COSA C’È DIETRO ALLA CAMPAGNA CONTRO LA CORRUZIONE?

 

   Gli ultimi scandali (come quelli inerenti alla Lega e all’ex tesoriere della Margherita), stanno rimettendo in capo una campagna alimentata dai mass media che ha come obiettivo la “moralizzazione” dell’attuale sistema politico. Alla denuncia di singoli episodi di corruzione si associano quelli relativi agli alti costi della politica, allo sperpero di denaro pubblico per garantire privilegi a parlamentari e ad altre figure istituzionali. Questa campagna cerca di far ricadere sulla spalle della classe politica le difficoltà economiche del paese.

Una classe politica che indubbiamente ha raggiunto gradi di perversione quando legifera in maniera bacchettona e austera,  ma poi vive una vita privata seguendo altri canoni: dalla convivenza di fatto di cattolicissimi personaggi come Casini all’uso generalizzato della droga.

Tra i proletari e le masse popolari sta crescendo una rabbia verso il ceto politico.

Nascono iniziative e proposte politiche come quelle di Grillo, che prospettano l’azione di una cosiddetta  società civile, ripulita dalla lotta di classe considerata come uno strumento “antiquato”, attraverso la figura astrattizzata del cittadino comune, cerca di coinvolgere tutti quei soggetti ed organismi che non sono direttamente espressione della politica istituzionale.

Deve far riflettere che ha farsi promotori di questa campagna contro la corruzione e i costi della politica siano i principali mass media espressione dei grandi gruppi editoriali, dove nei loro consigli di amministrazione siede il fior fiore della finanza italiana. Né deve sfuggire la partecipazione a questa campagna del Partito Radicale espressione del liberismo più estremista.

Gli obiettivi reali di questa campagna sono molteplici e sono giocati su diversi piani. Innanzitutto vi è il tentativo di creare un consenso di massa verso una svolta istituzionale che produca una centralizzazione dei processi decisionali e legislativi, tali da rendere definitivamente il parlamento un luogo di pura rappresentazione della politica. In subordine si punta comunque ridimensionamento ulteriore delle possibilità del parlamento e dei singoli parlamentari di avere margini di autonomia.

Parallelamente si cerca di orientare il crescente e diffuso malcontento delle masse popolari, conseguente al prevalere quasi incontrastato nelle metropoli imperialiste alle esigenze del grande capitale, verso un obiettivo secondario, sviando tale rabbia dai principali responsabili di tale situazione. Si punta a rafforzare una tendenza interclassista che veda assieme i “produttori” (padroni e operai che condividono assieme la stessa situazione), i “cittadini” (cittadino può essere sia l’operaio Fiat che Marchionne), contro gli approfittatori parlamentari. Il malcontento per la crescente precarietà, per il costo insostenibile dei servizi sociali, per l’aumento delle tasse sul salario o per il ridimensionamento della previdenza pubblica,  viene riversato nei parlamentari e nella partiti in genericamente intesi; non solo perché legiferano il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro ma soprattutto perché con il loro sperpero di denaro pubblico, con i loro ingiustificati privilegi, sottraggono risorse che in linea teorica si sarebbero potuto utilizzarle per una politica economica equa.

Si cerca di riportare i lavoratori alla dimensione di generici cittadini, le cui condizioni dipendono non dalle divisioni di classe e dalla logica del profitto che permea tutte le relazioni sociali, ma dall’appropriazione indebita di una ricchezza comune da cui deriverebbero le sperequazioni. È la logica del “siamo tutti sulla stessa barca” e quindi della ipotetica torta rappresentata dalla ricchezza prodotta  da ripartire tra i vari soggetti, poi se qualcuno si appropria di una parte eccessiva (e  questo qualcuno non sarebbero i padroni) rimane poco da distribuire. Si da per scontato che il modo che viene prodotta la ricchezza e come viene distribuita avvengono secondo le leggi del mercato.

 

Il capitalismo in decomposizione:  dalla democrazia borghese in decadenza alla dittatura tecnocratica

 

   Questo processo di svuotamento degli organi parlamentari deve essere visto dentro il quadro della decomposizione del Modo Produzione Capitalista.

