il fatto che Diliberto, ex ministro “comunista” della giustizia ha istituito i GOM, gruppi speciali molto violenti specializzati nella repressione e dotati di strumenti particolarmente tecnologici, l’UGAP, con i quali da allora le carceri vengono controllate direttamente dalle Procure. Inoltre, bisogna ricordare il ruolo della polizia penitenziaria nella macelleria che fu denominata “cilena” (impropriamente dal mio punto di visto, perché si tende a dimenticare le torture contro i sospettati di appartenenza alle organizzazioni della lotta armata negli anni ’70 3 ’80).
[1] Vincenzo Scarantino ha ‘collezionato’ condanne per complessivi 35 anni, 10 mesi e 20 giorni, 18 anni dei quali – comminatigli per la strage di via D’Amelio – scontati per intero. Sembra davvero troppo per quel picciotto del quartiere Guadagna di Palermo che quando aveva appena 27 anni, si autodefiniva “sveglio”, di uno che non risulta abbia avuto rapporti organici con Cosa Nostra.
Spatuzza, il ben noto pentito, ha riferito ai magistrati che “Scarantino fu picchiato in carcere a Pianosa, me l’ha detto Nicola Di Trapani”, con ciò confermando, de relato, l’usanza in voga alla diramazione ‘Agrippa’ raccontata dallo stesso Scarantino, ma anche dal pentito Marco Favarolo e dal palermitano Rosario Indelicato, che da innocente rimase 5 anni al 41bis di Pianosa e poi riuscì a far condannare i secondini. (http://www.primainformazione.net/mafia-scarantino-il-collaboratore-costretto-anche-a-non-ritrattare-il-falso/)
Pianosa aperta nel 1858 dal Granducato di Toscana, fu solo nei primi anni del Regno unificato d’Italia che la colonia penale agricola della Pianosa assunse la struttura attuale. La casa penale della Pianosa si è guadagnata la fama di carcere per detenuti politici. Nelle sue famigerate celle sono passati l’anarchico Giovanni Passannante, che nel 1878 tentò di accoltellare Umberto I, e durante il fascismo il socialista Sandro Pertini. Ma fu nel maggio 1977 che, insieme alla sezione “Fornelli” dell’Asinara, la diramazione “Agrippa” della Pianosa conquistò un posto centrale nel circuito delle carceri di “massima sicurezza”, ideato dal generale dei carabinieri Carlo Albero Dalla Chiesa. Nel giro di due giorni, grazie anche all’utilizzo di grandi elicotteri bimotori da trasporto truppe Chinook, i reparti dell’Arma trasferirono 600 prigionieri. Un decreto interministeriale, oltre ad attribuire poteri eccezionali a Dalla Chiesa, sospendeva le norme vigenti in materia di appalti e concessioni edilizie (qualcosa di simile è stato chiesto dall’attuale capo del DAP, Franco Ionta). Furono edificate sezioni di massima sicurezza, oltre alle già citate sezioni Fornelli e Agrippa, anche sull’isola di Favignana e nelle carceri di Cuneo, Fossombrone, Trani, Novara, Termini Imerese, Nuoro, Palmi, Messina. Un enorme giro di miliardi da cui scaturirono anni dopo inchieste giudiziarie sulle famose “carceri d’oro”. In un documento fatto pervenire all’esterno, i primi prigionieri politici rinchiusi a Pianosa descrivevano così il luogo: «si tratta di un’isola-carcere, nel senso che la totalità del suo territorio – circa 12 km quadrati – è adibito a istituto di pena. L’isola consta di 4 diramazioni indipendenti. 4 carceri nel carcere. La più grande di esse, chiamata “Agrippa”, dopo aver subito una completa ristrutturazione è divenuta un vero monumento al sadismo repressivo dello Stato borghese». Pianta a forma di quadrilatero, doppio muro di cinta sormontato da filo spinato e un numero sproporzionato di fari. All’interno, celle molto piccole con arredo cementato al pavimento e alle pareti, «mura dipinte con colori speciali che provocano menomazioni visive e disturbi psichici; aria ridotta a mezz’ora la mattina e mezz’ora il pomeriggio, in piccoli cortili. Non più di sei per volta». All’arrivo – scrivono sempre i detenuti – si viene «sottoposti a un brutale pestaggio, dimostrazione del potere assoluto della direzione carceraria». Testimonianze del genere si moltiplicarono negli anni successivi. Il 31 marzo 1981, all’interno della sezione Agrippa avvenne uno delle più brutali violenze della storia carceraria. In una dichiarazione resa pubblica dai familiari, tenuti lontani dall’isola per 15 giorni, si informava che 70 detenuti della sezione speciale erano stati rinchiusi in isolamento dopo essere stati denudati e bastonati e i loro effetti personali distrutti. Ancora nel 1992, quando sull’onda della nuova emergenza antimafia il braccio di massima sicurezza accolse detenuti accusati di appartenere alla criminalità organizzata, i racconti non si discostavano da quanto accaduto negli anni precedenti. «Un litro d’acqua da bere al giorno, 200 grammi di vitto con dentro cicche di sigarette e pezzettini di vetro. La domenica è il giorno più sicuro per consumare la cena, all’apparenza si presenta senza scorie, diversamente dal pranzo dove si trova sia nella pasta che nel secondo un po’ di tutto, tra sputi, cicche, carta, plastica, vetro, preservativi e spaghi» (cf. Il Carcere speciale ,Ed. Sensibili alle foglie, 2006). Nel 1993 un rapporto di Amnesty International raccolse le testimonianze denunciando le brutalità subite dai reclusi della sezione Agrippa. (http://baruda.net/2009/11/07/si-discute-la-riapertura-dellisola-carcere-di-pianosa/ )
[2] http://incarcerato.blogspot.it/2014/02/servizi-segreti-magistratura-ed.html
[3] https://www.youtube.com/watch?v=RsQadYVJBIs In questo video Maurizio Torrealta un giornalista d’inchiesta, che ha lavorato per Rai New, in un assemblea politica in occasione delle politiche del 2013 (si era presentato candidato per la lista di Ingroia), fa delle affermazioni interessanti e tremende nello stesso tempo, egli afferma che nelle carceri italiane dal 2000 fino al 2013 ci sono stati mille morti, che la maggior parte di queste morti è inspiegabile, ma l’affermazione più inquietate sta nell’affermazione che le carceri sono nelle mani da un entità che non è quella ufficiale (sotto le righe afferma che le carceri sono gestite dai servizi segreti che le gestiscono assieme a Cosa Nostra è ovvio che ufficialmente nessuna istituzione affermerà una storia del genere).
[4] http://incarcerato.blogspot.it/2014/02/servizi-segreti-magistratura-ed.html
[5] http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/cossiga-perche-007-telefona-magistrato-dario-geloso-7861.htm
[6] http://www.associazionevittimearmielettroniche-mentali.org/sembra%20fantascienza3-ultimo.htm