Il decadimento alla democrazia borghese è evidente in ogni sfera politica. La corruzione ha pervaso ogni settore, i partiti e i leader si contendono i contributi finanziari dei capitalisti; le posizioni all’interno dei poteri legislativo ed esecutivo hanno tutti un prezzo; ogni parte della legislazione è influenzata da potenti lobbies che spendono milioni (di dollari o di euro a secondo del paese e del valore della moneta in corso) per la scrittura di leggi a loro profitto e per individuare le manovre più opportune alla loro approvazione.

Il voto dei cittadini non conta nulla: le promesse elettorali dei politici non hanno relazione alcuna con il comportamento quando sono in carica. Bugie e inganni sono considerati normali nell’attività politica.

La democrazia borghese in decomposizione si trasforma in una democrazia oligarchica come un governo autoimposto da funzionari dell’esecutivo; vengono scavalcate tutte le norme vigenti e si ignora gli interessi della maggioranza della popolazione. Una giunta esecutiva di funzionari eletti e non eletti risolve questioni come quelle della guerra e della pace, alloca miliardi di dollari o di euro presso una oligarchia finanziaria e riduce il tenore di vita di milioni di cittadini tramite pacchetti  di austerità.

Si crea un mastodontico apparato statale di polizia, con poteri illimitati che impone vincoli all’opposizione politica e sociale. Quello che rimane delle libertà democratiche, sono costantemente ridotte attraverso limitazioni burocratiche imposte, al tempo e al luogo dell’azione politica. Lo scopo è quello di limitare l’azione della minoranza critica, che potrebbe diventare un centro di mobilitazione popolare del malcontento.

Questo governo del capitale finanziario è mascherato da un’ideologia che descrive questo come un governo  condotto da tecnocrati esperti, apolitici e scevri da interessi privati. Dietro la retorica tecnocratica, si nasconde la realtà che molti dei cosiddetti tecnici che compongono il governo di Grecia e Italia  hanno una carriera di operatori per e  con i grandi interessi finanziari privati italiani e internazionali.

 

Trasparency international: ovvero come con la scusa della lotta alla corruzione si destabilizzano gli stati

   Come si diceva sopra, da parte della Borghesia Imperialista  si cerca di far deviare il malcontento e la rabbia delle masse popolari contro i “politici corrotti”. Gli stessi politici che fino all’altro ieri hanno eseguito politiche di lacrime e sangue agli ordini della frazione dominante della Borghesia Imperialista, ma successivamente sono diventanti un ostacolo nella nuova fase di austerità, che prevede l’eliminazione di ogni rete sociale e rimodulare le istituzioni a tale scopo.

In Europa, testa di ariete di queste politiche è la Trasparency International (TI), che ha agito su du due livelli:

1)    Con il fanatismo giustizialista dei vari “eroi” di Mani Pulite (come Davigo e  Colombo).

2)    Con la promozione di movimenti di massa , come la Lega Nord.

La TI ufficialmente nasce a Berlino nel 1993. Quest’organismo ha avuto come gestazioni gli incontri interreligiosi promossi a partire dal 1984 dal principe Filippo duca di Edimburgo nonché consorte della regina d’Inghilterra   Elisabetta.[1] Filippo tra l’altro appartiene alla Massoneria ed è membro della Navy Lodge N° 2614, una loggia massonica con sede a Londra che recluta i propri adepti tra gli ufficiali della Royal Navy.[2]

Da questi incontri nasce un “codice inter-religioso di etica per International Business”. Indicativamente, questo “codice” è molto deciso contro gli abusi da parte degli imprenditori. Quando viene stilato questo “codice” è il 1984, Reagan aveva appena lanciato la politica del Scudo Spaziale e molte nazioni europee tra cui l’Italia cominciavano a muoversi con iniziative che ufficialmente miravano allo sviluppo organico del continente africano, nella realtà era l’espansione di questi imperialismi (a partire da quello italiano) nel continente africano in concorrenza con quello americano e britannico. Quando nel periodo 1989 /1991 crolla il blocco “socialista”, si accentuano le contraddizioni interimperialiste che erano assopite nel periodo della cosiddetta “guerra fredda”, e si apre ufficialmente l’operazione “Mani Pulite Internazionale”, per iniziativa del responsabile della Banca Mondiale per il Kenia, Peter Eigen. La Banca Mondiale pubblica nel 1989 uno studio per il lancio della nuova “arma anticorruzione”: L’Africa sub-Sahariana, dalla crisi alla crescita sostenibile. Lo slogan della pubblicazione e: sostenere il buon governo. In realtà, dietro parole come “buon governo” e “crescita sostenibile” si nasconde l’intenzione di impedire ogni sviluppo reale e distruggere le forze che oppongono resistenza.

E lo stesso Eigen che, in un saggio, pubblicato nel 1996,[3] racconta: “Nella primavera de 1990, rappresentanti della Banca Mondiale residenti in Africa si riunirono nello Swaziland per discutere un richiesta urgente articolata dai leader africani e intitolata ‘sostenere il buon governo’. Quale rappresentante della Banca Mondiale in Kenia, accettai di parlare della corruzione come potente nemico del buon governo. Ne descrissi le dimensioni enormi e gli effetti paralizzanti…proposi quindi un piano d’azione che si era sviluppato in lunghe discussioni con molti colleghi e amici a Nairobi. Chiaramente, la maggior parte della gente è contro la corruzzione; perchè, quindi,  non canalizzare questa opposizione nella costruzione di un’efficacia coalizione che promuove la trasparenza? I tempi erano maturi”.

Prosegue Eigen: “La reazione iniziale dei partecipanti alle riunioni (della Banca Mondiale) fu entusiasta. Si convenne che la Banca Mondiale avrebbe dovuto sviluppare un’iniziativa anti-corruzione per se stessa e suoi partner…Io accettai di guidare l’iniziativa.

Così nel 1990 la Banca Mondiale aveva creato TI. Ma ben presto scoprì che il potere sovrano dei governi costituiva ancora un ostacolo: “Subito dopo la riunione, però, emersero dei dubbi sulla idoneità della Banca Mondiale. Non si sarebbe trattato di una violazione dell’astinenza prescritta dello statuto della banca, col rischio di provocare un vespaio politico? Benché ci fosse molto incoraggiamento all’interno dell’istituzione, mancò il consenso necessario. Pur tuttavia, alcuni di noi rimasero convinti della necessità di agire. Bisognava fare qualcosa: alla fine della guerra fredda, i tempi erano maturi (…) assieme ad alcuni colleghi, decisi di procedere indipendentemente con l’iniziativa”.

Naturalmente la parla “indipendentemente” , nel contesto di una priorità stabilità dal capitale finanziario, ha un significato relativo. Eigen spiega bene il gioco: “Questo approccio[4] aveva il vantaggio ulteriore di evitare le sembianze di condizionamenti che ci sarebbero state se la Banca Mondiale avesse svolto un ruolo in prima persona. Volevamo un movimento spinto dalla domanda di trasparenza che proveniva da un numero di nazioni nel Sud e nell’Est del mondo che si trovavano in una transizione economica, sociale e spesso politica”.

Il periodo di incubazione di TI corrisponde anche al dispiegamento in Europa Orientale del pirata finanziaria George Soros.[5] Alla fine, queste istituzioni finanziarie ottennero ciò che cercavano: il diritto di intervenire direttamente negli affari interni dei paesi bersagliati.

Nella logica della TI, per sradicare la “corruzione” è necessario sradicare la sovranità nazionale del paese prescelto, sostituendo il governo legittimo con un potere esterno, “indipendente”. All’insegna della “prevenzione” , TI indica che le leggi devono essere cambiate e i rappresentanti eletti devono essere posti sotto il controllo di enti stranieri, come la TI stessa.

La strategia della TI consiste nella destabilizzazione perfetta. Nessuna violenza, almeno fino all’ultimo momento, quando la vittima prescelta è stata indebolita, screditata con gli scandali e alienata dal sostegno della popolazione a sua volta colpita dalla miseria economica imposta dai moralizzatori (FMI e Banca Mondiale). La pressione verrà dalla stessa popolazione una volta che la penetrazione abbia fatto uso degli agenti in loco.

In Italia TI è stata fondata il 20 gennaio 1997, presso la Camera di Commercio di Milano. Apparentemente, quindi, essa segue, e non precede Mani Pulite. In realtà tutti i pezzi del mosaico finiscono al posto giusto.  Non a caso, le star del congresso di fondazione erano Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo. Presidente di TI Italia diventa Maria Teresa Brasiolo, della Lega Nord. Presidente onorario è Piero Bassetti, membro della Commissione Trilaterale e precursore della decentralizzazione negli anni ’70.[6] Altri rappresentanti di TI Italia sono Ernesto Savona, docente a Trento e iniziatore di Trans – crime, un’organizzazione che considera i governi nazionali un ostacolo alla lotta internazionale alla criminalità e il professor Giovanni Terzuolo, un giudice di pace e titolare della cattedra di  Diritto e Etica all’Università di Milano.

La presenza dei Magistrati di Mani Pulite rende evidente che la campagna “anticorruzione” che ha caratterizzato la vita politica italiana all’inizio degli anni ’90 ed è stata una delle basi ideologiche fondanti dell’antiberlusconismo, perseguiva progetti ben precisi.

Pellegrino l’ex presidente della Commissione stragi[7] un libro intervista[8] parla di questo progetto:

D. Lei visse quella stagione da protagonista, alla presidenza della Giunta per le autorizzazione a procedere del Senato. Sulla sua scrivania passarono molti dei processi a esponenti della prima Repubblica. Che idea si è fatta di Mani Pulite? Fu la “ghigliottina italiana”, un golpe giudiziario o una provvidenziale opera di bonifica della politica italiana?

R. Voglio ripeterlo ancora una volta, a costo di apparire noioso: il sistema politico italiano, che era stato modellato dalla guerra fredda, non poteva sopravvivere alla fine del comunismo, andava purificato attraverso un bagno di verità e quindi profondamente rinnovato per passare a una fase nuova. Questa esigenza non venne avvertita e il compito, che doveva essere politica, se lo assunse la magistratura, che perseguì con determinazione un preciso disegno strategico.

D. Vuol dire che i magistrati andarono oltre i loro compiti?

R. Voglio dire proprio questo, che perseguirono con lucidità e determinazione un loro obiettivo: colpire la politica. Non dimenticherò mai un libro che uscì all’inizio degli anni Novanta, e che io lessi in francese, parlava della giustizia o il caos ed era il condensato della nuova ideologia che si stava diffondendo nella magistratura di diversi Paesi dopo il crollo del Muro. In quel libro c’erano una serie di interventi di giudici tedeschi, francesi, portoghesi e italiani (tra cui Gherardo Colombo, uno del pool milanese, e Brutti-Liberati), che teorizzavano la necessità di un nuovo mondo in cui la politica sarebbe divenuta una categoria evanescente.

D. Perché? Teorizzavano un mondo senza politica?

R. Più o meno.

D. Ma i nomi che lei ha fatto sono di illustri magistrati; non di pazzi visionari.

R. La loro idea era che, caduti i muri, un mondo in cui i mercati si stavano globalizzando avrebbe per virtù propria distribuito meglio la ricchezza. Pensavano che si sarebbe attivata una sana concorrenza e che, quindi, il mercato non avrebbe più avuto bisogno della politica, vissuta soltanto come un elemento di perturbazione. Nella loro visione, sarebbe stato sufficiente un governo tecnocratico, che avrebbe arbitrato i giochi evitando che i politici si intromettessero. Una volta che tutto si fosse stabilizzato, che la partita si fosse giocata secondo le regole del mercato, che bisogno ci sarebbe stato della politica? Ci misi un po’ di tempo, ma alla fine mi resi conto che la filosofia di Mani Pulite era proprio quella  illustrata nel libro su giustizia o caos.

D. Da che cosa lo capi?

R. La visione che all’inizio avevo di Mani Pulite era quella filtrata dalla stampa, quella mitica di un pugno di eroi magistrati impegnati a far pulizia. Nel settembre del 1992, invece, analizzando attentamente il modo in cui era stata costruita dalla procura di Milano la prima richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Severino Cittaristi, l’amministratore della DC, mi resi conto che Mani Pulite era una cosa diversa da quella che appariva dalla lettura dei giornali. Capii, infatti, che i magistrati non volevano colpire la corruzione amministrativa, per come noi avvocati l’avevamo studiata sui libri di scuola, in realtà volevano colpire elusivamente il finanziamento della politica, cioè il passaggio di denaro dalle imprese ai partiti attraverso una serie di nozioni nuove, in gran parte di derivazione sociologica (tipo “concussione ambientale”[9] “.

I magistrati si sentivano la punta di una piramide che comprendeva altri poteri, come le banche centrali e la grande finanza internazionale.

 

 

 

Quali prospettive della crisi del sistema politico?

   Bisogna mettere al bando visioni idilliache che vuole fare credere che nell’Europa dopo la seconda guerra mondiale, si era affermata nel capitalismo maturo una “lotta di classe democratica”!. In sostanza che si stata una civilizzazione del conflitto fra borghesia e proletari, che il conflitto di classe in questo periodo avesse perso le forme drammatiche e violente della rivoluzione, per assumere forme pacifiche e regolate dalla legge del confronto elettorale.

Questa visione si scontra con la realtà storica basti pensare al colpo di Stato gollista in Francia nel 1958 e alla strategia della tensione in Italia. Ogni qualvolta il proletariato dava l’impressione di potere o volere contare, la democrazia veniva sospesa con grande disinvoltura, e non da forze estranee al sistema istituzionale, bensì all’interno di esso a partire dai capi di Stato. Fu il re d’Italia a permettere a Mussolini di prendere il potere, l’ascesa di Hitler in Germania non sarebbe stata possibile se la Germania non si fosse trovata da quasi tre anni in regime di “dittatura del presidente” della repubblica, von Hindenburg.

Né in Italia né in Germania, in seguito alla vittoria del fascismo e del nazismo, le rispettive Costituzioni vennero abolite, se non solamente dopo un certo periodo di tempo, continuando a rimanere formalmente in vigore, in una situazione che le contraddiceva radicalmente.  E quale fu la giustificazione dello stato di eccezione che portò alla sospensione della Costituzione? Fu la presunta esistenza di una situazione di emergenza, di pericolo nazionale.

Carl Schmidt, già presidente dei giuristi nazisti, dichiarava che in una situazione di emergenza doveva intervenire un commissario, e per questo chiamava questa situazione dittatura commissaria, distinguendola dalla dittatura sovrana.[10] La differenza sta nel fatto che la prima difenderebbe (in linea teorica) la Costituzione e la seconda la abolirebbe.

In realtà la dittatura commissaria non è certamente prevista da nessuna legge.

È vero che De Gaulle nel 1961 fece ricorso all’articolo 16 della Costituzione che stabiliva che il presidente potesse prendere misure d’emergenza necessarie, e i governi di Weimar fecero riferimento all’articolo 48, proclamando lo stato d’eccezione ed emanando decreti d’urgenza in 250 occasioni, “la dichiarazione dello stato d’eccezione viene sostituita da una generalizzazione senza precedenti del paradiga della sicurezza come tecnica normale di governo”.[11]

Come si diceva sopra, questa tendenza dello svuotamento delle assemblee legislative a scapito degli esecutivi, è operante in tutti i paesi capitalisti negli ultimi decenni.

In tutto questo c’è da tenere conto che lo stato d’eccezione, che tra origine dallo stato d’assedio in tempo di guerra, attualmente fa coincidere emergenza politico-militare con la crisi economica, stabilendo così un’implicita assimilazione tra economia e guerra. Lo stesso New Deal fu realizzato attraverso la delega di poteri straordinari a Roosevelt, che,  nell’assumere il suo incarico nella lotta contro la crisi economica, fece largo uso di un linguaggio da emergenza bellica.

Nella nomina di Monti a Presidente del consiglio ci sono delle analogie con i casi sopracitati. In primo luogo, la nomina di Monti sospende il normale funzionamento della democrazia borghese formale, Monti non è stato eletto da nessuno, è stato nominato dal Presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Viene dal mondo della tecnocrazia e la sua nomina a senatore a vita è una foglia di fico che serve a nascondere la sua nomina irregolare. Sarebbe più esatto definire il governo Monti, non come governo tecnico, ma governo del Presidente. Napolitano sin dall’inizio del 2011, ha progressivamente accentuato il suo protagonismo. Mentre la figura di Presidente del consiglio diventava sempre più evanescente, quello di Presidente della repubblica assumeva contorni sempre più delineati. E stato Napolitano ha determinare la partecipazione italiana alla guerra NATO contro la Libia, a dispetto del trattato Italia – Libia e della riluttanza di Berlusconi. Ha assunto un ruolo sempre più esecutivo. In sostanza Napolitano ha condotto una politica che ha eseguito il passaggio da un governo parlamentare (che è la forma stabilita dalla Costituzione) a una forma semipresidenziale (o per molti aspetti presidenziale). Napolitano ha agito al di fuori della forma e della sostanza della Costituzione. Il titolo II della Costituzione ed in particolare gli articoli 87 e 88, che regolano le funzioni del Presidente della repubblica, non prevedono nulla di ciò che è stato fatto. Il Presidente della repubblica ha la facoltà di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. Ha un ruolo di controllo e garanzia della Costituzione, non esecutivo.

Il governo Monti è un governo di classe in forma pura, richiesto a gran voce dai centri del grande capitale italiano, molto prima che dall’Europa, che necessitavano di un esecutivo che annullasse le varie mediazioni di classe viste come un impaccio e un costo.

In questa situazione politica, sociale e economica bisogna mettere al bando ogni illusione semplicistica.

Davanti a una campagna contro la corruzione e i costi della politica, e soprattutto contro i privilegi dei parlamentari, non possiamo ergerci come comunisti a loro difensori, perché così si lavorerebbe per il re di Prussia.  Il Parlamento e i suoi componenti meritano interamente il disprezzo di cui sono fatti oggetto, non solo per i privilegi di cui godono ma soprattutto, in virtù anche di tali privilegi, per la loro totale sottomissione agli imperativi del capitale. Una loro difesa non sposterebbe una virgola di questa sostanza, ma potrebbe far sorgere delle illusioni in alcuni settori sociali che una corretta dialettica parlamentare possa rappresentare il metodo migliore per rappresentare le istanze dei lavoratori.

Nella situazione attuale oltre che favorire i processi di autorganizzazione della classe a partire dalle fabbriche e nei territori , bisogna provare a trasformare l’opposizione contro un singolo aspetto del dominio del capitale in antagonismo cosciente contro il sistema capitalistico nel suo complesso.

 

 

 

 

 

 

 


[3] Combattere la corruzzione nel mondo.

 

[4] Cioè quello “indipendente”.

 

[5] Una delle sue fondazioni, Drug Policy, sostiene nel mondo la legalizzazione delle droghe e la Open Society, che si occupa di diffondere il capitalismo in salsa liberista nell’Est. Questo la dice lunga su molte campagne liberalizzatrici.

 

[6] Fu il primo presidente della Regione Lombardia.

 

[7] La definizione esatta sarebbe la Commissione per la legimitazione politica e morale delle stragi condotte in Italia nel nome dell’anticomunismo.

 

[8] Giovanni Fasanella-Giovanni Pellegrino, la guerra civile Da Salò a Berlusconi. Perché in Italia la guerra fredda non si è ancora conclusa? I protagonisti e le storie di uno scontro che dura da più di sessant’anni, BUR.

 

[9] La concussione ambientale è quel fenomeno per il quale una persona sia convinta che determinati comportamenti, quali, la prestazione dell’indebito, siano dovuti da ormai una consolidata prassi popolare utilizzata da tutti e per questo anche se non lecita, “normale”; chiaro che, perché si configuri il reato c’è sempre bisogno che il privato venga indotto da un comportamento del pubblico agente. In sostanza si colpevolizza politici e funzionari pubblici, gli imprenditori diventano così delle “vittime”.

 

[10] C. Schmidt, La dittatura, Edizioni settimo sigillo..

 

[11] G. Agamben, Stato d’eccezione, Bollati Boringhieri, Torino, 2010.

~ di marcos61 su aprile 23, 2012.

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